migrazioni

Se visualizziamo le migrazioni degli ultimi quindici anni su scala mondiale, anche usando un’unità grafica molto ristretta — un punto ogni 17 rifugiati — la nostra “emergenza rifugiati” nemmeno si vede.

Quell’emergenza rifugiati che all’Italia sembra così insostenibile, così aggressiva, che non fa dormire tutti razzisti e che fa rilasciare interviste ogni settimana più allucinanti ai ministri dell’interno.

Aprendo la mappa a tutto schermo, l’unità di misura diventa 1:1 e allora si intravvede un po’ di rumore sopra lo stivale.

La mappa, creata alla Carnegie Mellon University di Pittsburgh nel laboratorio Community Robotics, Education, and Technology Empowerment — un acronimo inverso buffo che forma la parola CREATE — è uno strumento potentissimo per superare i preconcetti emotivi che hanno insidiato l’opinione pubblica attraverso la propaganda nazionalista dei partiti di destra (e recentemente, anche di meno destra) del paese.

La retorica per cui il flusso di migrazione della Siria sia principalmente rivolto verso l’Unione Europea è istantaneamente smentito: è immediatamente evidente come le persone si fermino negli stati confinanti, e che solo una microscopica minoranza decida — o meglio, si trovi costretta per concause — ad avventurarsi molto più lontano, verso l’Europa e l’Italia.

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E questo è niente: è sufficiente zoomare verso l’Africa per assistere a flussi migratori ancora più imponenti di quello siriano, storie che mai raggiungono i titoli dei giornali, ma che condividono la stessa drammaticità, e che scegliamo di ignorare, insieme alle nostre colpe.

Nella cronologia della mappa è possibile vedere l’Afghanistan incendiarsi, subito dopo il 2001, dopo l’invasione delle forze statunitensi; nel 2006 è possibile osservare migrazioni verso la Siria, in particolare dal Libano; nel 2013 e 2014 è possibile vedere quante persone sono fuggite dall’Ucraina durante il conflitto.

L’unico flusso degno di nota, su scala mondiale, che ha interessato l’Europa è stato verso la Germania, in particolare di rifugiati iracheni, nel 2009.

Spesso i grafici e le infografiche su questi argomenti hanno effetto contrario al desiderato: eliminano la dimensione umana, raccontando invece solo la realtà dei numeri. E i numeri raccontano la storia giusta — come nel caso di questa emergenza rifugiati — ma non sono sufficienti: non si può pretendere che il pubblico, spesso disincantato o attivamente scettico su questi argomenti, provi empatia per le barre di un grafico. È per risolvere questo nodo di comunicazione che al lab CREATE quattro anni fa hanno iniziato a sviluppare Explorables, il progetto di cui fa parte anche questa mappa: costruire uno strumento che visualizzi le persone — in qualche modo — per raccontare le grandi ingiustizie, dalla disoccupazione all’inquinamento.

Se c’è mai stato un documento che rivela come l’emergenzialità della situazione attuale sia una maschera dietro la quale l’Europa ha deciso di celare la propria incompetenza politica sull’argomento, è questo. Il fenomeno è evidentemente protratto, costante, ed è evidente come su scala continentale si tratti di numeri assolutamente irrisori: l’esatto contrario di un’emergenza.

È un problema da risolvere: da affrontare, con umanità, compassione e soprattutto senso di responsabilità. Invece, in un capolavoro di malvagità, la propaganda ha convinto metà della popolazione di essere “noi” le vittime della situazione. Guardare questi quindici anni ripetersi e ripetersi lungo la timeline della mappa è raggelante, e non potrebbe raccontare una storia più diversa.


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