I migranti di Benetton, dove finisce l’etica e inizia il commercio nella fotografia

Questo è Click, World!, la nostra rassegna settimanale di cultura fotografica. Ogni settimana, un pugno di link e le mostre da noi consigliate.

I migranti di Benetton, dove finisce l’etica e inizia il commercio nella fotografia

In una intervista di Enrico Ratto, alla domanda “Quando hai individuato un tema ci hai sempre azzeccato, era la cosa giusta da dire in quel momento. Osservi molto la realtà?” La risposta di Oliviero Toscani è stata “sono un situazionista, te l’ho detto”.

È facile che abbiate sentito parlare della nuova campagna Benetton firmata Oliviero Toscani, colui che ad ogni passo è sempre pronto ad accogliere e respingere accuse — solitamente di tipo etico. Questa volta il caso è scoppiato sull’utilizzo di una fotografia che riprende un gruppo di migranti su un barcone, durante delle operazioni di salvataggio da parte di una nave della Ong Sos Mediterranée. La fotografia è stata realizzata da Kenny Karpov il 9 giugno 2018.

Nel mondo fotografico il dibattito si è acceso dopo un post del fotografo Francesco Cito, in cui spiega le motivazioni per cui trova la nuova campagna di Oliviero Toscani non accettabile a livello etico, ma soprattutto lo attacca per non citare mai i fotografi delle sue campagne, sostenendo che “i fotografi veri, quelli che sul campo mettono in gioco la propria pelle, hanno un’etica che al grande guru della comunicazione manca”. Quasi non viene presa in considerazione la partecipazione di Benetton: l’attacco è rivolto esclusivamente alle scelte di Oliviero Toscani, senza prendere in considerazione le tante persone che possono essere coinvolte da una operazione di marketing di una azienda, sicuramente non piccola, come Benetton.

Ma, lasciando da parte un attimo la questione principale, fermiamoci su questo: perchè alcuni fotografi credono di essere dalla parte del giusto quando un giusto forse non c’è, o è un concetto quantomeno labile? E soprattutto, chi è un fotografo vero?

Partiamo dal presupposto che la critica sui crediti è sterile, come giustamente sottolinea Michele Smargiassi: “può crederci forse il lettore distratto, ma stupisce un po’ che a pensarlo siano dei fotografi professionisti, che dovrebbero conoscere la differenza fra un fotografo e un art director: Toscani è entrambi, ma in questo caso, come nella maggioranza delle sue più note campagne Benetton, ha utilizzato una foto altrui per creare un oggetto più complesso.”

Prendiamo in considerazione Benetton. Basta fare una ricerca su google immagini scrivendo cose molto semplici come “Benetton pubblicità” o “Benetton marketing” per trovare una serie di immagini che, come quella incriminata, compaiono la maggior parte delle volte accompagnate solo dal logo aziendale. Aggiungiamo il fatto si è parlato tanto di una fotografia, ma la campagna attuale si è servita di due immagini; ce n’è una seconda, sempre che ritrae salvataggi in mare. La scelta dunque è funzionale al messaggio che l’azienda ha voluto trasmettere — che è sempre e comunque discutibile.

Purtroppo sono stati scelti due fotografi diversi, dunque l’art director si è servito dell’operato del singolo fotografo in maniera strumentale. Questioni del genere sono all’ordine del giorno, e che il gusto di una persona non può coincidere con l’art director/photo editor di turno, e soprattutto non può coincidere con tutte le fotografie di una serie magari. Fa piacere che sempre Francesco Cito, nel suo post, citi diversi autori italiani il cui nome è più noto di un Kenny Karpov, ma alla stessa maniera non tutti i giornali o aziende possono permettersi o hanno voglia di utilizzare i reportage di Paolo Pellegrin, per restare in Italia.

Prendiamo un’altra campagna a firma Benetton, in cui viene utilizzata una delle immagini dello sbarco del 1991 di una nave piena di albanesi. Questa, con maggiore libertà, ve la presento direttamente accoppiata ad un utilizzo differente.

albanesi

Partendo da questo presupposto perché non attacchiamo il fotografo allora? È il fotografo che si è piegato alle logiche del mercato? Ho la netta convinzione che qualsiasi fotografo realizzi fotografie per creare del profitto. Nel momento stesso in cui un fotografo realizza uno scatto sa bene che questo dovrà avere abbastanza appetibilità per poter fare breccia nell’editore di turno. E sappiamo altrettanto bene quanto non sia facile, soprattutto nel momento in cui si toccano gli aspetti economici di una fotografia.

In questo mare di incertezze come posso credere che Francesco Cito possa avesse più ragioni nel dire che lui non avrebbe dato il consenso all’utilizzo di una sua fotografia per una campagna pubblicitaria di questo tipo rispetto a chi invece l’ha fatto? Lo dice in una intervista piena di belle riflessioni, valide per qualche workshop, non di certo nel mondo lavorativo. Perché la fotografia, oltre ad essere carica di tante cose, è prima di tutto un lavoro, e come tutti i lavori ha anche lei delle dinamiche che si possono o meno condividere, ma tali rimangono. Il titolare delle immagini rimane il fotografo e pertanto spetta a lui decidere cosa farne (quasi sempre). Ed è così che una fotografia dello stesso fotografo, sempre sul tema dei migranti, è stata utilizzata dal New York Times per un articolo.

In tutto ciò non è da meno neanche la ONG, che ha subito preso le distanze dal fotografo. Benissimo, nessun problema, ma se è verosimile che la stessa ONG richiede di essere citata deve essere altrettanto buona la regola per cui questo non sia valido solo in certe occasioni ma in tutte. È naturale che faccia piacere sapere che un fotografo ospitato su una propria barca sia il vincitore di qualche premio, ma deve essere altrettanto consapevole del fatto che le fotografie sono un prodotto commerciale e che pertanto non sempre possono soddisfare le proprie inclinazioni.

È sempre bello difendersi dietro a belle parole cariche di speranza, di testimonianza, di sentimenti profondi che vengono manifestati senza alcuna timidezza come una vera e propria vocazione, ma bisogna anche accettare che non tutti la pensano alla stessa maniera. E soprattutto che la vera fotografia non esiste. Esiste la fotografia.

Proponendovi di andare a riprendere la domanda e la risposta che aprono questo articolo chiudo con un’altra intervista, questa volta rilasciata a Il Giornale da Francesco Cito: “Cosa significa essere un fotografo vero?” La riposta: “È uno che mette in discussione se stesso, che si rapporta con la società in cui vive”. Oliviero Toscani possiamo dire che ha centrato a pieno questo obiettivo. Rimangono certamente aperte molte domande sui modi in cui raggiungerlo.

La nostra selezione di mostre

Liu Bolin, The invisible man
Complesso del Vittoriano, Roma. Fino al 1° luglio

Robert Capa. Retrospective
Real Albergo delle Povere, Palermo. Fino al 9 settembre

Nino Migliori – Favole di Luce
MAXXI, Roma. Fino al 22 luglio

The summer show 2018
Fondazione Fotografia, Modena. Fino al 22 luglio

Rassegna stampa

Durante la Milano Pride Week rimarrà esposta in diversi locali in zona Porta Venezia, a Milano, una mostra di Nils Rossi, che ha ritratto performer, ballerini, dj e artisti che animano la nightlife di q|LAB a Milano.

Il Calendario Pirelli quest’anno sarà firmato da Albert Watson. Maledetti Fotografi ha pubblicato recentemente una intervista.

A New York, allo spazio Scandinavia House, sono in mostra gli autoritratti sperimentali di Edward Munch: il pittore norvegese autore del famoso Urlo, proprio lui. Per saperne di più Internazionale traccia una breve biografia selezionata. “Ho una vecchia macchina fotografica con cui ho scattato tantissime foto di me stesso, spesso con risultati eccezionali”, afferma nel 1930. “Un giorno, quando sarò vecchio, e non avrò di meglio da fare che scrivere la mia autobiografia, questi autoritratti vedranno la luce”.

Sabrina Ferilli ha portato la sua testimonianza da romana in un libro edito da Contrasto, corredato di tanti scatti di fotografi d’autore “Io e Roma”.

E’ uscito La crepa, un libro fotografico che si avvicina molto alla forma della graphic novel, in cui sono raccolte le fotografie di Carlos Spottorno e le conversazioni scritte dal giornalista Guillermo Abril. Il libro racchiude tre anni di viaggi in cui i due autori indagano cause e conseguenze dei flussi migratori.

Il Festival della Fotografia Etica si prepara alla nuova edizione, svelando i protagonisti vincitori delle diverse categorie. Sulla pagina Facebook ufficiale potete vedere tutte le foto ed i progetti.

Nasce a Reggio Emilia un nuovo centro di fotografia: è Home for Photography, che sarà la nuova – prima? – casa di Cesura. Una intervista raccoglie alcune anticipazioni e idee sul progetto. Verrà presentato il 1° luglio.

Kodak ha annunciato un accordo in cui cercherà di far dare alla KodakCoin i suoi primi frutti. L’azienda ha stipulato un accordo con sei grandi stadi negli USA, in cui gli spettatori potranno acquistare la criptomoneta dell’azienda in modo tale da poter proteggere gli scatti che realizzeranno.

Alex Majoli, fotografo italiano dell’agenzia Magnum, è stato recentemente in Italia durante la Milano Photo Week, dove ha tenuto lectio magistralis e fatto da docente durante una scolarship organizzata presso la Triennale, è stato anche protagonista di una mostra nella sua città natale, Ravenna. Qui, al MAR, è ancora visibile una sezione della mostra, la cui chiusura è stata prorogata fino all’8 luglio. Una intervista a cura di Artribune raccoglie i contenuti della mostra.

A Milano, a Palazzo Reale, è in corso la mostra In piena luce. Nove fotografi interpretano i Musei Vaticani. Si tratta di un lavoro commissionato dalla Santa Sede: “…si può dare una doppia e opposta lettura alla spinta verso una simile iniziativa: apertura ai nuovi linguaggi, doveroso ruolo mecenatistico nel finanziare e dunque essere motore della produzione artistica; oppure, di contro, usare la committenza per autocelebrarsi, come in fondo è sempre avvenuto.” Leonello Bertolucci per il Fatto Quotidiano.

Michele Smargiassi propone una riflessione sull’utilizzo del termine amatore e professionista in fotografia, tanto dibattuto, ripescando alcune controversie avvenute già nell’800.

Per chi è appassionato di architettura, la Fototeca del Kunsthistorisches Institut in Florenz – Max-Planck-Institut, propone una mostra online dal titolo Architecture in photography. Sono proposte una serie di scansioni di fotografie dell’800. Come scrive Almut Goldhahn, ideatore e curatore di questa mostra “La documentazione fotografica di edifici pone ogni fotografo di fronte a grandi sfide”. Sempre per chi fosse interessato a questo tema Elena Franco, per il giornale dell’Architettura recensisce due libri dati alle stampe recentemente: Fotografia per l’architettura del XX Secolo in Italia e Amnesia. Tresigallo 1936-2016.

Alla prossima! ??