Benvenuti a Eco
la rassegna stampa quindicinale dedicata a energia, ambiente, ecologia e sostenibilità.
In questa puntata: lo zampino della Russia sul referendum curdo, la droga sta uccidendo i lavoratori petroliferi texani, Donald Trump sta uccidendo il pianeta.
1. La Russia c’entra, sempre.
La scorsa settimana abbiamo scritto di come la dichiarata indipendenza del Kurdistan iracheno avesse creato non poche tensioni politiche a livello internazionale, con la chiusura da parte dell’Iran del proprio confine e la minaccia turca di sospendere il flusso di petrolio curdo tramite l’oleodotto Kirkuk-Ceyhan. Anche gli Stati Uniti si sono detti preoccupati per l’effetto del voto sulla stabilità della regione. Il referendum, sebbene osteggiato dai più, si è comunque tenuto. Grazie al supporto di chi? Dei Russi, parrebbe. Appena una settimana prima del voto, infatti, il Kurdistan ha firmato l’ultimo di una lunga serie di accordi commerciali con Rosneft, la principale compagnia petrolifera russa, il cui AD è vicino al presidente russo Putin. Parliamo di operazioni finanziarie―tra prestiti ed investimenti diretti―con risvolti economici notevoli, da centinaia di milioni di dollari. E, in una regione in condizioni economiche disastrose quale è il Kurdistan, non possono che essere accolti a braccia aperte.
2. La droga sta uccidendo i lavoratori petroliferi texani
ottime paghe, mansioni faticose e lunghi orari di lavoro―il tutto condito con una mentalità work hard play hard―sono un mix letale per i lavoratori impiegati nei campi petroliferi del West Texas, dove l’utilizzo di droghe―in particolare metanfetamine, cocaina e oppioidi―è incrementato esponenzialmente negli ultimi anni, complice anche il boom dello shale oil. In particolare, tra il 2009 ed il 2014 il numero di impianti di trivellazione è quintuplicato, e parallelamente i sequestri di metanfetamine da parte delle autorità sono aumentati in maniera preoccupante―“da 3 a 73 nello stesso periodo”. Reuters si è recentemente occupata della questione, notando come i responsabili delle piattaforme non paiano interessati più di tanto al fenomeno, poiché nel breve periodo non intacca la produttività (casomai la aumenta). I datori di lavoro, comunque, iniziano ad avere difficoltà a trovare manodopera locale che non fallisca i test antidroga, obbligatori sia al momento dell’assunzione sia nel corso dell’impiego.
3. The Trump Effect
Quelli di Reuters non restano con le mani in mano, e a fine settembre hanno lanciato il progetto The Trump Effect: Tracking the Impact of the President’s Policies, con lo scopo di monitorare gli effetti delle politiche del presidente Trump in determinati settori strategici, tra cui energy and environment. Ci si trova letteralmente di tutto, dal solare al carbone, per passare alle massicce deregulation degli ultimi mesi. La tendenza a lanciare dei tracker riguardanti le politiche dell’attuale amministrazione è diventata abbastanza marcata, specialmente in campo energetico e ambientale, tant’è che anche la Columbia Law School ne ha lanciato uno proprio, con lo scopo di monitorare i provvedimenti adottati dall’amministrazione e dal Congresso per indebolire l’attuale legislazione federale sulla mitigazione dei cambiamenti climatici.
4. Gli europei volano a Washington
Cosa ne sarà dell’accordo sul nucleare iraniano, stretto nel 2015 tra Iran, USA, Unione Europea, membri permanenti del consiglio di sicurezza dell’ONU e Germania, sotto l’attuale amministrazione americana? Ad oggi le speculazioni sono molte, le certezze poche―il Presidente deve comunicare la propria posizione al riguardo entro il 15 di ottobre. Nel dubbio gli Europei hanno iniziato a preoccuparsi, e non sono rimasti immobili. Parecchi media internazionali hanno scritto di un’intensissima attività di lobbying da parte di diplomatici e rappresentanti delle principali aziende europee per cercare di mantenere l’accordo valido anche in caso Trump lo definisse pubblicamente “non nell’interesse della sicurezza nazionale” degli Stati Uniti. Il timore, infatti, è che gli USA possano ostacolare gli investimenti europei in Iran, nel caso ufficializzassero un loro passo indietro.
5. Inquinanti nella falda acquifera di Rotondella
Secondo un comunicato rilasciato il 14 settembre dall’ufficio stampa della regione Basilicata, l’impianto ITREC di Rotondella, in provincia di Matera, avrebbe rilasciato nella sottostante falda acquifera alcune sostanze cancerogene, tra cui cadmio e cromo esavalente. I cittadini sono allarmati dal fatto che l’ITREC si trovi all’interno del complesso Enea “Trisaia”, un centro di stoccaggio per scorie nucleari di media e alta radioattività, finito nell’occhio della procura di Matera per malagestione, soprattutto in relazione alla contabilità del materiale radioattivo. Secondo le indiscrezioni, le filtrazioni di inquinanti sarebbero state rilevate per la prima volta nel giugno del 2015, e sarebbero legate alle attività di decommissioning iniziate nel 2012 dalla SOGIN, la società che tutt’ora si occupa della gestione e dello smaltimento del combustibile nucleare in Italia. Ad alimentare ulteriormente i timori c’è il fatto che solo qualche anno fa la cronaca locale aveva già evidenziato una serie di anomalie nel funzionamento dell’ITREC.
6. #MapOfTheWeek
Questa settimana vi proponiamo la mappa definitiva riguardante l’inquinamento dell’aria nel mondo; vi permette di verificare in tempo reale i livelli di inquinamento di più di sessanta paesi―misurati tramite l’AQI, l’Air quality index, su una scala da 0 a 500―e di scoprire quale sia l’impatto sulla vostra salute dell’aria che respirate. Potete anche scoprire quali inquinanti sono presenti e in quale misura. Curiosità: per respirare aria pulita la Turchia è un postaccio.
Eco è a cura di Giovanni Scomparin, Nicolò Florenzio e Tommaso Sansone.
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