Il MIA Photo Fair 2018 vale una visita
Questo è Click, World!, la nostra rassegna settimanale di cultura fotografica. Ogni settimana, un pugno di link e le mostre da noi consigliate.
in copertina, foto dal MIA Photo Fair. Credit, in ordine: Letizia Cariello, Nicola Vinci, Vulù.
Questo è Click, World!, la nostra rassegna settimanale di cultura fotografica.
Ogni settimana, un pugno di link e le mostre da noi consigliate.
È in corso l’ottava edizione del MIA Photo Fair di Milano, la fiera internazionale d’arte dedicata alla fotografia e all’immagine in movimento. La fiera rimane aperta fino a lunedì 12 marzo al The Mall, nel quartiere Porta Nuova.
Il MIA Photo Fair, come si può facilmente intuire intendere, è prima di tutto rivolta al mercato delle gallerie, dei collezionisti. Non per chi espone sono le gallerie e, salvo rari casi, non direttaemnte i fotografi. È una differenza sostanziale che pone il fotografo –anche se, nel corso della mia passeggiata purtroppo, ho sentito qualcuno sostenere, con finta modestia, che “da qui iniziano gli artisti” (naturalmente, erano esposte ancora fotografie, ndr) in una condizione di non poter intervenire direttamente sul significato ed il valore che vuole attribuire alla sua stessa opera. Tutto questo è naturale, è un processo che avviene in tutte le situazioni in cui un valore economico viene attribuito a un bene, in questo caso una fotografia. Si è reclamato per tanti anni la necessità di riconoscere alla fotografia uno spazio nel mondo dell’arte e, ora che è riuscita ad ottenerla, deve allo stesso tempo subirne tutti gli effetti che ne derivano.
È probabile che, grazie al maggior numero di gallerie straniere presenti quest’anno rispetto alle edizioni passate, e la conseguente internazionalizzazione e maggiore visibilità per ogni singola galleria, i fotografi selezionati subiscano una ancor maggiore selezione, che è frutto soprattutto di una probabile maggiore possibilità di vendita.
Il MIA Photo Fair non è accessibile o visitabile esclusivamente dai cosiddetti ai lavori, anzi, le file che si vedono all’ingresso sono tranquillamente paragonabili a quelle di Palazzo Reale o del Mudec. Un pubblico molto variegato che probabilmente riesce ad accontentare chiunque, anche personaggi come Vittorio Sgarbi che sulla sua pagina facebook scrive che “nomi noti e altri meno testimoniano la vitalità della fotografia.”
Uno spazio che merita di essere guardato con calma è sicuramente quello degli editori, che quest’anno hanno guadagnato le prime posizioni, subito all’ingresso.
È naturale che una Fiera di queste dimensioni, 130 espositori in totale, rimanga comunque una occasione per conoscere o per scoprire autori nuovi, vedere fotografie di autori come Hiroshi Sugimoto o Robert Adams, trovare tra i corridoi Giovanni Gastel e Ferdinando Scianna.
La nostra selezione di mostre
Stati di tensione, percorsi nelle collezioni
Mufoco, Milano. Fino al 15 aprile
Il Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo propone una rilettura dei suoi archivi con la mostra Stati di tensione, curata da Carlo Sala. Il titolo allude allo stato attuale della società e del territorio: una prima sezione è dedicata alle forme di esclusione sociale, analizzata con fotografie a partire dagli anni ’70; la seconda sezione è incentrata sul paesaggio e le sue modificazioni degli ultimi decenni, soprattutto con l’introduzione del termine antropocene.
Frank Horvat, storia di un fotografo
Musei reali, Torino. Fino al 20 maggio
Fulvio Bortolozzo ha conversato con l’assistente alla curatela della mostra (curata dallo stesso Frank Horvat, ndr), prima dell’apertura della mostra. “Una persona che usa il mezzo, ma non è legata al mezzo. Usa quello che gli serve in quel momento storico per fare più facilmente ciò che ha in mente. Per esempio, la Leica lo liberò da quei fastidi operativi che oggi forse si superano con lo smartphone. Forse è proprio questo il momento in cui Horvat, per fortuna in vita, può vedersi riconoscere il valore complessivo della sua libertà di pensiero.”
Who knows what’s going on in the ladies parlour!
Magazzini fotografici, Napoli. Fino all’8 aprile.
Nella settimana in cui ricorre la Giornata internazionale della donna viene proposta una mostra collettiva di giovani donne. Inaugurata l’8 marzo, la mostra propone una selezioned i opere di che mostrano approcci e temi diversi tra di loro. In mostra le autrici Erica Belli, Giulia Agostini, Valeria Gradizzi, Claudia Iacomino, Francesca Pili, Serena Vittorini e Antonia Messineo.
Rassegna stampa
Un breve racconto per ricordare Ren Hang, fotografo apprezzato e celebrato da molti, un anno dalla sua scomparsa. (via Cultweek).
Purtroppo un mese fa è scomparso un altro grande fotografo, italiano, Romano Cagnoni. Sean O’Hagan ne traccia un profilo per ricordare colui che da “Harold Evans, il leggendario editor del Sunday Times dal 1967 al 1981” era considerat0 “uno dei 5 più importanti fotografi del XX secolo” al fianco di Henri Cartier-Bresson, Bill Brandt, Don McCullin and W Eugene Smith. (via the Guardian)
Durante l’ultima rassegna stampa vi avevamo proposto tra i reportage online il lavoro realizzato da James Nachtwey per il Time. Qui una analisi della post produzione, messa a confronto con il lavoro altrettanto potente di Kevin Frayer sui Rohingya.
David Chandler analizza il lavoro di Mark Power, fotografo inglese che dal 2012 sta portando avanti un lavoro sugli Stati Uniti d’America. Un lavoro ambizioso, che lo porterà, secondo le parole dell’autore, a pubblicare ben sei libri, in cui verranno raccolte le fotografia di paesaggio raccolte in questi anni. Siamo a metà strada, e per chi segue questo fotografo, o anche per chi non lo dovesse conoscere, l’articolo offre diversi punti di riflessione.
Una lunga chiacchierata sull’ultimo lavoro di Andrea Botto con Brad Feuerhelm. Ka-boom è un libro in cui vengono indagate le dinamiche che girano attorno alle esplosioni. Un libro in cui sono condensati temi e saggi sul paesaggio, la memoria e molto altro. “Tutte le mie immagini sono il risultato di una lunga preparazione, che non riguarda solo I giorni immediatamente prima dell’evento pianificato e la scelta del punto di vista, ma anche le ultime ore, quando il cavalletto è ormai stabile, quando non c’è niente altro da fare se non aspettare l’esplosione. La tensione sale, la concentrazione è al massimo e tutte le energie sono concentrate su un singolo istante che non puoi perdere” (via Americansuburbx)
Sabrina Ragucci racconta la sua presenza su Instagram, una analisi delle dinamiche cui si è sottoposti all’interno del mondo social. “È il testo, persino l’hashtag, che ha la funzione di un’ancora e inchioda l’immagine al suo divenire”. “Instagram è un luogo di raccordo e dispersione, un luogo in cui la certezza di ciò che vedo si infrange contro il dubbio di ciò che mi sembra di vedere o di aver, anche solo per un attimo, intravisto”. (via Leparoleelecose)
Due artisti, Claudius Schulze e Maciej Markowicz, sono in viaggio da qualche tempo su due barche, in giro per alcuni rinomati festival europei, per affrontare in maniera diversa alcune tematiche legate al mondo del cambiamento climatico, l’urbanizzazione. Selezionati dalla Triennale di fotografia di Amburgo, sono passati per Amsterdam, Parigi, Berlino, per tornare ad Amburgo a giugno di quest’anno. Hanno raccolto le loro esperienze sul blog che aggiornano costantemente.
È stato reso noto il programma espositivo del Festival Fotografia Europea 2018 di Reggio Emilia. Il Festival inizierà il 20 aprile. Il tema scelto per questa edizione è “RIVOLUZIONI. Ribellioni, cambiamenti, utopie”.
L’anno scorso eravamo stati a Reggio Emilia per raccontare i primi passi di un lungo percorso intrapreso dal Ministero per i Beni Culturali, sotto la regia della consigliera del Ministro Franceschini Lorenza Bravetta. L’anno scorso, in questo periodo, vi era una certa fretta sui lavori in quanto consapevoli di un eventuale fine legislatura. Nonostante sia successo, la Consigliera è stata confermata fino a maggio 2018 prima delle elzioni.
Reportage online
Anna Bosch, Bubble Beirut
Sul New York Times è presente una selezione della fotografa, che ha pubblicato un libro sulla capitale del Libano: un viaggio in quello che viene definito dal quotidiano “un’occhiata nell’un percento del Libano”, la società benestante.
Nicola Okin Frioli, The Washingon Post
Guardians è un racconto sugli Zapara, una comunità indigena che vive nella foresta Amazzonica, un racconto, come lo definisce il fotografo italiano, come un “diario di resistenza”. Una comunità che si è vista ridurre incredibilmente nel corso del ‘900 e che ora è vicino alla fine della sua storia.
Alla prossima! ??