Che cos’è e come funziona il dissalatore a osmosi inversa di Ustica

Siamo stati al dissalatore di Ustica, un impianto innovativo basato sul principio dell’osmosi inversa, che garantisce agli isolani acqua potabile per tutto l’anno.

Che cos’è e come funziona il dissalatore a osmosi inversa di Ustica

Siamo stati al dissalatore di Ustica, un impianto innovativo basato sul principio dell’osmosi inversa, che garantisce agli isolani acqua potabile per tutto l’anno.

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Ustica è un’isola solitaria a 67 km nord da Palermo e si contende con Pantelleria il titolo di “perla nera del Mediterraneo,” per via delle rocce laviche di color scuro che compongono i suoi litorali.

Gli antichi greci, però, la chiamavano Osteodes, (Οστεώδες) “ossario”, un nome che fa riferimento ai resti di mercenari che vi sarebbero morti di sete.

La scarsità della risorsa idrica è ancora oggi un problema ben noto a chiunque abbia passato almeno qualche giorno di vacanza su una piccola isola degli arcipelaghi siciliani: l’acqua corrente spesso non è potabile o non sempre disponibile durante l’arco della giornata.

Ustica fortunatamente non soffre di questo problema, poichè dotata di un innovativo impianto di dissalazione, che preleva l’acqua direttamente dal mare per poi depurarla e inviarla all’acquedotto.

Per gentile concessione del personale, abbiamo potuto visitare il dissalatore.

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L’acqua salata viene prelevata da un imbocco posizionato sul fondale marino (a distanza di sicurezza dagli organismi dell’ecosistema) e attraversa una griglia che serve a tenere i corpi solidi macroscopici fuori dal condotto; quindi raggiunge le pompe di sollevamento e viene spinta fino al dissalatore, posizionato alla sommità di un rilievo locale.

All’ingresso del complesso, un primo gruppo di turbomacchine convoglia il liquido verso tre stadi di depurazione.

Come primo, la sabbia e i fanghi eventualmente mescolati all’acqua vengono rimossi da un apposito prefiltro o filtro autopulente, secondariamente il fluido viene indirizzato nei filtri a cartuccia, che ne catturano le polveri, anche molto sottili, quasi sempre presenti a causa dell’inquinamento atmosferico diffuso.

A questo punto, il circuito idraulico prosegue con un compressore ad alta potenza, che aumenta drasticamente la pressione dell’acqua e la proietta verso il terzo e ultimo filtro, vero responsabile della dissalazione: il filtro a membrana.

La turbomacchina ad alta pressione e una batteria di filtri a membrana
La turbomacchina ad alta pressione e una batteria di filtri a membrana

Quest’ultimo funziona grazie al principio dell’osmosi inversa, ossia un processo osmotico artificiale tale per cui il movimento delle particelle avviene in senso contrario rispetto a quello che assumerebbe in condizioni naturali.

In particolare, grazie all’elevata pressione generata dal compressore, l’acqua di mare viene vigorosamente pompata attraverso le membrane cilindriche: le molecole di sale vi rimangono intrappolate, mentre all’altra estremità fuoriesce H2O pura.

L’acqua desalinizzata (chiamata in gergo “permeato”) viene quindi stoccata in un serbatoio detto “vasca bianca”, dove viene sottoposta ad analisi chimico-fisiche atte a verificarne il grado di purezza.

Terminato il processo di dissalazione, inizia quello di potabilizzazione.

L’acqua pura infatti non è potabile, o meglio, non è dissetante, perché non contiene i sali minerali che occorrono al corpo umano per svolgere le proprie funzioni fisiologiche.

Il permeato viene allora trasferito dalla vasca bianca alle cisterne di miscelazione, dove vengono aggiunti ipoclorito di sodio, bicarbonato di sodio, cloruro di calcio e una piccola dose di acqua di mare proveniente dal secondo stadio di filtrazione.

In essa sono contenute le concentrazioni minime di quegli elementi che non possono essere trasportati o conservati sull’isola per motivi economici o logistici, come ad esempio il potassio, il magnesio, lo zolfo e il fluoro.

I serbatoi di sali minerali e le cisterne di miscelazione
I serbatoi di sali minerali e le cisterne di miscelazione

Infine, l’acqua divenuta potabile viene inviata dalle cisterne ad una sala di pompaggio, dove un gruppo di turbomacchine la immette nelle condotte esterne e la spinge fino al serbatoio dell’acquedotto, che provvederà a distribuirla a tutti gli edifici di Ustica.

Abbiamo fatto quattro chiacchere con gli addetti alla sala macchine, che ci hanno parlato come l’innovazione tecnologica collegata all’osmosi inversa abbia rivoluzionato l’impianto di Ustica.

Con questo impianto, che portata si ottiene?

“Con una pressione in ingresso di 4 bar riusciamo a prelevare 90 m3/h e a renderne potabile circa 66 m3/h.”

È più del 70%, mi sembra un buon risultato.

“È un ottimo risultato, ed è grazie all’osmosi inversa. Prima non era così.”

Ci raccontano che il complesso è stato costruito a Ustica nel 2001, ma inizialmente la desalinizzazione veniva ottenuta tramite distillazione, ossia facendo evaporare l’acqua salata mediante apporto di calore e poi facendola ricondensare nella vasca bianca tramite refrigerazione.

Questo processo però, richiedeva una quantità di energia molto superiore rispetto a quella consumata da un impianto ad osmosi inversa, tanto che in precedenza l’edificio possedeva una propria centrale termoelettrica con cui generava sia l’elettricità necessaria all’alimentazione delle macchine, sia il calore necessario a far evaporare l’acqua.

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Poi nel 2015 avviene la conversione: i gruppi elettrogeni vengono rimpiazzati da un grosso trasformatore e le attrezzature per la distillazione vengono sostituite dai filtri a membrana.

È la svolta.

“Da 400÷500 chilowatt che consumavamo quando avevamo il gasolio siamo passati a soli 150, abbiamo aumentato la portata potabile e, anche considerando i costi per lo smaltimento dei filtri esausti, abbiamo tagliato le spese di oltre il 50%”, sentenzia con aria soddisfatta uno degli operatori.

La centrale termoelettrica richiedeva infatti un costante apporto di idrocarburi tramite nave cisterna, dal quale discendevano tutta una serie di costi aggiuntivi, come lo stipendio dell’equipaggio, il prezzo del petrolio, l’alimentazione e la manutenzione delle macchine per il trasbordo della risorsa.

“Adesso prendiamo l’energia che ci serve dalla centrale del paese e facciamo tutto anche meglio.”

Avete mai avuto problemi di carenza idrica?

“Mai. Almeno non mi risulta da quando sono qui.”

Il tecnico parla inoltre di come il passaggio dalla configurazione termica a quella puramente idraulica abbia portato anche altri benefici, come l’automatizzazione di tutto il complesso, che permette ai locali di lavorare al dissalatore con una semplice formazione da idraulico.

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La sala pompe, da dove l’acqua potabile viene inviata all’acquedotto

L’aumento della portata potabile ha inoltre consentito alla popolazione un di utilizzare in modo meno restrittivo l’acqua corrente, fatto che ha determinato un miglioramento nel comfort quotidiano e la possibilità di impiegare la risorsa idrica per fini agricoli, anche d’estate, contrariamente al razionamento che viene solitamente attuato in altri arcipelaghi o centri abitati della Sicilia.

L’abbandono dell’apparato di distillazione rappresenta inoltre la mossa definitiva nell’accentramento della produzione di elettricità sull’isola – la cui unica fonte è ora la centrale a gasolio del Villaggio dei Pescatori – nonché un importante passo avanti per la transizione verso un sistema energetico rinnovabile.

Infatti, come peraltro evidenziato dai layer tematici dell’International Renewable Energy Agency, Ustica è esposta tutto l’anno ad un’intensità solare media di almeno 1500 kWh/m2, rendendola il posto ideale per l’installazione di pannelli solari.

Trattandosi inoltre di un’isola, anche il vento abbonda, e nel territorio settentrionale raggiunge valori medi pari a 9÷8 m/s, con picchi di maestrale anche superiori.

Il vento freddo di Nord-Ovest che spazza periodicamente Ustica potrebbe non solo alimentare diverse turbine eoliche (magari di taglia domestica, in modo da non impattare sulla linea del paesaggio), ma avrebbe anche il beneficio di raffreddare i moduli fotovoltaici, consentendo così un’efficienza di produzione anche superiore a quella che si otterrebbe in zone anche più soleggiate ma meno ventilate.

Del resto, la storia del dissalatore insegna: oltre al beneficio ambientale, la transizione verso un sistema non inquinante porta benefici soprattutto a livello economico.


The Submarine ringrazia il personale del dissalatore per averci guidato nella visita all’impianto. Si ringrazia inoltre il personale dell’Area Marina Protetta di Ustica, in particolare i responsabili Cesare Agostini e Giuseppe “Peppino” Zanca.