La Calexit è la richiesta della California di uscire dagli Stati Uniti. Dietro la volontà secessionista si celano dinamiche radicate nella storia politica Americana e le tattiche di destabilizzazione della Russia di Putin.

La Brexit, il protezionismo di Trump e le manovre di destabilizzazione della Russia hanno contribuito – direttamente o indirettamente – ad alimentare i movimenti secessionisti nel mondo. Tra questi il Yes California Independence Campaign, comitato per l’indipendenza della California fondato nel 2015 da  Louis J. Marinelli, attivista politico che intrattiene forti legami con la Russia di Putin, e Marcus Ruiz Evans, suo braccio destro e vicepresidente del movimento. Ma la volontà separatista dello Stato della West Coast ha radici ben più profonde rispetto alle recenti scosse geopolitiche — da ricondurre per buona parte alla storia politica americana e alle complesse relazioni federali degli Stati Uniti.

Nel 2016 il comitato Yes California ha avviato una raccolta firme per poter correggere l’articolo III, Sezione 1 della Costituzione californiana, il quale sancisce lo Stato come “parte inseparabile” degli United States. La Segreteria di Stato ha dichiarato che il movimento per il distacco della California dovrà raccogliere entro giugno 2017 un totale di 585,407 firme per poter approvare la votazione che si terrà nel 2018. Nel caso in cui la proposta di modifica passasse , il 5 marzo 2019 i cittadini della California saranno chiamati a votare per il referendum di indipendenza.

Il tentativo di Marinelli ed Evans non è il primo nella storia politica californiana, ma l’elezione di Donald Trump ha soffiato a favore della barca secessionista. Un’indagine di Reuters ha infatti rilevato che un residente su tre supporta il distacco pacifico dall’Unione, mentre nel 2014 era a favore solo un abitante su cinque. La Calexit – come è stata subito definita dai media – è oggi vista come una risposta pragmatica alla deriva anti-democratica della presidenza Trump.

“Abbiamo notato che c’è un rinnovato supporto per questa iniziativa e noi vogliamo le firme là fuori, specialmente ora che siamo nei primi 100 giorni della presidenza Trump, ovvero quando attuerà le sue politiche più aggressive, che gli abitanti della California rifiuteranno — e hanno rifiutato” ha affermato Marinelli.

Sarebbe però riduttivo arginare il desiderio di indipendenza della California come semplice atto di protesta, nella storia degli Stati Uniti infatti lo Stato ha assistito a più di 200 tentativi di secessione.

Res publica

La Costituzione americana fu progettata dai padri fondatori in maniera tale per cui la rappresentanza degli stati meno popolosi fosse pareggiata rispetto a quelli con un alto numero di abitanti. Furono create una Camera dei rappresentanti, il cui numero di membri è in rapporto al numero di cittadini dei singoli Stati, e il Senato, con due senatori per Stato — permettendo così un equilibrio legislativo all’interno della federazione.

Secondo i costituenti ogni dieci anni il numero di seggi della Camera avrebbe dovuto subire un aumento a seconda del cambiamento demografico degli Stati, ma nel 1929 il Congresso approvò il Permanent Apportionment Act, che limitava a 435 il numero di rappresentanti della Camera — la legge era ovviamente appoggiata dagli Stati più piccoli che si assicuravano così una pari o maggiore influenza politica rispetto a quelli più grandi. Con questo sistema in vigore la California ha, per esempio, una popolazione 66 volte maggiore rispetto a quella del Wyoming, con 53 rappresentanti a tre. Ciò significa che durante il collegio elettorale i voti provenienti dal Wyoming valgono il 360% in più rispetto a quelli della California — creando così una disparità di rappresentanza.

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A partire dagli anni Settanta la California è diventato lo Stato più popoloso degli Stati Uniti e ad oggi conta quasi 39 milioni di abitanti. Oltre ad essere lo Stato con il più alto numero di cittadini, la California è anche uno dei nervi economici dell’America: in particolare l’industria cinematografica e le tech company, il vero core business della West Coast, la renderebbero – in caso di indipendenza – la sesta economia mondiale. Non è un caso dunque che il movimento Yes California abbia sfruttato questo dato così incisivo per costruire una narrativa indipendentista convincente.

Lo stesso Marcus Ruiz Evans, vicepresidente di Yes California, è l’autore del libro Californaia’s Next Century, a detta sua “un piano realistico per l’indipendenza della California per un mondo più pacifico e un’America più prosperosa”. Ma alla base del discorso si pone sempre la retorica del ‘si vivrebbe meglio pagando meno tasse’.

Nelle travagliate elezioni presidenziali del 2016 la California ha sottolineato attraverso il voto popolare il proprio rifiuto per le politiche di Trump, concedendo a Hillary Clinton quasi 9 milioni di voti — il doppio rispetto a quelli andati all’avversario.  È chiaro dunque come l’umore dello Stato sia proiettato verso una scissione spinta da motivazioni di carattere sociale e prospettive economiche.

La questione però si tinge di sfumature più confuse quando alla Calexit si aggiunge la presenza discreta della Russia.

L’ombra del Cremlino

Per promuovere Yes California il presidente Louis Marinelli ha deciso di aprire un avamposto per le relazioni internazionali nel centro di Mosca, con la speranza di raccogliere consensi e supporto da parte di varie potenze estere. “Certo è una decisione un po’ controversa, ma non possiamo diventare una Nazione solo dicendolo. Paesi come la Russia devono dare un contributo” ha affermato.

In una dettagliata inchiesta per Vice News il giornalista Alec Luhn rivela come dietro alla scelta ci sia in realtà l’influenza del Anti-Globalization Movement of Russia, gruppo finanziato dal Cremlino con il preciso intento di favorire i movimenti indipendentisti in tutto il mondo. Così facendo la Russia si assicura la possibilità di continuare la propaganda anti-statunitense sottolineandone le spaccature interne, alimentando allo stesso tempo tali spaccature.

Yes California è solo l’ultima di svariati gruppi politici ad entrare nella tortuosa macchina destabilizzatrice russa: Marine Le Pen – a capo del Fronte Nazionale francese – ha chiesto un prestito di 27 milioni al governo russo per finanziare la campagna politica, ma sotto la lente del Cremlino troviamo anche Austria, Spagna, Irlanda e Porto Rico — tutti Paesi alle prese con le destre alternative o gruppi a favore del secessionismo. Alexander Ionov, presidente del Anti-Globalization Movement, ha negato qualsiasi tentativo di destabilizzare le politiche dei Paesi occidentali, ma i fili che legano la propaganda russa a queste realtà sono più evidenti che mai dopo l’elezione di Trump.

La separazione della California dagli Stati Uniti è molto improbabile, ma così lo erano anche la Brexit e la vittoria di Trump alle elezioni. Sarà compito soprattutto del Partito Democratico arginare queste spinte separatiste poiché nella remota possibilità che la Calexit diventasse realtà il Partito vedrebbe sparire 55 rappresentati tra camera e senato che negli ultimi 25 anni hanno sempre seguito una linea liberal. A trarne vantaggio sarebbero dunque i conservatori del Paese, finalmente liberati dal massiccio blocco della costa ovest che spesso ha influito su scelte politiche grazie al suo pedigree economico oltre che culturale. Per ora sono poche le dichiarazioni politiche sulla questione, ma con l’avvicinarsi della prima votazione nel 2018 i media dovranno iniziare a sviluppare una consistente copertura della Calexit per disinnescare eventuali infiltrazioni di fake news.