San Sepolcro, cent’anni dopo: il fascismo non è mai morto
E qualcuno è particolarmente impegnato a farlo tornare. Dalle origini demagogiche del 1919 al concerto di CasaPound a Milano, il centenario è un’occasione per ricordare l’attualità dell’antifascismo. Milano, 23 marzo […]
E qualcuno è particolarmente impegnato a farlo tornare. Dalle origini demagogiche del 1919 al concerto di CasaPound a Milano, il centenario è un’occasione per ricordare l’attualità dell’antifascismo.
Milano, 23 marzo 1919. Al termine di un’adunata convocata da Benito Mussolini in piazza San Sepolcro all’interno della Sala degli Industriali, vengono fondati i “Fasci di Combattimento.” Soltanto il Popolo d’Italia, giornale del futuro Duce, ne dà notizia in modo ampio nell’edizione del giorno successivo. Tutti gli altri quotidiani, ad eccezione di qualche trafiletto, non coprono la notizia. Il Corriere della Sera dedica al fatto non più di dieci righe. L’impatto dell’evento sull’opinione pubblica dell’epoca fu pressoché inesistente.
Perché la parola “combattimento”? Il proposito di Mussolini era incanalare nelle file del suo movimento molti ex-soldati, che, di ritorno dal fronte dopo il termine della Prima Guerra Mondiale, faticavano a inserirsi nella nuova vita pubblica dell’Italia “pacificata”, con lo scopo di creare attorno a sé una nuova base di consenso dopo la sua uscita dal Partito Socialista. Riuscì in questo intento? Soltanto in piccola parte da un punto di vista numerico, perché la netta maggioranza degli ex-combattenti aderì all’Associazione Nazionale Combattenti, fondata nel novembre 1918, caratterizzata da idee democratiche-radicali, che sosterrà i contadini nelle occupazioni delle terre nell’Italia Meridionale. L’unica eccezioni rilevante era rappresentata dagli Arditi, con i quali Mussolini riuscì nel corso degli anni a intessere un rapporto di reciproca stima e fiducia.
Quante persone c’erano in piazza San Sepolcro? Gli storici hanno dibattuto a lungo su questo quesito e, a seconda delle varie stime, oggi si va da un minimo di 100 a un massimo di 300 presenze. Ex-Arditi di guerra, sindacalisti rivoluzionari soreliani e anarchici, interventisti democratici, futuristi. In ogni caso, un numero infinitamente basso se raffrontato alle centinaia di migliaia di persone delle grandi manifestazioni operaie, degli scioperi, delle occupazioni delle terre che stavano avvenendo in tutta Italia. L’opinione pubblica era ragionevolmente indirizzata su ben altri temi e problemi, rispetto alla fondazione di un nuovo movimento “combattentistico” a Milano.
Che tipo di fascismo era quello nato in piazza San Sepolcro? Il programma della nuova organizzazione, ad eccezione di qualche abbozzo comparso sul Popolo d’Italia, nei primi mesi non fu definito in modo chiaro. Un manifesto completo sarebbe uscito soltanto in giugno. Tale “attesismo” era indice dello scarso interesse e delle poche aspettative che i “padri fondatori” nutrivano verso il movimento appena sorto. Mussolini era decisamente più concentrato sulla propria attività giornalistica e nel tentativo di tessere alleanze politiche, che nello sviluppo autonomo dei “Fasci di Combattimento”. Nel manifesto di giugno erano contenute molte rivendicazioni progressiste, tra cui il voto alle donne, le otto ore lavorative e forti imposte progressive sui grandi capitali, parte di un più ampio programma demagogico, destinato a rimanere quasi totalmente lettera morta. Il fascismo di San Sepolcro non riuscì ad avere molti consensi e rimase circoscritto alla città di Milano e a pochi altri centri urbani di medio-grandi dimensioni. Fu soltanto con l’esplosione della reazione agraria nella Pianura Padana, a partire dall’autunno del 1920, che il movimento fascista avrebbe assunto un carattere di massa e attuato uno spostamento netto e inequivocabile verso posizioni reazionarie e conservatrici.
Perché proprio il 23 marzo 1919? Altre due date, legate ad altrettanti eventi milanesi e con tangibili ripercussioni sull’opinione pubblica, potrebbero essere identificate ugualmente con la “fondazione” del fascismo: l’11 gennaio e il 15 aprile. Nella prima si era svolta un’energica contestazione al Teatro alla Scala al ministro dimissionario Bissolati, che provocò disordini e l’interruzione del suo discorso, teso a giustificare la “rinuncia” dell’Italia alla Dalmazia: erano presenti Marinetti e i futuristi, gli Arditi e Mussolini, che dopo questo evento saldarono notevolmente i propri legami. Nella seconda avvenne il primo vero atto squadrista del movimento fascista: l’assalto e l’incendio da parte di un gruppo di Arditi e futuristi alla sede del quotidiano del Partito Socialista “L’Avanti”, precursore di tanti fatti simili in tutta Italia. Ma Mussolini, in questi due rilevanti episodi, non aveva avuto che un ruolo marginale. Nel primo era stato Marinetti ad avere il ruolo di protagonista assoluto, mentre nel secondo furono gli Arditi di Mario Carli e Ferruccio Vecchi a farla da padrone.
L’importanza della data del 23 marzo è stata dunque sostanzialmente “postfornita” dal regime fascista, che aveva bisogno di creare una “mitologia delle origini” che fosse opera e creazione esclusiva del suo Duce.
Cent’anni dopo
Il fascismo non è morto nella primavera del 1945. È risorto “ufficialmente” con il Movimento Sociale Italiano durante la Prima repubblica, dandosi poi forme, declinazioni, pratiche e nomi differenti. Molti studiosi si sono chiesti se abbia senso usare ancora il termine “fascismo” o se forse sarebbe meglio parlare di “neo-fascismo” o “post-fascismo” o qualcosa di ancora differente. Al di là delle speculazioni teoriche, il dato di fatto è che oggi ci sono precisi gruppi politici che si richiamano esplicitamente all’adunata di cento anni fa, tanto da organizzare manifestazioni e concerti di commemorazione.
A Milano è stato annunciato da qualche mese per il 23 marzo un concerto degli ZetaZeroAlfa per festeggiare i 20 anni del gruppo. Sul sito della band è possibile acquistare i biglietti al prezzo di 20 euro ed è specificato che il concerto inizierà alle 19.19, esplicito riferimento al 1919, anno di fondazione dei “Fasci di Combattimento”. Gli ZetaZeroAlfa sono un’emanazione di Casapound, tanto che Gianluca Iannone, leader del movimento politico, è anche uno dei fondatori della formazione musicale. Simone di Stefano, candidato premier per la formazione di estrema destra alle ultime elezioni, ha curato per anni le grafiche del gruppo e nel merchandising sono presenti magliette con espliciti richiami al Ventennio come “Love fascism” e “Italian fascism”, indossate con orgoglio dai fan. Alcuni testi come “Cinghiamattanza” e “Nel dubbio mena” hanno contribuito a creare nuovi motti e pratiche estesi a tutto il movimento neofascista. In particolare, la “cinghiamattanza” è definita in un blog come “danza macabra che si fa tra camerati, espressione plastica di stile, forza e portamento. Cinghiamattanza è onore”. Ci si mena sotto il palco, a petto nudo, con la cintura dei pantaloni in mano, tra un saluto romano e l’altro. ZetaZeroAlfa non è altro che un’etichetta di Casapound, utilizzata per veicolare le idee dell’organizzazione neofascista attraverso la musica e la socialità dei concerti.
Ed è proprio quello che avverrà il 23 marzo a Milano, dove sono attesi oltre mille neofascisti da tutte le parti d’Italia e da diversi stati europei. Gli organizzatori, come già avvenuto più volte in occasione di eventi simili, hanno mantenuto top-secret la location del concerto, comunicandola solo in privato, per svelarla pubblicamente soltanto all’ultimo minuto, con lo scopo di evitare manifestazioni di protesta della cittadinanza ed eventuali provvedimenti di ordine pubblico delle autorità di polizia. Dopo le proteste dell’Anpi, dell’Osservatorio democratico sulle nuove destre e del sindaco Sala la prefettura ha formalmente vietato ogni dimostrazione pubblica nel giorno del centenario della fondazione dei “Fasci di Combattimento”. Gli organizzatori hanno risposto su Il Primato Nazionale che si tratta “solo” di un concerto, lasciando intendere che non ci sono in programma ricorrenze pubbliche. Il divieto prefettizio non è valido in questi casi, poiché il concerto è un evento “privato”, nel quale gli organizzatori “affittano” una struttura che concede l’utilizzo dei propri spazi. Il tutto dovrebbe svolgersi nei capannoni di via Toffetti, già teatro di precedenti raduni di Hammerskin. Poco importa se poi all’interno dell’edificio in questione si faccia sfoggio di ideologie, pratiche e messaggi razzisti, xenofobi e fascisti.
In ogni caso non è da escludere che ci possano essere anche celebrazioni di piazza durante la giornata, vista la presenza in città di un migliaio abbondante di neofascisti. Pare difficile che possano avvenire proprio in piazza San Sepolcro, vista la vicinanza con l’omonimo commissariato di polizia (la vecchia Sala degli Industriali, dove si tenne l’adunata nel 1919) e il concomitante convegno organizzato dal Comune di Milano e dall’Università Statale sulla fondazione dei “Fasci di Combattimento”, all’interno del ciclo di tre incontri “Milano 1919: il tempo dello sbandamento e la nascita del fascismo”, del quale gli altri due appuntamenti sono dedicati alla contestazione di Bissolati alla Scala (11 gennaio) e al primo assalto squadrista alla sede del quotidiano socialista “L’Avanti” (15 aprile). Con molta probabilità ci sarà una dimostrazione in mattinata dell’estrema destra di fronte alla “Cripta degli squadristi,” fatta erigere da Mussolini nel 1925 al Cimitero Monumentale per ricordare i “martiri della Rivoluzione fascista.” Anche in questo caso l’alt delle autorità di polizia non può sortire effetti, poiché si tratterebbe di una “commemorazione con caratteristiche funebri” e non di una manifestazione pubblica.
L’Anpi, insieme ad altre associazioni e gruppi antifascisti, ha convocato un presidio di protesta a partire dalle 9:30 davanti al Monumento ai deportati nei campi di concentramento del medesimo cimitero. Nel concreto dunque il divieto del prefetto sembra valere ben poco, e quindi ci apprestiamo ad assistere liberamente a una parata prima e ad un concerto neofascista poi a Milano, città medaglia d’oro della Resistenza, che tanto sangue ha versato durante la guerra di Liberazione. Non è un caso che sia stata proprio Casapound ad aver “investito” notevoli energie nella giornata del 23 marzo a Milano. Il fascismo “diciannovista” è caratterizzato da un portato ideologico affine all’attività odierna del gruppo di estrema destra. Anticlericalismo, repubblicanesimo di facciata, “avanguardismo” futurista, rivendicazioni sociali sono temi attraversati e rivisitati per cercare di ricoprire con una “nuova” patina il “fascismo del terzo millennio”, rendendolo almeno alla vista lontano dagli stereotipi delle squadracce, del fez e del “santo” manganello. Anche se il fascismo del 1919 ha da subito rivelato il suo carattere violento ed antisocialista, così come membri riconducibili a Casapound si sono resi protagonisti di azioni squadriste ed omicidi negli ultimi anni.
Nemmeno Forza Nuova si è dimenticata della ricorrenza del 23 marzo e ha organizzato un corteo nazionale a Prato. Le rimostranze di Anpi, associazioni e gruppi antifascisti, sindaco e Presidente della regione non hanno sortito effetto alcuno visto che il Comitato per l’Ordine e la Sicurezza della cittadina toscana ha scelto di dare il via libera alla manifestazione nonostante le molteplici intimidazioni dei gruppi neofascisti, culminate nella notte tra il 18 e il 19 marzo con la realizzazione di svastiche, celtiche e scritte inneggianti a Mussolini sulla sede dell’Anpi. Evidentemente ha pesato più la lettera indirizzata al questore da Roberto Fiore, leader nazionale di Forza Nuova, dove ha dichiarato che qualora fosse stata negata l’autorizzazione per il corteo avrebbe trasformato la futura competizione elettorale di Prato in “un test case che porterebbe la mia presenza continua nella vostra città.”
A Milano come a Prato, nel 2019, il neofascismo sembra più vivo che mai.