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Bisogna ammetterlo senza vergogna: i film di Sorrentino ci coinvolgono tutti come parte di una collettività che risponde a stimoli immaginifici

L’ha ricordato lo stesso regista durante l’intervista a Che tempo che fa: “Ci stanno pensando in molti a scrivere e decidere che tipo di film è. La sfortuna è che quest’anno l’Italia non si è qualificata ai mondiali e tutti gli allenatori in pectore hanno cambiato lavoro e si sono riciclati come critici.”

Una piccola stoccata, servita con l’ormai nota ironia di Sorrentino, a tutti quelli che sul film Loro (che da qua in poi considereremo come unione di Loro 1 e 2) hanno speso parole di ardente amore e odio, di tiepida simpatia o di gelida indifferenza. L’uscita del film si è rivelata ancora una volta l’occasione per scatenare la perspicacia critica, ma soprattutto l’italianità – non è un caso il riferimento alla nazionale – che già ci aveva spinti al tifo cinematografico durante le premiazioni degli Oscar 2014.

Bisogna ammetterlo senza vergogna: i film di Sorrentino ci coinvolgono tutti come parte di una collettività che risponde a stimoli immaginifici. E non è una considerazione scontata se si pensa che sempre più italiani disertano le sale cinematografiche.

Abbiamo infatti dimenticato – forse per colpa di visioni sempre più chiuse tra le strette mura di casa e nei confini dell’on demand – che quando guardiamo un film al cinema lo facciamo insieme a una massa, formata non solo dagli spettatori della sala, ma da tutti coloro che in quel momento stanno prendendo parte al discorso più ampio sul cinema e la sua forma. Così valgono le recensioni su internet come le conversazioni a tavola o le chiacchierate al bar, che inconsciamente contribuiscono alla liberazione stessa del cinema attraverso un momento emozionale.

È stato il filosofo tedesco Walter Benjamin – noto per il suo trattato L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica – a definire il cinema come arte non contemplativa, ma partecipata. Un momento in cui ciò che è inconscio diventa conscio, se non all’individuo, certamente al gruppo. Nei film di Paolo Sorrentino questa azione partecipata, nel tempo, si è palesata sempre di più agli occhi del gruppo stesso.

Nella seconda parte dell’intervista da Fazio, è Toni Servillo a prendere la parola e aggiungere il tassello definitivo al significato che Loro – e più in generale i film di Sorrentino – possono avere per una collettività. “Quando diciamo loro, riteniamo sempre che siano gli altri, invece il titolo del film suggerisce che possiamo essere anche noi. Non a caso uso il termine suggerire, perché un film o un’opera d’arte in generale dovrebbe suggerire al pubblico un’idea che poi quello stesso pubblico fa sua e che elabora con gli strumenti a sua disposizione.”

Non è un caso allora che Loro 2 si chiuda sui volti degli italiani invece che su quello del Berlusconi-Servillo — un finale al di là dei giudizi di merito e un invito a continuare a dibattere e discutere su Sorrentino, il cinema e noi stessi.


In copertina: frame dal corto “Diario di uno spettatore” di Nanni Moretti, in Chacun son cinéma, 2007.

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