Uno storico risultato nel processo Pfas
Ci sono 11 condanne nel caso contro i manager della Miteni, accusati di aver inquinato le acque del Veneto. Tra le altre notizie: l’UE ha deciso di non sospendere l’accordo di associazione con Israele, le infiltrazioni della polizia in Potere al popolo, e i gruppi contro la dipendenza da chatbot

È il giorno di una sentenza storica per l’inquinamento da Pfas in Veneto: ieri la procura di Vicenza ha comminato 11 condanne a vari manager della Miteni, l’azienda accusata di avere inquinato le falde di una grande zona della regione nel corso degli scorsi decenni. Le richieste dell’accusa sono state sostanzialmente accolte — è stato stabilito che l’azienda è all’origine della contaminazione e provando tutti i reati: disastro ambientale, avvelenamento di acque dedicate all’alimentazione umana, inquinamento ambientale e bancarotta fraudolenta. Le pene comminate sono anche importanti, arrivando a 17 anni di reclusione per quattro manager e di poco inferiori per altri. Ler persone interessate dall’inquinamento sono state circa 350 mila, con 4 mila vittime per malattie collegate all’inquinamento in un arco di tempo di circa trent’anni. (il Fatto Quotidiano)
L’allarme per l’inquinamento da Pfas era iniziato solo nel 2013 con uno studio dell’Irsa e del Cnr sugli Pfas nei fiumi italiani, con le vicende giudiziarie che erano arrivate grazie agli esposti di Legambiente, Medicina democratica e Movimento 5 Stelle, tra gli altri. Invece l’azienda sapeva benissimo dei rischi alla salute collegati a queste sostanze, ma ha continuato con la sua produzione per motivi di profitto: lo ha scoperto un maresciallo del Noe di Treviso, che in una sede periferica della Miteni in Brianza ha scoperto un report sui rischi delle sostanze — che l’azienda ha ovviamente deciso di ignorare. Ora ci sarà da bonificare i danni: come al solito dovrà fare lo stato, che però almeno potrà accedere a un risarcimento di 58 milioni di euro assegnato al ministero dell’Ambiente. (il Post)