Benvenuti a Eco
la rassegna stampa settimanale dedicata a energia, ambiente, ecologia e sostenibilità.
In questa puntata, buone notizie: le emissioni globali di CO2 non sono aumentate per il terzo anno consecutivo, nonostante sia cresciuta l’economia. Chissà cosa ne pensa Rex Tillerson — o meglio Wayne Tracker?
1. Rex “Wayne Tracker” Tillerson
L’attuale Segretario di Stato, Rex Tillerson, quando era CEO di ExxonMobil, utilizzava uno pseudonimo — Wayne Tracker — per discutere con i propri collaboratori, tra gli altri argomenti, di questioni inerenti al cambiamento climatico; è quanto sostenuto dal procuratore generale di New York, Eric Schneiderman, nell’ambito di un’inchiesta per frode che vede imputata Exxon. A quanto pare, l’account stato utilizzato dal 2008 al 2015. Pur non essendo un ambientalista, Tillerson non può neppure essere considerato un negazionista climatico — da CEO di Exxon ha appoggiato l’accordo sul clima di Parigi e una carbon tax, sebbene in molti abbiano sospettato che si trattasse di puro marketing. La vicenda, ad ogni modo, è quantomeno imbarazzante: anche se il contenuto specifico delle e-mail non è stato reso noto, si potrebbe pensare che la dirigenza di ExxonMobil fosse chiaramente a conoscenza dei problemi legati al cambiamento climatico e, pur di non ammettere pubblicamente la loro esistenza, abbia utilizzato appositi canali di comunicazione secondari.
2. Russia e Arabia Saudita si riavvicinano
L’accordo relativo al taglio della produzione di petrolio siglato tra paesi OPEC e non-OPEC a novembre ha avuto una formidabile conseguenza politica: ha portato a far discutere — e con successo — paesi tra loro storicamente in competizione, in particolare la Russia — che non fa parte dell’OPEC — e l’Arabia Saudita — che dell’OPEC è il capofila. La partecipazione della Russia all’accordo è stata fondamentale e, a quanto pare, Putin avrebbe telefonato personalmente al presidente iraniano Rouhani — irritato per le condizioni poste dai Sauditi — per sbloccare l’accordo. Gli Stati Uniti si trovano così in una situazione complicata: sebbene siano storici alleati dei Sauditi, negli ultimi anni il rapporto si è incrinato, e ha perso parte della propria importanza, anche a seguito del collasso dell’Unione Sovietica. Il rischio di lasciare riavvicinare eccessivamente i due paesi, però, è grande, e spetterà all’amministrazione Trump prendere una decisione — che potrebbe avere conseguenze notevoli sul lungo periodo.
3. Stiamo tutti molto calmi
Il timore che l’accordo di novembre tra paesi OPEC e non-OPEC si riveli un fiasco pare agitare i sonni di molti produttori di petrolio. L’IEA, però, ha invitato tutti a darsi una calmata: nei mesi immediatamente precedenti l’accordo, cioè tra settembre e novembre, la produzione OPEC è aumentata di ben 580 kb/d — un “kilobarrel per day” equivale a mille barili di petrolio al giorno — mentre quella statunitense è aumentata di 400 kb/d rispetto all’anno precedente. C’è, dunque, un’offerta arretrata enorme ancora da smaltire, e l’IEA sostiene che, a meno di profondi cambiamenti nelle dinamiche di domanda e offerta, bisognerà aspettare fino a giugno per vedere gli effetti dell’accordo.
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4. A Brooklyn hanno una marcia in più
New York ha preso il tema dell’energia solare seriamente — guardare la mappa per credere. A Brooklyn i cittadini vogliono fare di più, cercando almeno in parte di bypassare le compagnie elettriche locali, tramite un progetto chiamato Brooklyn Microgrid. L’obiettivo è quello di creare un circolo virtuoso, grazie a cui i cittadini sono in grado di rivendere direttamente ad altri cittadini l’energia in eccesso che producono, diminuendo l’importanza dei classici distributori di energia e migliorando contemporaneamente l’efficienza. Più in generale, il “peer-to-peer power sharing” sta assumendo sempre maggiore importanza — Sonnen, un produttore tedesco di batterie per la casa che ha investito molto in un progetto simile a quello di Brooklyn, aprirà un proprio centro ad Atlanta — anche se sconta una serie di problemi legati a questioni legali: per esempio, quale status ricopre un cittadino che è al contempo consumatore e produttore e, soprattutto, rivende a terzi la propria energia?
5. La bella notizia della settimana
Il mondo utilizza ancora tonnellate di carbone, il petrolio continuerà ad essere tra le principali fonti energetiche nei prossimi anni e i negazionisti climatici abbondano, ma l’IEA questa settimana ci fa tirare un sospiro di sollievo: le emissioni globali di CO2 non sono aumentate per il terzo anno di seguito, nonostante l’economia globale sia cresciuta di più del 3% — questo scollamento tra crescita economica ed emissioni di CO2 è un’ottima notizia, visto che solitamente un aumento della crescita del PIL globale causa un maggior consumo di energia. Il dato è da imputare principalmente all’utilizzo sempre maggiore di rinnovabili — per dire: in Europa l’eolico va fortissimo — e a costanti miglioramenti tecnologici, che hanno permesso di migliorare l’efficienza energetica. L’IEA riporta anche come il gas — considerata una valida fonte energetica di passaggio dai combustibili fossili più inquinanti alle rinnovabili — ormai si avvicini a coprire quasi un quarto dell’energy mix mondiale.
6. La brutta notizia della settimana
Nel caso vi foste entusiasmati a leggere la precedente notizia, niente panico, si può sempre rimediare con ben due brutte notizie. La prima: il presidente Trump pare intenzionato ad abbassare gli standard di efficienza energetica del carburante, facendo un enorme favore all’industria automobilistica e un enorme sgarbo all’economia statunitense (e all’ambiente) sul lungo periodo — i costi calcolati dall’Energy Innovation? Centinaia di miliardi di dollari entro il 2050, principalmente a carico dei consumatori, che, tra le altre cose, dovrebbero spendere molto più denaro in carburante. La seconda: il Parlamento Europeo, in una votazione non vincolante — senza effetti concreti, dunque, ma utile a capire la direzione che si intende prendere in futuro sull’argomento — ha bocciato una proposta relativa al blocco delle esplorazioni artiche per la ricerca di nuovi giacimenti di gas.
Eco è a cura di Giovanni Scomparin, Nicolò Florenzio e Tommaso Sansone.
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