Due giorni fa è stato presentato il progetto per Gioia 22, il grattacielo che sorgerà nel giro di quattro anni al posto della vecchia sede dell’INPS milanese. Il palazzo sarà il primo interamente costruito con la tecnologia C2C a Milano e, grazie a una serie di pannelli solari, consumerà il 75% in meno rispetto a un grattacielo classico. Il proprietario della struttura sarà il fondo sovrano di Abu Dhabi — il conto in banca dell’emiro — e i lavori saranno svolti da Coima di Manfredi Catella.
Abbiamo cercato di capire meglio questa zona della città con l’aiuto dell’assessore a Urbanistica, Verde e Agricoltura Pierfrancesco Maran.
Via Melchiorre Gioia è probabilmente una delle vie esteticamente più brutte di Milano. Parte dalla frazione di Greco, ingurgita il naviglio della Martesana sotto una colata di cemento e scorre verso il centro città, passando attraverso una zona piuttosto impersonale e alienante, per poi esaurirsi verso Porta Nuova.
La parte finale del tracciato, però, in questi anni è interessata da una grande opera di riqualificazione, che ha significato soprattutto un’intensa attività di costruzione: edifici moderni, grattacieli, scavi di terreni inutilizzati da decenni. In questo scenario, spiccano già oggi il nuovo palazzo della Regione Lombardia e il cantiere della Torre Unipol, destinata ad essere alta quanto il Pirellone.
“Partiamo dal presupposto che non ci potrà essere fine ai lavori di riqualificazione in città, e quindi in Melchiorre Gioia i lavori andranno avanti. Ci sono già delle tappe: ad aprile aprirà il parco della Biblioteca degli alberi. A cascata, poi, seguiranno altri interventi. Non tanto altri grattacieli, quanto azioni per il quartiere. Al momento, a fianco al palazzo di Gioia c’è il cantiere di un altro grande edificio, poco più in là, quello della Torre GalFa,” ci ha spiegato Maran.
Una delle cose più appariscenti che nota chiunque percorra il viale in tutta la sua lunghezza è l’edificio di vetro verdastro costruito a cavallo del viale nel momento in cui questo incrocia la parte esterna della circonvallazione dei bastioni. Il bizzarro palazzo, costruito nel 1966, fino a qualche anno fa ospitava gli uffici anagrafici del Comune di Milano.
“Stiamo provvedendo alla rimozione dell’amianto, che era una delle criticità principali per l’edificio, e valutando le alternative. Nei prossimi giorni (il 20 novembre, ndr) ci sarà l’assegnazione della nuova sede dell’EMA, l’Agenzia Europea del Farmaco. Se riusciremo ad ottenerla per Milano, cambierà la necessità di uffici amministrativi in Gioia. Se no, non è da escludersi un’alienazione, in un’ottica di riduzione dei costi dell’amministrazione.”
La zona compresa tra la stazione Centrale e il Cimitero Monumentale, in realtà, è al centro di macchinose trasformazioni urbane da circa mezzo secolo, che non sempre sono andate a buon fine — anzi.
L’area sarebbe dovuta diventare il nuovo Centro Direzionale di Milano. Il termine, usato a volte ancora oggi, è frutto di un progetto ai limiti del distopico concepito alla fine degli anni ’50, che includeva la demolizione di metà Isola e quartiere Garibaldi, la costruzione di una gigantesca autostrada urbana e la supposta trasformazione dell’area in una piccola Manhattan.
Il progetto naufragò per i costi spropositati e la prevedibile opposizione dei residenti, che non avevano voglia di farsi sfrattare da una colata di cemento. Questo tra l’altro è il motivo per cui viale Fulvio Testi finisce così improvvisamente in piazzale Lagosta — sarebbe dovuto andare dritto e tirare fino all’Arco della Pace, demolendo tutto quanto. Il prevedibile fallimento di questo progetto è stato un vero e proprio disastro urbanistico: per circa trent’anni, tutta la zona che va da via Melchiorre Gioia a Garibaldi è rimasta un gigantesco cantiere abbandonato, occupato da un luna park — il luna park delle Varesine.
I grattacieli di Porta Nuova sono il risultato della riqualificazione dell’area, che in qualche modo è riuscita a riallacciarsi al progetto originario rimanendo nei limiti del possibile tollerabile dal tessuto urbano. Le sproporzioni tra i grattacieli degli anni duemila rispetto alle palazzine di fine Ottocento in Isola e Garibaldi sono evidenti — ma se questo sia un problema o no, è opinione personale.
Uno dei rischi della ristrutturazione edilizia dell’area è invecchiare in fretta, diventando nel giro di pochi anni fuori moda. L’edificio sopraelevato sul viale era un gioiello quando fu costruito, ma è diventato brutto alla svelta. Tutto ciò che vuole essere all’avanguardia corre questo rischio. “Può essere,” ci risponde Maran. “Ma intanto quell’edificio ha contribuito a cambiare il landscape della zona.”
“Mi piace come sono stati creati collegamenti tra la zona di Gioia e l’Isola, arrivando ad ottenere una continuità urbana interessante. Vorremmo fare la stessa cosa con la Fondazione Feltrinelli e l’area di Paolo Sarpi.”
La riqualificazione della via si intreccia anche con il progetto di riapertura dei navigli, su cui il Comune sta lavorando attivamente da quando a Palazzo Marino si è insediato il sindaco Sala. Come già detto, infatti, sotto via Gioia passa il Naviglio della Martesana, il principale tributario della fossa interna — i navigli del centro, per intenderci, quelli che passerebbero dall’Università Statale, Santa Sofia e Piazza Vetra.
“La proposta dell’apertura dei navigli si ferma al momento fino a via Carissimi, 500 metri più fuori rispetto all’area di Gioia interessata. A me convince molto perché è una riapertura del naviglio che interessa soprattutto la periferia. Potrebbe portare valora a tutta l’area di Gioia, che si deve un po’ ritrovare.”
Il 2 novembre, in via Melchiorre Gioia è stato venduto un terreno di proprietà del Comune del valore di 78 milioni di euro.
Il terreno è proprio di fronte agli ex uffici dell’anagrafe, dall’altro lato della strada rispetto a Palazzo Lombardia. Attualmente, il terreno è occupato da un parcheggio, ma nei prossimi anni verrà costruito un palazzo — forse un grattacielo. L’azienda edilizia acquirente, Catella, è stata tra le protagoniste della cospicua attività edilizia dell’area e, secondo alcune indiscrezioni, sarebbe intenzionata a costruire un edificio all’avanguardia a livello tecnico più che semplicemente — come dire — alto.
Per il Comune è stata una cessione molto importante a livello di bilancio. Il Piano Periferie, infatti, prevede spese per 356 milioni di euro, 350 per la rigenerazione di un gran numero di edifici di proprietà comunale. “Ad esempio abbiamo avviato nel quartiere Lorenteggio la demolizione di alcuni edifici, che andavano abbattuti,” ci spiega l’assessore. Questi 78 milioni risultano tra le coperture del piano — sono una parte dei 356, insomma. “Il piano aveva delle disponibilità iniziali per partire, ma le coperture volevano arrivare progressivamente. Questi 78 milioni li avevamo previsti. Eravamo convinti che l’asta sarebbe andata a buon fine e così è stato.”
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