Tra chi soffre di elettrosensibilità in Italia, con Claudia Gori, e gli altri vincitori del Premio Voglino
I vincitori della quarta edizione del premio Voglino sono Claudia Gori, con miglior portfolio, Ciro Battiloro, premio giovane talento, e Raffaele Petralla, Premio Dummy Photobook.
I vincitori della quarta edizione del premio Voglino sono Claudia Gori, con miglior portfolio, Ciro Battiloro, premio giovane talento, e Raffaele Petralla, Premio Dummy Photobook. La giuria ha assegnato il premio Borsa di Studi alla ventunenne Karymava Hulnaza.
Domenica 28 ottobre sono stati decretati i vincitori della quarta edizione del Premio Voglino, il Premio che accompagna da ormai tre anni il Festival della Fotografia Etica sul versante dei giovani emergenti. Abbiamo avuto modo di parlarne in più occasioni, in quanto media partner, così come abbiamo già commentato l’edizione di quest’anno del Festival — che nonostante le polemiche ha chiuso con numeri da record, e con una qualità complessiva che riteniamo assolutamente in linea con lo spirito e le motivazioni che del Festival stesso.
Il progetto che ha vinto il premio come Miglior Portfolio è stato assegnato a Claudia Gori, con il lavoro Le sentinelle. Elettrosensibilità in Italia, motivato così dalla giuria: “per aver affrontato un tema, quello dell’elettrosensibilità in Italia, ancora poco rappresentato utilizzando un linguaggio visivo contemporaneo in modo del tutto coerente e giustificato; il suo lavoro traduce per visioni sintomatiche quella che viene definita “malattia contemporanea” che, pur in crescita, non è ancora stata approfondita nemmeno dalla letteratura medica: il Premio vuole quindi valorizzare l’attenzione e la cura di questa ricerca fotografica sperando di contribuire con questo riconoscimento a un’indagine più approfondita, sua e non solo sua, del problema.”
L’elettrosensibilità è ancora oggetto di indagine e dibattito. Studi realizzati in doppio-cieco realizzati nel 2005 e nel 2010 hanno portato ad evidenziare una mancanza di relazione tra causa ed effetto, portando dunque a una sua classificazione come disturbo psicosomatico. Oggi non è riconosciuta dall’OMS, che ha suggerito di definirla come “intolleranza ambientale idiopatica.” La non esistenza ufficiale della malattia, però, non toglie il fatto che esistono persone che dichiarano di soffrirne. L’associazione italiana Elettro Sensibili denunciava nel 2015 che in Lombardia almeno trecentomila persone potrebbero essere soggette a elettrosensibilità. Oltre a questo sono nate diverse comunità — la più nota quella di Green Bank — e si è anche arrivati ad una sentenza, in Francia, che ha concesso ad una donna una pensione di disabilità.
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Fatte le dovute premesse, per mancanza di competenze specifiche, chiedo a te, prima di parlare delle fotografie, qual è la tua idea rispetto a questa problematica?
Se non fossi stata sensibile al tema non avrei mai deciso di affrontare questo tipo di progetto. Ho visto persone stare davvero male. Indipendentemente dal riconoscimento ufficiale della malattia ho trovato giusto e opportuno raccontare quella che ad oggi è una realtà tangibile. Riflettere sul tema dell’elettrosmog non è mai stata una necessità così attuale. Se anche in mezzo al deserto o in cima ad una montagna siamo in grado di consultare internet possiamo capire l’entità e il potere dell’etere nel nostro ambiente e nella nostra quotidianità al giorno d’oggi. E se ci sono persone che dicono di “sentire” e soffrire per questo è giusto che queste persone vengano ascoltate, anche solo fermarsi a riflettere sulla tematica. Io personalmente credo che questa patologia sia reale.
Parliamo delle tue fotografie invece. Mettono in mostra la condizione reale a cui queste persone si sottopongono, sono costrette a sottoporsi, a seconda dell’idea che uno ha della problematica. È un lavoro credo prezioso perché di immagini in Italia non ne sono ancora circolate in maniera massiccia. Come hai scelto dunque di affrontare questo progetto a livello visivo?
Il mio focus sono state le persone, fin dall’inizio. Il loro modo di vivere, di proteggersi, di schermarsi, di affrontare una vita in quasi totale isolamento dalla società e dai rapporti umani. È stato naturale per me escludere scatti estremamente reportagistici per calarmi in una dimensione più intimista. E stato importante parlare a lungo con queste persone e ritrarle nell’ambiente in cui vivono, o meglio, in cui si proteggono. Anche il contesto è stato estremamente rilevante, per questo ho deciso di alternare i ritratti a “still life”che potessero aggiungere un livello ulteriore alla storia, per far capire i rimedi fai–da–te che gli elettrosensibili utilizzano per proteggersi da quella che per noi è una quotidianità ordinaria.
Il Premio Voglino ha promosso lavori che hanno avuto poi un buon successo. Che significato per te ha questo riconoscimento?
I premi hanno un valore importantissimo perché permettono al tuo lavoro di circolare ed essere visto da un numero più ampio di persone. “Le Sentinelle” parla di esclusione sociale ed è auspicabile venga visto da un numero più ampio di persone, al di là del credere nella patologia o meno. La fotografia serve a farsi delle domande, più che a darsi delle risposte, ma per farlo deve essere vista. Quest’anno tra i finalisti c’erano numerosi lavori e fotografi che stimo tantissimo, per me è stata una sorpresa ma soprattutto un onore vincere questo premio.
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Il Premio Giovane Talento è andato a “Sanità” di Ciro Battiloro per l’approccio contemporaneo, partecipe e attento alle vite che abitano a Napoli Rione Sanità, quartiere storico, agglomerato popolare “dolente e complesso”; a colpire la Giuria è stato lo sguardo intimo, generoso e meditato di un autore che ha saputo costruire un racconto onesto a partire dall’interno, con una rielaborazione nuova del linguaggio foto-giornalistico e la poeticità di un moderno affresco.
Il Premio Dummy Photobook è andato a “Mari El. A pagan beauty” di Raffaele Petralla: già vincitore, nel 2016, del Premio Fotografia Etica con la sua ricerca fotografica sulla popolazione russa dei Mari ha conquistato la Giuria per la qualità e la buona articolazione della bozza editoriale presentata.
Il Premio Borsa di Studio è stato assegnato alla ventunenne Karymava Hulnaza con la presentazione di un ricco portfolio di progetti, fra i quali spicca in particolare il lavoro “Unrooted”. La borsa di studio del valore di 7.900 euro le consentirà, per questo anno accademico, la frequentazione gratuita del 2° anno del Corso Professionale Biennale dell’Istituto.
La nostra selezione di mostre
Wildlife Photographer of The Year
Fondazione Luciana Matalon, Milano. Fino al 9 dicembre.
Tutta mia la città!
Higline Galleria, Milano. Fino al 24 febbraio 2019
Terra mala.
Guna, Milano. Fino al 23 dicembre
Rassegna stampa
Il ritratto di Lisetta Carmi in occasione della mostra Lisetta Carmi. La bellezza della verità antologica in corso a Roma, al Museo di Roma in Trastevere fino al 3 marzo 2019. “Ricordo benissimo di aver risposto che se le mie mani erano più importanti del resto dell’umanità allora avrei smesso di suonare il pianoforte». Eppure, nel momento della scelta, non ha un ripensamento, scrive Giovanna Calvenzi nella biografia Le cinque vite di Lisetta Carmi, e con il solito coraggio generato dall’incoscienza, ma sorretto dai suoi ideali, pensa a cosa fare del futuro senza nessuna angoscia.” Tra i suoi lavori esposti anche il celebre reportage sui travestiti per le strade di Genova.
All’Istituto nazionale per la Ricerca Scientifica in Canada, è stata creata la macchina fotografica più rapida al mondo, in grado di fotografare il passaggio di un impulso laser. La T-CUP, questo il suo nome, può catturare 10 trilioni (10.000.000.000.000.000.000) di immagini al secondo.
La Open Society Foundation, che fa capo a George Soros, ha inaugurato una mostra all’interno della sua sede di New York, Moving Walls. Se pensate di andare a New York potete pensare di vederla dal vivo fino al 19 luglio 2019. In alternativa è attiva una pagina online dove sono visibili tutti i lavori esposti. Si tratta di 8 progetti che hanno coinvolto 13 artisti. Moving Walls è una mostra che ogni anno viene promossa dalla Open Society Foundation.
Una notizia molto particolare. Una promessa sposa — il suo futuro marito è morto prima di potersi sposare — ha deciso di fare comunque una celebrazione con parenti ed alcuni amici. È stato realizzato anche un servizio fotografico, che riprende la sposa nei momenti tipici di un matrimonio, oltre ad alcuni scatti realizzati sulla tomba del defunto dove, si intuisce dalle fotografie, sono stati portati ricordi e testimonianze.
In occasione del Photo Vogue Festival che si svolgerà dal 15 al 18 novembre, Micamera, libreria specializzata nell’editoria fotografica, festeggerà i suoi 15 anni. Un’ intervista a Giulia Zorzi per raccontare gli eventi in programma, le attività, e la storia della libreria, fatta di tante relazioni nate e consolidate nel tempo.
Il direttore del mensile Il Fotografo, Denis Curti, si interroga sull’effettiva efficacia per la platea di visitatori, del sempre in aumento numero di festival di fotografia.
A Bologna, allo spazio ONO Arte Contemporanea, è aperta dal 18 ottobre fino al 18 novembre la mostra “BRUCE SPRINGSTEEN. FURTHER UP THE ROAD. THE PHOTOGRAPHY OF FRANK STEFANKO”.
All’interno dell’Aeroporto di Malpensa è stato inaugurato uno spazio mostre di fotografie, che ha già in programma un ciclo di 4 esposizioni. La prima è di Pietro Celesia e racconta idealmente la linea metropolitana dall’Aeroporto JFK a Manhattan.
Il fondatore di Instagram, Kevin Systrom, durante una conferenza ha parlato degli inizi di Instagram, delle ispirazioni più profonde che hanno poi dato via ad uno dei social più famosi al al mondo. A quanto pare, tanto è successo durante un viaggio in Italia, quando ancora era studente. Il logo, dalle sue parole, sembrerebbe rifarsi ad una Holga utlizzata da Systrom proprio durante quel viaggio.
Una intervista di Mauro Zanchi per Doppiozero a Giulia Flavia Baczynski, che realizza mappe, vedute, carte geografiche mediante l’utilizzo di carta e scanner. Spiega il mezzo utilizzato affermando che “anche le mie mappe sono fotografie nonostante siano ottenute con uno scanner, perché è sempre la luce il tramite per l’apparizione” e il soggetto-oggetto delle sue creazioni, la carta, perchè “non è un supporto neutro perché può diventare essa stessa un concetto spaziale se debitamente manipolato: piegata nel modo giusto sostiene un peso 50 volte superiore al suo…”
Il fotografo e artista visivo Eli Rezkallah spiega così il progetto in cui ha voluto sostituire l’uomo con la donna in alcune pubblicità degli anni ’50: «Sentii alcuni miei zii parlare di come le donne debbano cucinare e svolgere i ruoli che “appartengono loro”. Anche se so che non tutti gli uomini la pensano così, rimane vero che queste idee rimangono in piedi e che l’essenza di certe pubblicità degli anni ’50 sia sopravvissuta nel tessuto sociale moderno. Così ho provato a creare delle opere che dessero un’idea di quello stesso accanimento di genere, solo a ruoli invertiti».
E’ stata annunciata ufficialmente la terza edizione del Festival di Riaperture di Ferrara, che si terrà dal 29 al 31 marzo e dal 5 al 7 aprile 2019. Il tema di quest’anno è “Futuro”; a presiedere la giuria ci sarà Francesco Zizola, già autore in mostra lo scorso anno. Le iscrizioni per candidare i propri lavori rimarranno aperte fino al 2 febbraio 2019.
Alla prossima! ?