New York 52 è il viaggio di Bianca Giacobone attraverso la New York multiculturale del ventunesimo secolo: una collezione di momenti cittadini, una piccola guida turistica, il tentativo di andare oltre la superficie, un quadro incompleto ma coinvolgente della metropoli più famosa del mondo.
Un anno a New York
A ottobre dell’anno appena passato ho fatto quello che migliaia di ventenni da tutto il mondo fanno ogni anno: mi sono trasferita a New York. La mia scelta è arrivata in seguito a sogni più o meno adolescenziali, un innamoramento a distanza e la volontà di dare una direzione alla mia vita cambiando il suo contesto geografico. Ora mi trovo piena di gioia e di terrore in una delle città più straordinarie del mondo.
Non so abbastanza per cercare di definirla perché New York è una delle città più straordinarie del mondo, ma posso dire che le possibilità che offre sono tali da far girare la testa. Gli spunti e le esperienze per un’aspirante giornalista e scrittrice sono illimitati e come spesso succede quando si ha a che fare con le cose illimitate non si sa da dove iniziare. Mi è capitato spesso di camminare per ore per le strade della città senza capire che direzione prendere o come declinare la mia giornata.
Camminare, mi dicono, è una delle più classiche esperienze newyorkesi, e ha il suo fascino. Ma quando cammino così, senza meta, mi sembra di percepire tutta la potenzialità di New York e di toccarne solo la superficie. Quindi ho deciso di organizzare la mia esplorazione, collezionare da internet una lista di suggerimenti di cose da fare e sfidarmi a farle tutte nel giro di un anno. La mia lista newyorkese ha 52 punti, uno per ogni settimana dell’anno, e per ogni punto scriverò un breve articolo che vi racconti cosa ho fatto, visto, pensato, mangiato, toccato. L’ambizione è di creare una collezione di momenti cittadini, una piccola guida turistica, una cronaca dei miei tentativi di andare oltre la superficie, un quadro incompleto ma, si spera, coinvolgente della metropoli più famosa del mondo.
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Tenement Trail: le specialità ebraiche di New York
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Passa un pomeriggio a bere e guardare il panorama su un rooftop bar
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Visita una delle stazioni della metro abbandonate
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Fai un tour delle gallerie d’arte a Chelsea
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Karaoke alle 3 di notte (o anche a un orario più decente) a Ktown
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Vai a mangiare in un “supper club” russo a Brighton Beach
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Live jazz ad Harlem
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Visita City Island, Bronx
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Vai sulle montagne russe Cyclone a Coney Island
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Rockaway Beach
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L’esperienza dello speakeasy
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Nel Brooklyn Botanical Garden ad aprile fioriscono i ciliegi
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L’esperienza della partita di baseball (d’estate)
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Prova a farti selezionare per la registrazione di un live show televisivo
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Mangia in uno di quei posti che stanno aperti tutta la notte, di notte
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C’è un traghetto dell’IKEA che passa davanti alla Statua della Libertà
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La commedia al Comedy Cellar
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Pare che nel Bronx ci sia la nuova e più autentica Little Italy
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Ci sono delle cascate d’acqua segrete a Central Park
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I “dive bar” dei tempi andati
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Madison Square Garden
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Bevi un cocktail di lusso in un hotel di lusso
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Portati una bottiglia di vino sul traghetto per Staten Island
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Esplora la “Museum Mile”
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L’esperienza del Natale da Rolf’s
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Trova dei biglietti per Broadway che ti puoi permettere
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In un posto che si chiama “Sylvia’s” fanno il brunch gospel
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Il ponte di Brooklyn in bicicletta
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Il quartiere Red Hook, a Brooklyn
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Esplora il Letchworth State Park
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Trova la tua barca preferita per bere una cosa d’estate
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Il cimitero di Green Wood
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Pare che ci siano delle fattorie sui tetti
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Fai un picnic a Prospect Park
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Il bar “Saint Vitus”
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Il piano bar “Marie’s Crisis”
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Il locale più famoso di Williamsburg, “Black Flamingo”
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A giugno c’è la parata delle sirene a Coney Island
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Lo zoo del Bronx
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Sperimenta la soul night a “Friends and Lovers”
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Recitano Shakespeare al parco
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La giornata perfetta a Coney Island
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Le spiagge per nudisti
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Bushwig, il festival queer di Bushwick
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Vestiti bene e vai a sentire la musica al Lincoln Center
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Ditmas Park
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Dicono che alle quattro del mattino a Times Square non ci sia nessuno
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Il Upright Citizen Brigade Theatre
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Chi è dj Harvey?
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Chi è Justin Vivian Bond?
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Vai a ballare alla House of Yes
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Vai a visitare gli Hamptons
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Tenement Trail. Le specialità ebraiche di New York.
Per iniziare la mia sfida con New York non poteva esserci scelta più strana. Un inverno freddo ha regalato un inaspettato, e a tratti preoccupante, momento di primavera. Una bolla di calore durata un giorno soltanto, con la gente in maglietta, le piste di pattinaggio liquefatte e più di venti gradi nell’aria. Secondo il New York Times il 21 febbraio non era così caldo dal 1930, quando comunque si erano registrati tre gradi in meno. Non che nessuno abbia dato l’idea di stupirsi più di tanto. Se la città vuole avere un giorno di primavera a febbraio, ben venga. Si rispolverino vestiti a fiori e pantaloni corti, e si approfitti del tepore il più possibile.
Così, pur con addosso la sensazione di un realismo magico metropolitano e una temperatura interna alquanto confusa, ho deciso di dare inizio alla serie. Il “Tenement Trail” (sentiero dei Tenement), con il suo nome un po’ pomposo, altro non è che il breve tratto di strada nel Lower East Side che collega tre antichi e famosi luoghi di vendita di specialità ebraiche: Yonah Schimmel Knish Bakery, Russ & Daughters e Katz’s Delicatessen. E la fortissima immigrazione ebraica verso New York nel XIX secolo ha reso le specialità ebraiche specialità della cucina newyorkese. Ho reclutato un assaggiatore (la mia celiachia purtroppo limita le avventure culinarie) e da Brooklyn siamo partiti in missione.
Yonah Schimmel Knish Bakery è un antico e malandato forno che si affaccia su Houston Street, e vende Knish – tondi tortini di patate – esposti in file ordinate su un bancone che ha l’aria di non essere stato cambiato dall’inaugurazione nel 1890. La clientela è scarsa, il locale caotico e affollato di misteriosi scatoloni di cartone, le pareti sono coperte di ritagli di giornale d’altri tempi e l’atmosfera è, tutto sommato, squisitamente autentica. I Knish vengono serviti caldi, in stile newyorkese, ovvero con un bicchiere d’acqua del rubinetto e pochi fronzoli. L’assaggiatore non è molto convinto, ma a fine pasto – con l’aiuto di molta mostarda – decreta che per poco meno di cinque dollari è un modo dignitoso per riempirsi lo stomaco di carboidrati. D’altra parte si sa che non è facile stupire un palato italiano.
Pochi metri più a est su Houston Street troviamo la secondo tappa dell’esplorazione culinaria: la gastronomia Russ & Daughters.
Tanto quanto Yonah Schimmel, la seconda gastronomia è rimasta ai primi del Novecento. Russ & Daughters infatti è al passo con i tempi, e i prezzi, della New York contemporanea. La vetrina ospita cascate di frutta secca, e una fila di commessi tutti eleganti e vestiti di bianco si schiera dietro luccianti salmoni affumicati, barattoli di caviale e una stupefacente varietà di aringhe sottaceto. Dopo una breve consultazione con il commesso numero tre, decidiamo di portare a casa qualcuna delle famose aringhe, che non saprei dirvi che sapore hanno, perché sono ancora in frigorifero, coperte di cipolle, ad aspettare il loro momento.
A conclusione della prima gita – sempre a poca distanza su Houston Street – si trova il pezzo forte della giornata: Katz’s Delicatessen. Che voi lo sappiate o meno, Katz’s Delicatessen lo conoscete di sicuro, perchè è il diner dove hanno filmato la scena di Harry ti presento Sally, il famoso film in cui la protagonista si esibisce nel famosissimo finto orgasmo, mangiando un panino al prosciutto. Il pastrami di Katz’s è considerato il migliore di tutta New York — anche se l’assaggiatore non è d’accordo e consiglia piuttosto di andare da “Fine & Schapiro,” uptown sulla 72esima strada.
Nonostante l’opinione dell’assaggiatore, Katz’s non ha di sicuro problemi di popolarità. Il locale è pieno, centinaia di fotografie del proprietario con varie celebrità riempiono i muri fino al soffitto, e panini al pastrami torreggiano su tavoli affollati sia da turisti che da newyorkesi. Il pastrami è quella sorta di roast-beef newyorkese che si serve con pane, mostarda e cetrioli sottaceto ed è oggettivamente squisito, anche secondo i miei gusti italiani e celiaci. Si ordina su bigliettini azzurri che vengono distribuiti all’ingresso, tra foto e salami che decorano le pareti, e camerieri che girano tra i tavoli con magliette rosse con scritto “Send a salami to your boy in the army!” (manda un salame al tuo ragazzo nell’esercito!), uno slogan che pare risalga alla Seconda Guerra Mondiale, quando i figli del proprietario erano tutti al fronte e ricevevano regolarmente salami da casa.
Alla fine si torna a casa, un po’ storditi dal cibo e dall’improbabile calura di febbraio, in attesa della prossima.
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