Come in un giallo da pochi euro (che si sa, sono i migliori), i colpi di scena nella faccenda LIBERATO si susseguono senza tregua. Ieri sera, sul profilo Facebook dell’Elena Ferrante della musica partenopea, è apparso un link con una traccia dal titolo LIBERATO I.
Il brano è un mashup di tre distinte canzoni: “Tammurriata Nera” di Giovanni Ermete Gaeta ed Edoardo Nicolardi, “Bad Girls” della cantante britannica M.I.A. e “III. telegraph ave. (“Oakland” by Lloyd)” del rapper Childish Gambino.
https://www.youtube.com/watch?v=Xz0g_Lt7VlU
La canzone apre con il suono delle castagnette – la versione mediterranea delle nacchere – di uno dei più famosi brani della tradizione musicale napoletana: “Tammurriata Nera,” composta nel 1944 durante la liberazione d’Italia. Quando a Napoli arrivarono le truppe alleate, divennero frequenti i casi di bambini napoletani nati con la pelle scura — Edoardo Nicolardi, all’epoca dirigente amministrativo dell’ospedale “Loreto Mare”, rimase talmente sconvolto da uno di questi episodi nel reparto maternità da convincere l’amico e musicista Ermete Gaeta a comporre un brano che lo raccontasse. Oggi la canzone è una delle più imprevedibili testimonianze del conflitto mondiale e del fenomeno dei figli della guerra.
Io nun capisco ‘e vvote che succede / e chello ca se vede nun se crede / È nato nu criaturo, è nato niro, / e ‘a mamma ‘o chiamma Giro, / sissignore, ‘o chiamma Giro.
Per chi insomma relegava il fenomeno LIBERATO a semplice “versione trap della neomelodica napoletana”, beh, si sbagliava. Con la citazione alla tradizionale canzone partenopea, l’artista – lui, lei o loro – che si cela dietro alla voce in autotune ci suggerisce che la situazione è più interessante di quanto ci voglia far credere l’umore popolare.
Il post su Facebook ci suggerisce anche un’altra cosa: potremmo effettivamente trovarci di fronte a un collettivo di artisti – come è già stato ipotizzato – uniti per la trollata del secolo ai danni di presunti ascoltatori dall’orecchio fine e di tuttologi dell’indie italiano. L’aggiunta del numero romano “I” infatti assomiglia molto alla tecnica di alienazione individuale adottata da collettivi di autori come Wu Ming, in cui ogni membro è individuato dal nome del collettivo più l’aggiunta di un numero. Se fosse così, si potrebbe anche giustificare la presenza di Calcutta sul palco del MI AMI durante la performance che spettava a LIBERATO.
“Chi è LIBERATO?” oggi risuonerà ancora una volta per i vicoli del web, come in una serie tv di lynchiana memoria. Ma la verità è che, chiunque ci sia dietro al nome LIBERATO, ieri sera ha dimostrato la volontà di farsi avanti — se non in senso strettamente identitario, sicuramente dal punto di vista culturale.