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007: Ci mancava solo il figlio di Gheddafi

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La conferenza internazionale di Parigi ha cercato di spianare la strada alle elezioni che il paese aspetta da anni — ma, tra la discesa in campo del figlio di Gheddafi e la presenza scomoda del generale Haftar, non è affatto certo quando si andrà alle urne

 

Venerdì 12 novembre si è tenuta a Parigi una conferenza sulla Libia per cercare di risolvere le tensioni tra le parti coinvolte e portare a una stabilizzazione del paese. Per la prima volta i paesi dell’Unione europea erano sostanzialmente allineati nella questione libica — dopo un decennio che ha visto una vera e propria guerra per procura anche tra paesi membri dell’Ue. La conferenza ha prodotto un documento che spera di velocizzare il processo per ottenere una legge elettorale che vada bene a tutte le parti in causa e stabilire delle sanzioni verso coloro che ostacoleranno le elezioni — oltre al ritiro delle milizie russe.

 

Com’è la situazione in Libia? Dopo il cessate il fuoco dell’ottobre 2020 è stato istituito un governo provvisorio guidato da al-Manfi e Dbeibah, che tenta di unire le due fazioni che si erano combattute con Haftar e Al-Serraj. La Libia esce da un lungo periodo di guerra civile, iniziato con le proteste del 2011 che avevano portato alla cacciata di Gheddafi — e che dopo un periodo di turbolenza aveva portato alla sostanziale divisione del paese in due, con il governo di Haftar a Tobruk e quello di Serraj a Tripoli. 

 

Nel paese si sono combattuti diversi interessi contrapposti, con la Turchia di Erdogan che ha appoggiato i rappresentanti locali della fratellanza musulmana, l’Egitto di al-Sisi a sostenere Haftar. E ovviamente i paesi europei, con la Francia e la Turchia stessa che hanno cercato sostanzialmente di scalzare il ruolo di primo piano che l’Italia ha sempre avuto nel paese dal dopoguerra — soprattutto legato agli interessi della grande multinazionale petrolifera italiana, l’Eni. I colloqui per fissare una data per le elezioni vanno avanti da quasi un anno: non è stato semplice mettere d’accordo tutti. Alla fine si è trovato una data ufficiale per il 24 dicembre, anche se — per usare un eufemismo — non è affatto chiaro se verrà rispettata.

 

Ora che però le urne sembrano essere una possibilità concreta, si iniziano anche a profilare i primi possibili candidati e le relative polemiche: ad esempio quella del figlio del colonnello Gheddafi, Saif Gheddafi, che ha annunciato la sua discesa in campo. Gheddafi è stato a lungo detenuto dalle stesse forze che per lungo tempo l’hanno tenuto incarcerato — nel 2015 Saif Gheddafi era addirittura stato condannato a morte, ma era stato in seguito scarcerato. Anche Haftar in persona ha scelto di candidarsi: condivide con Gheddafi un passato estremamente controverso, dato che entrambi i personaggi sono accusati di crimini di guerra e contro l’umanità — non proprio delle ottime premesse per una pace duratura nel paese.

 

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in copertina, una grafica del 2018 dalla pagina Facebook di Saif Gheddafi

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