Fotografare Milano, una città di migrazione
DIAFRAMMA || Questo mese, un’edizione speciale: tutti i giorni un progetto tratto dal corso di Fotografia per l’Architettura presso la Scuola di Architettura e Società del Politecnico di Milano.
in copertina foto di Xiao Sha, da “Immigration graffiti and immigrants”
Diaframma è la nostra rubrica–galleria di fotografia e fotogiornalismo. Ogni settimana, una conversazione a quattr’occhi con un fotografo, e un progetto che sveliamo giorno dopo giorno su Instagram.
Per questo mese, un’edizione speciale: tutti i giorni ospiteremo un progetto tratto dal corso di Fotografia per l’Architettura presso la Scuola di Architettura e Società del Politecnico di Milano.
Negli ultimi tre anni il corso ha avuto oltre 500 studenti. Ognuno di loro ha sviluppato un lavoro individuale sulla città di Milano.
L’obiettivo del corso è formare un discorso unico tra fotografia e architettura, da un punto di vista umano — distruggendo i generi, per capire come la fotografia può aiutare il mondo. Il progetto ha sicuramente rappresentato una sfida anche per la provenienza degli studenti: più del 70% viene al Politecnico di Milano dall’estero e anche tra gli italiani pochi sono quelli sempre vissuti a Milano: è la città, vista per la prima volta da occhi nuovi.
Dal 2015, a tenere il corso è Giovanni Hänninen che ha risposto alle nostre domande.
Anno Accademico 2016–2017:
Milan: a city of migration
Per questo anno avete pensato ad un tema complicato da affrontare per un neofita: come è stata la risposta da parte degli studenti? Cosa avete chiesto loro?
Il tema della migrazione è molto caldo e porta con se una iconografia spesso fin troppo definita. Ho deciso questo tema a corso già iniziato, dopo essere tornato dal Senegal dove sto portando avanti un progetto sulla migrazione con la Josef and Anni Albers Foundation. Lì ho capito, più che mai, che il tema della migrazione è universale e ci coinvolge tutti, indipendentemente dalla nostra provenienza.
La risposta è stata molto positiva, accompagnata anche dal forte impegno di ciascuno studente di affrontare il tema con una chiave d’interpretazione personale. Abbiamo chiesto di raccontare il ruolo della città rispetto al fenomeno della migrazione, evitando di soffermarsi solo sugli avvenimenti recenti, legati alla crisi europea dei migranti che negli ultimi 10 anni ha ridefinito l’assetto geopolitico del continente, ma aprendo a una riflessione più ampia sul tema e sempre focalizzata sugli spazi, le architetture e gli usi.
Dalla migrazione economica interna, che per tutto il XX secolo ha interessato flussi di forza lavoro proveniente dal sud Italia verso Milano, ai fenomeni contemporanei di migrazione internazionale legata allo studio, al lavoro o alla Moda. Dalle influenze esterne che nel corso della storia hanno plasmato la città e di cui è possibile leggere le stratificazioni: Spagnola, Asburgica e Napoleonica nei secoli passati, fino ad arrivare alle comunità contemporanee quali quelle cinesi e africane.
In quali termini a Milano, il fenomeno della migrazione in tutte le sue forme ha contribuito a definire la “forma urbis”? In che modo il fenomeno ha influenzato lo sviluppo dell’ambiente urbano? Quali sono le dinamiche dietro alle scelte di un’area d’insediamento nella città da parte di una comunità etnica specifica? Fino a che punto e in che modo la migrazione interessa gli aspetti di vita comunitaria a Milano?
Studenti italiani e stranieri hanno la stessa sensibilità nei confronti della città? Immagino le revisioni dei lavori siano momenti di grande arricchimento reciproco.
Direi di sì. Gli studenti italiani sono ovviamente favoriti da una maggiore conoscenza degli aspetti storici, sociali e politici del territorio. Ma lo sguardo nuovo rispetto alla città e la ricerca approfondita sui luoghi scelti da parte degli studenti stranieri tende ad equilibrare le componenti portando spesso a delle scoperte assolutamente inaspettate. Le revisioni sono un momento fondamentale del lavoro a tal punto che ne richiediamo due obbligatorie per poter accedere all’esame da frequentante. È il momento in cui si ha un rapporto diretto con lo studente e le sue idee, dove è possibile vedere svilupparsi il percorso creativo individuale, dove si comprende il processo di selezione e di creazione di una storia per immagini. Per questo motivo è anche importante fare un passo indietro rispetto alle indicazioni da fornire, non sovrapponendosi, ma favorendo la responsabilità delle scelte autoriali dello studente.
I lavori che abbiamo presentato, così come tutti gli altri presenti nelle pubblicazioni sono individuali. Come mai questa scelta?
La pratica fotografica è di per sé un’attività fortemente individuale, un’interpretazione della realtà da una prospettiva soggettiva. Eccetto alcune esercitazioni di gruppo sulle mappe e sull’editing il lavoro finale, a partire dagli esercizi di tecnica alla scelta del luogo e dei testi per l’esame, è finalizzato alla maturazione di una visione fotografica personale, una presa di posizione sul mondo frutto di una riflessione pratica, teorica e di ricerca sull’area selezionata.
Cosa avete imparato dagli studenti?
In questi tre anni abbiamo imparato molto dagli studenti. La cosa più importante personalmente è l’aver imparato ad ascoltare gli studenti, a lasciargli libertà espressiva mantenendo allo stesso tempo il rigore e la struttura di un progetto. In tutti i corsi abbiamo scoperto luoghi nascosti e intimi. Siamo stati accompagnati alla scoperta di spazi nuovi o già conosciuti, ma sempre con uno sguardo nuovo e sempre autentico
Aspetto il prossimo anno per scoprire nuovi luoghi e nuove avventure con gli studenti che arriveranno!