Benvenuti a Eco
la rassegna stampa settimanale dedicata a energia, ambiente, ecologia e sostenibilità.
In questa puntata, inquinamento per tutti i gusti: dalle polveri sottili che soffocano le città al carbone che non passa mai di moda.
1. L’Europa continua la battaglia contro le emissioni inquinanti
Il 15 febbraio il Parlamento Europeo ha introdotto la riforma del precedente sistema anti-emissioni. A fronte del calo dei prezzi per i permessi di emissione — disponibili in quantità limitate, e che avevano avvantaggiato le industrie pesanti negli ultimi anni — sono stati introdotti tagli annuali al loro numero, ed è stata promossa una carbon tax sulle importazioni di cemento — una tra le merci più carbon intensive — che rimette sullo stesso piano di competitività i produttori stranieri e quelli europei. La riforma è stata accolta tiepidamente: gli ambientalisti si aspettavano misure più severe e l’industria metallurgica avrebbe desiderato la stessa protezione garantita al settore del cemento.
2. Qualcosa di diverso
Sfruttando il fatto di avere corrispondenti e collaboratori un po’ dappertutto nel mondo, al Guardian qualche giorno fa hanno avuto un’idea brillante, per parlare di inquinamento atmosferico in maniera diversa dal solito. Seguendo idealmente il sole dal sorgere al tramonto, ogni giornalista è intervenuto in diretta da alcune tra le città più inquinate al mondo — qui potete farvi un’idea di quali siano — riportando dati, interviste e scattando foto. Risultato? La situazione mondiale è preoccupante — lettori di Eco: aprite quest’ultimo link, perché abbiamo un planisfero tridimensionale dello stato dell’arte.
3. A Milano non si respira
utilizzando i dati della World Health Organization, il Guardian ha costruito un database grafico che mostra la relazione tra i livelli di inquinamento da particolato (PM 2.5) e i rischi per la salute, soprattutto a livello cardiaco. Città peggiore in Italia è Milano che, con una media del PM 2.5 pari a 30 µg/m³, presenta un livello di inquinamento quasi doppio rispetto alla media europea; basti pensare che nel 2016 il limite di 35 giorni oltre la soglia massima di PM 2.5 era stato infranto già ad ottobre. Secondo la WHO dunque, il rischio per i milanesi di contrarre una malattia respiratoria acuta, un’ischemia miocardica o un ictus è superiore rispettivamente del 23%, del 61% e del 68% paragonato a chi vive in zone rurali incontaminate — categoria in cui sicuramente non rientra la campagna lombarda.
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4. L’Arabia Saudita si sta stancando del petrolio
Negli anni ‘70 l’OPEC aveva letteralmente il controllo del petrolio mondiale — nel ‘73 se ne ebbe la prova tangibile. Da allora la situazione è cambiata, e sebbene l’organizzazione rimanga un attore politico importante a livello mondiale, i fasti non sono più quelli di un tempo. I suoi membri hanno iniziato a capire che il mondo potrebbe avere sempre meno bisogno di petrolio, tant’è che l’Arabia Saudita, capofila del cartello, pare ormai intenzionata a ridurre la propria dipendenza dagli idrocarburi sul lungo periodo: nella prima puntata di Eco avevamo riportato come Saudi Aramco fosse intenzionata a investire nel settore delle rinnovabili, con l’intenzione di diversificare il proprio portafoglio. Da un paio di giorni sono disponibili maggiori dettagli: il governo saudita vuole sviluppare ogni anno “almeno 10 gigawatt da energie rinnovabili” a partire dal 2023 e puntare maggiormente sull’esportazione di gas naturale, di cui i sauditi sono gli ottavi produttori mondiali, ma che utilizzano esclusivamente per consumi interni — l’estate nel deserto è calda e i condizionatori consumano parecchio.
5. Iran e Oman vogliono un gasdotto tutto loro
I rapporti tra Iran e Oman sono sempre stati piuttosto buoni. A separare i due Stati vi è lo Stretto di Hormuz, che rappresenta una delle aree più cariche di tensioni geopolitiche di tutto il Medio Oriente — osservate la mappa, guardate quanto è stretto, quali paesi vi si affacciano e considerate quanti barili di petrolio lo attraversano. Ora, dopo anni di incertezze, Iran e Oman paiono determinati a collaborare nella costruzione di un gasdotto sottomarino, che dovrebbe diventare operativo entro il 2020 ed unire i due paesi. L’opera avrebbe un valore strategico notevole: l’Iran — terzo produttore mondiale di gas naturale — potrebbe esportare il gas estratto nel North Pars Gas Field fino ai porti dell’Oman, mentre quest’ultimo assumerebbe un ruolo centrale nell’esportazione di energia verso i mercati asiatici, oltre a soddisfare la propria domanda interna.
6. Carbone is the new black
Sebbene porti alla mente miniere ottocentesche e ambienti dickensiani, il carbone è attualmente la seconda fonte (30%) di energia primaria al mondo — ovvero fa parte di quelle fonti sfruttabili senza processi di raffinazione. Cina, India e USA ne sono i principali consumatori mondiali, e per buoni motivi: come ricorda l’International Energy Agency, “il carbone è abbondante, economico, facile da trasportare, immagazzinare ed utilizzare e, inoltre, immune alle tensioni geopolitiche”, tant’è che anche in Europa fa gola a molti Paesi, nonostante i costi altissimi che il suo consumo comporta — e che questa splendida mappa ci illustra perfettamente. Tra l’altro, a voler essere pignoli, l’Unione Europea, secondo un recentissimo report di Climate Analytics, dovrebbe cessare l’utilizzo del carbone entro il 2030, per rispettare gli obiettivi fissati durante la conferenza sul clima di Parigi, tenutasi nel 2015.
Eco è a cura di Giovanni Scomparin, Nicolò Florenzio e Tommaso Sansone.
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