ExEx, Culture: stasera l’ultimo appuntamento con Electropark Exchanges al Teatro Franco Parenti

Questa sera al Teatro Franco Parenti l’ultimo appuntamento con la rassegna di concerti a teatro di Electropark Exchanges.

ExEx, Culture: stasera l’ultimo appuntamento con Electropark Exchanges al Teatro Franco Parenti

Questa sera al Teatro Franco Parenti l’ultimo appuntamento con la rassegna di concerti a teatro di Electropark Exchanges, Julius Eastman Memorial Dinner – Jace Clayton with David Friend, Emily Manzo, Arooj Aftab.

La cantante sufi sarà collegata (non in diretta) via video, mentre Clayton si occuperà del mix live. L’inizio del live è fissato per le 21:30.

Ne abbiamo parlato con Sabina Barcucci, curatrice di ExEx, il ciclo di workshop che vedeva la partecipazione degli artisti stessi e che anticipava gli appuntamenti a teatro. Ci ha raccontato com’è andato l’ultimo, Culture, con Jace Clayton.

_mg_0706

* * *

Leggi anche:
ExEx, Perception: a lezione di composizione coi Visible Cloaks
ExEx, Production: con Philip Jeck tra vinile, innovazione, analogico e digitale

* * *

Sabina, siamo ufficialmente giunti alla fine dell’edizione milanese di Electropark, Exchanges, e della rassegna ExEx, i workshop mensili che hanno anticipato i concerti al Teatro Franco Parenti. Com’è andata? Siete soddisfatti? Siete tristi?

L’umore generale è positivo, siamo contenti di averlo fatto, era il progetto pilota con il quale intendevamo appunto prendere le misure per quanto riguarda la risposta del pubblico. Ci sono sicuramente stati degli errori, delle ingenuità rispetto a come proporre certi contenuti innovativi, sfumati e radicali, e a come raggiungere un pubblico potenzialmente interessato a questo tipo di format e argomenti, che poi in qualche modo aiutano ad aggiustare il tiro, credo. Obiettivamente il punto era riuscire a strutturare un format che proponesse dei contenuti in modo da intercettare una rete di persone abbastanza variegata, non unicamente musicisti, musicologi, ma che riuscisse a coinvolgere da una parte esperti del settore e, unitamente a questo, cercare di creare un ambiente il più possibile multimediale. Parlare di musica al giorno d’oggi significa parlare di un’infinità di cose, processi di collaborazione, democratizzazione degli strumenti tecnologici, comunità creative. Il punto era riuscire a sollevare un discorso sulla musica che in qualche modo coinvolgesse anche diversi ambiti delle creative industries, con l’obiettivo concreto di portare all’esterno visioni più radicali.

È tutto magmatico: la musica ha la capacità di legare tante dimensioni insieme e quindi potenzialmente di legare e far incontrare pubblici diversi nel momento in cui la si osserva dal punto di vista della sua produzione, sia come fenomeno creativo, operativo, culturale e ovviamente tecnologico.

A proposito di pubblico: com’è stata a vostro avviso la risposta del pubblico milanese, sia ai workshop che all’intera rassegna a teatro? Dacci un tuo parere e un tuo punto di vista globale, da organizzatrice ma anche da fruitrice, su questo tipo di eventi e format che a Milano, sotto certi aspetti, sono ancora una novità.

La scommessa è stata proprio vedere chi avrebbe risposto positivamente a questo stimolo ambiguo. E la risposta c’è stata, le persone che si sono avvicinate a questa esperienza poi ci hanno seguito durante tutto il percorso durato praticamente tre mesi: sicuramente non si è trattato di un pubblico passivo. Il nostro obiettivo non erano ovviamente i grandi numeri, ma costruire una rete di esperti nazionale e internazionali, come Jace Clayton, il documentarista Ed Williams, il curatore Leandro Pisano, ma anche Federico Trucchia – tool maker a ROLI Instruments, la ricercatrice Satomi Sujiyama, Simone Bertuzzi di Invernomuto, Marco Mancuso, cui l’audience più proattiva possa agganciarsi a sua volta, un’audience con cui potenzialmente costruire progetti.

Detto questo, l’edizione 2019 si svilupperà con più consapevolezza, ma soprattutto con molta più rete.

cover-evento-jc

L’incontro di domenica con Jace Clayton – l’ultimo degli ospiti che si esibirà questa sera – titolava Culture. Perché? In cosa consiste la “composizione con plugin SUFI”, al centro della studio session di Clayton?

L’ultimo workshop, Culture, è stato sicuramente il più ambizioso di tutti, considerando anche che gli ospiti che abbiamo coinvolto arrivavano principalmente dall’estero. La giornata è stata suddivisa in due parti: durante la prima si è tenuta la studio session del dj Jace Clayton, che ha mostrato anzitutto come funziona il SUFI Plugin, progetto speculativo molto particolare che apre a un modo di pensare sia la progettualità, che la globalizzazione, che la musica in una maniera differente. Per quanto sviluppato nella sua prima release nel 2012, , rimane un progetto che continua a stupire per il numero di elementi che riesce a mettere in discussione all’interno di un singolo progetto. Clayton ha raccontato come l’ha generato, sviluppato, ultimato e, ovviamente, come funziona. Il progetto di Jace, oltre a presentare un metodo particolare di produzione musicale, solleva anche una questione critica e, appunto, culturale importante.

Nel corso del panel si è discusso in particolare dei processi di  storytelling etico con cui è necessario rapportarsi in una visione e progettualità musicale che sia globale: nel mondo della World Music 2.0, la musica è il sottoprodotto di  un remix costante, di suoni che viaggiano da una parte all’altra del pianeta, costantemente  modificati, pubblicati tramite piattaforme e mezzi tecnologici accessibili a chiunque, come Youtube. Si tratta comunque di fenomeni poco perimetrabili, sono molto ampi, globali, complessi, costanti.

Perception, Production, Culture. Mi spieghi i motivi dietro alla decisione di strutturare in questo modo percorso e contenuti?

Mi sono rifatta a una ricercatrice di cui abbiamo discusso approfonditamente al primo workshop, Neri Oxman, che ha strutturato un discorso sulla creatività contemporanea come risultato di un processo che attinge da tutti gli ambiti disciplinari, sistematicamente. Ho voluto utilizzare questa lente, un diagramma di analisi che spiega come l’esplorazione creativa viaggi su quattro ambiti fondamentali che si influenzano tra di loro, in piena linea con il concetto di antidisciplinarietà: scienza, ingegneria, design, arte. Il diagramma, il Kreb Cycle of Creativity, è chiarificante: per come si muove la conoscenza in maniera metabolica e per i diversi significati che acquisisce, a seconda dell’ambito di movimento genera degli output differenti, tra  percezione, produzione,  cultura. Da qui la struttura di questo ciclo di workshop legati ai concerti di Electropark Exchanges.


Per ricevere tutte le notizie da The Submarine, metti Mi piace su Facebook, e iscriviti al nostro gruppo.