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Ma i cittadini di Milano sono piuttosto affezionati ai propri tram.

Il tram 23 di Milano stasera farà la sua ultima corsa. Nel nuovo piano sui mezzi dell’ATM, voluto dal comune, la storica linea tranviaria è stata accorpata al 19. Fino a oggi, il 19 andava da Roserio al Castello Sforzesco, mentre d’ora in poi proseguirà il suo percorso lungo via Meravigli, via Larga, per poi proseguire in direzione Lambrate sulla vecchia linea del 23.

I cittadini di Milano sono piuttosto affezionati ai propri tram. Quando negli anni ’50 vennero soppresse le linee del Gambadelegn, i tram a vapore che collegavano il centro città ai comuni della periferia, una folla irragionevole scese per corso Vercelli ad accompagnare il suo ultimo viaggio.

Oggi questo affetto un po’ buffo è rivolto soprattutto verso le vetture storiche, le cosiddette ventotto — perché costruite e in funzione dal 1928 — che con il tempo sono diventate uno dei simboli della città. Il tram 23, in particolare, era una linea servita interamente da vetture storiche ed è stato una delle più amate di Milano, per una breve ma densa serie di motivi:

  • collegava due tra i principali poli universitari cittadini, Città Studi con Festa del Perdono, essendo quindi una delle linee più frequentate dai giovani;
  • compiva un percorso oggettivamente bellissimo attraverso alcuni dei quartieri e delle vie più belli di Milano: via Bixio, viale Piave, piazza Cinque giornate, il Politecnico. Inoltre arrivando da Lambrate in largo Augusto si poteva godere dello scorcio forse in assoluto migliore sul retro del Duomo di Milano;
  • Era comodo: collegava molte zone non particolarmente servite dalla metro a una velocità tutto sommato migliore, o comunque meno peggiore, della maggior parte dei tram grazie alle sedi riservate.

Chi scrive questo articolo ha una lunga serie di ricordi piacevoli legati al tram numero 23, che sono piuttosto personali e di nessuna rilevanza pratica. È rilevante, invece, notare che non solo chi scrive ma anche molte altre persone hanno avuto un sentimento — quasi — di affetto per questo tram.

La questione diventa definitivamente delicata se si pensa alla polemica montante sul futuro di Città Studi, uno degli argomenti destinati a diventare più caldi e difficili da gestire dei prossimi anni. Come è noto, università e comune sono d’accordo nel trasferire le facoltà scientifiche a Rho: questo sta causando un comprensibile timore nei residenti e nei lavoratori della zona, preoccupati della sorte del loro quartiere una volta che l’università se ne sarà andata.


E togliere, o anche solo rinominare, il tram simbolo di Città studi che la collega con il centro non è una buona mossa per tranquillizzare chi ha bisogno di rassicurazioni. La mossa di ATM, ovviamente, non è fatta con alcun intento malevolo e probabilmente non cambierà quasi nulla — anche se c’è già chi fa notare che con un percorso così lungo, da Quarto Oggiaro a Duomo e Lambrate, il tram andrà soggetto a facili ritardi: ma inevitabilmente rinfocolerà il timore di chi vive o lavora a Città Studi di essere abbandonato dalle istituzioni.

Insomma, togliere il 23 non è un errore amministrativo, le cui logiche possono essere discutibili — tagliuzzare ancora una volta un servizio pubblico — ma più che legittime e pratiche: è un errore politico perché, non c’è bisogno di dirlo, la politica si basa anche sulle emozioni delle persone. Più è piccolo il contesto in cui si opera, più le emozioni sono rilevanti: in un contesto cittadino, la sottrazione di un simbolo identitario come un tram storico rischia di essere un evitabile autogol.

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