Il non ritorno di Jim Carrey
Jim Carrey si racconta nel documentario di Netflix sulla produzione Man on the Moon, la storia del comico provocatore Andy Kaufman.
Jim Carrey si racconta nel documentario di Netflix che descrive i cinque mesi di produzione del film Man on the Moon, la storia del comico provocatore Andy Kaufman.
Da pochi giorni è disponibile su Netflix il documentario Jim & Andy: The Great Beyond – Featuring a Very Special, Contractually Obligated Mention of Tony Clifton (che noi, per economia di spazio, chiameremo semplicemente Jim & Andy), ovvero la storia e i retroscena della camaleontica interpretazione di Jim Carrey nei panni del comico Andy Kaufman nel film di Milos Forman, Man on the Moon.
Il documentario – diretto da Chris Smith e prodotto da Vice Documentary – è in realtà una lunga intervista all’attore, alternata al prezioso materiale girato sul set del film per volere dello stesso Carrey. Solo dopo la spinta produttiva del regista Spike Jonze, l’attore ha infatti deciso, vent’anni dopo, di mettere a disposizione il girato per raccontare non solo il making of del film di Forman, ma anche la propria evoluzione attoriale e quella del suo doppio, Kaufman.
Da una parte abbiamo l’apice del successo di Carrey, ormai al suo quarto film da blockbuster (dopo Ace ventura, Scemo + Scemo e The Mask), dall’altra l’indelebile ricordo di Andy Kaufman, il comico che ha ispirato il lavoro di Carrey e che ancora oggi è considerato uno delle figure cult della stand up comedy.
“Allora Jim, come inizieresti questo film?” chiede Smith fuori campo. “Se fosse una mia scelta, non sarebbe affatto iniziato. Sarebbe già stato. E non finirebbe neanche.”
Con questa frase comincia la dissolvenza di Jim Carrey in Jim Carrey (quello giovane) e di Jim Carrey in Andy Kaufman. Attraverso le domande di Smith infatti veniamo calati lentamente nel set del 1999, in cui Jim Carrey decise di impersonare Kaufman a tempo pieno, ben oltre il ruolo davanti alle cineprese. Per i cinque mesi delle riprese, Jim Carrey lasciò il posto a Andy Kaufman, non solo mimandone lo stile e le apparenze, ma entrando letteralmente nella sua vita — Carrey incontrò durante le riprese anche i genitori di Kaufman, morto prematuramente di cancro nel 1989.
Il documentario quindi, così come il film di Forman, assume ben presto le sembianze di uno studio metafisico, in cui Jim Carrey si rapporta non solo con le sue capacità di immersione in un personaggio, ma, ancor di più, con il concetto stesso di comicità — che Kaufman per primo aveva cercato di ampliare, attraversando e spesso ridisegnandone i confini. Per tutto il documentario le invenzioni comiche di Andy Kaufman – dal lip sync al wrestling femminile – si sovrappongono alla descrizione dell’impersonificazione di Carrey che si cimenta non solo con Kaufman, ma anche con Tony Clifton, il misogino, iracondo e ubriacone personaggio inventato dallo stesso Kaufman per dare sfogo a un umorismo politicamente scorretto.
La bravura di Smith (e del suo montatore, Barry Poltermann) risiede nell’affiancare le vite dei due comici con la dovuta messa a fuoco, in modo da costruire un ponte narrativo (che altro non è che il set di Man on the Moon) in grado di far parlare indirettamente i due attori tra di loro, senza però confondere i piani dell’azione.
Dal documentario, non esce solo la ricostruzione della produzione di Man on the Moon, ma anche, e soprattutto, un’acuta riflessione su cosa significhi costruire una risata. Qual è il grado di immersione che un attore o un comico deve raggiungere per poter liberarsi da qualsiasi peso e aspettativa? La risposta sembra poggiare su un grado di dissolvenza esistenziale e personale che va ben oltre il copione o la battuta, in grado quindi di ignorare qualsiasi preoccupazione personale e del pubblico. “È come se fossi entrato in uno stato di fuga e Hyde si fosse presentato. Io ho un Hyde dentro di me che appare quando le persone mi stanno guardando, quando mi danno un microfono Jim scompare e Hyde viene fuori. Ma è un Hyde buono, desideroso di far divertire le persone.” afferma Carrey durante il documentario.
E allora Jim Carrey smette di esistere, così come smettono di esistere anche Andy Kaufman, Jim Carrey che interpreta Andy Kaufman, Tony Clifton interpretato da Andy Kaufman e Jim Carrey che interpreta Tony Clifton, lasciando solo quel filo rosso che è la potenza inaspettata e imprevedibile della risata, vero legame con il pubblico.
Con Jim & Andy ritroviamo un Jim Carrey esistenzialista, già anticipato da qualche sua apparizione pubblica e da un breve documentario sul suo lato artistico I Needed Color, privo di quelle sue movenze da geco e della sua maschera facciale in continuo movimento. Viene da chiedersi se l’immobilità (e la tristezza) di Carrey sia dovuta, in parte, a una condizione della comicità che difficilmente oggi accetta atteggiamenti così provocatori e scorretti, come erano quelli di Andy Kaufman.
E forse, quello che Kaufman e Carrey hanno sempre voluto dirci è che dobbiamo slegarci dalle strutture astratte che ci sono state costruite intorno — solo così il grande oltre del titolo, la luna, si renderà accessibile. Ecco perché un non ritorno, perché non ci può essere un ritorno se non si è mai partiti, non c’è una fine se non c’è mai stato un inizio.