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È un avvicinamento, quello tra Parigi e Berlino, previsto dai commentatori politici già all’alba delle presidenziali francesi.

Bruxelles — Se due indizi fanno una prova, la conferenza stampa congiunta della cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Emmanuel Macron al termine dello scorso Consiglio europeo è stata la conferma definitiva del “nuovo” corso che potrebbe prendere l’Unione Europea (Ue) nei prossimi mesi. Un avvicinamento, quello tra Parigi e Berlino, previsto dai commentatori politici già all’alba delle presidenziali francesi, quando si diceva che una vittoria di Macron — unico candidato apertamente europeista — avrebbe favorito il (ri)formarsi di un asse franco—tedesco in Europa.

L’intenzione del nuovo presidente francese è stata chiara fin dall’inizio del suo mandato, visto che già all’indomani della sua elezione Macron si era recato a Berlino a rendere visita a Merkel.

A suggellare la rinnovata concordia franco-tedesca, venerdì scorso è arrivata la decisione di Merkel e Macron di tenere una conferenza congiunta al termine della riunione dei capi di stato e di governo dell’Ue. L’idea dei due leader di unire i propri sforzi sembra nascere da uno scopo nobile, cioè dall’idea — ribadita dallo stesso Macron in diverse occasioni — che “quando Francia e Germania non sono d’accordo l’Europa non avanza”. Vista in quest’ottica, l’unione d’intenti — peraltro tutta ancora da verificare nel concreto — tra i due Paesi europei storicamente più forti (e litigiosi) è di buon auspicio. L’Ue trarrebbe vantaggio dall’intesa programmatica di Parigi e Berlino sui principali dossiers, dalla riforma dell’eurozona a quella del sistema d’asilo europeo, fino alla difesa comune. Ciò che sostiene Macron in gran parte è vero: se Francia e Germania sono divise è molto più difficile trovare un accordo tra gli altri 26 (o 25 senza il Regno Unito).

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Per come si sta concretizzando, tuttavia, l’asse franco—tedesco lascia più di un dubbio sui suoi effettivi benefici. Specie se, andando oltre agli interessi di Parigi e Berlino, si pensa alle conseguenze per l’Europa intera. “Non ci sono soluzioni europee pertinenti se non sono prima pertinenti per Francia e Germania”, ha affermato Macron con un misto di insolenza e pragmatismo nel corso della conferenza con Merkel venerdì scorso. Parole che sapevano di monito e che non saranno suonate per nulla rassicuranti nelle cancellerie degli altri Paesi dell’Ue. Se fino a quel momento l’asse franco—tedesco lasciava spazio a spiragli, il messaggio del presidente francese da Bruxelles è stato chiaro: l’Europa si cambia, nel senso che piace a noi, dove per noi si intende Francia, ma soprattutto Germania.

L’idea dell’Ue emersa dall’ultimo Consiglio europeo sembra quella di un’Europa bicefala, guidata da Parigi e Berlino. Una tale immagine è mostruosa per diversi motivi, in primis perché mette a rischio la già fragile legittimità politica dell’Ue. Se da un lato infatti l’idea di una spinta franco-tedesca potrebbe essere necessaria per far ripartire l’Europa in un momento di crisi come quello attuale, difficilmente suona come vincente l’esclusione degli altri partner europei dal fulcro della discussione, su tutti Italia e Spagna. Una Ue guidata principalmente da Francia e Germania confermerebbe l’odiosa idea già radicata nella testa di molti cittadini europei di un’Europa divisa in nazioni di Serie A e B. Inoltre, molti cittadini degli Stati che resterebbero “esclusi” dalla cabina di controllo europea vedrebbero ancora più distante un’Europa della quale già ora non comprendono (per diversi motivi) l’importanza e i benefici concreti. Nella peggiore delle ipotesi, l’alleanza tra Parigi e Berlino, pensata per migliorare l’Europa e darle maggiore legittimità, avrebbe un effetto boomerang, accrescendo ulteriormente l’ostilità nei confronti dell’Ue da parte dei cittadini europei.

Il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schauble (foto CC Wikimedia Commons)
Il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schauble (foto CC Wikimedia Commons)

C’è poi un motivo ancor più concreto per non vedere di buon occhio il nuovo corso europeo, come piace a Macron e Merkel, a Bruxelles già soprannominati “M&Ms”. Sta nel fatto che l’intesa franco—tedesca potrebbe favorire nei fatti, oltre che nelle apparenze, i due Paesi più potenti d’Europa, mettendo da parte gli interessi degli Stati più deboli. Prendiamo il caso della riforma delle regole dell’euro: come pensare che un compromesso tra Francia e Germania, dove la seconda resta in netta posizione di forza, possa portare a soluzioni compatibili con quelle di Paesi come Italia, Spagna, Portogallo, per non parlare della Grecia? Se la zona euro manca di alcune regole fondamentali per un’unione monetaria, ciò dipende anche dalle mancanze di Berlino, che non si è ancora smarcata dal dogma dell’austerità ad ogni costo che tanto piace al ministro delle finanze Schäuble. Così, l’unione di intenti tra Francia e Germania potrebbe nascondere di fatto un’ulteriore germanizzazione dell’Europa, con qualche goccia di leadership francese. Una ricetta perfetta per portare il vecchio continente verso il baratro piuttosto che aiutarlo a rialzarsi.

Infine, un’alleanza su questa base lascia presagire un’ulteriore svolta inter—governativa nell’Ue, lontana da qualsiasi ideale di democrazia e trasparenza. Se su ogni dossier comunitario si dovesse partire da un’intesa tacita fatta di scambi di favore tra Germania e Francia, sarebbe dura parlare di un risultato positivo anche in caso di passi avanti sostanziali. Semmai, si avrebbero ancora una volta decisioni prese lontano dagli sguardi indiscreti di parlamentari e giornalisti, riforme negoziate nelle riunioni a porte chiuse, senza consultare i cittadini europei. Per questi motivi l’idea di un’Europa a due teste è mostruosa, ed è molto lontana dal cambiamento di cui ha bisogno l’Ue. Un cambiamento che dovrà invece passare da un più forte coinvolgimento democratico e una maggiore giustizia sociale per i cittadini europei.


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