14 milioni di voti non sono bastati
Il quorum non è stato raggiunto, ma le forze progressiste ora hanno una base precisa da cui ripartire. Tra le altre notizie: la deportazione del personale della Madleen, i vigilantes anti–migranti nei Paesi bassi, e il videogioco gacha che ha fatto fare sold out alla Divina Commedia

Alle 15 di ieri si sono chiuse le urne ed è stato subito chiaro che i cinque referendum su lavoro e cittadinanza non avevano passato il quorum: l’affluenza si è infatti fermata al 30,58% degli aventi diritto al voto — quasi il 70% non ha votato. La destra ha esultato per la vittoria (?), mentre tra i promotori si è provato ad analizzare la sconfitta, per capire se si poteva salvare qualcosa. Il segretario della Cgil, Maurizio Landini, ha ammesso che “non è una giornata di vittoria,” ma facendo notare che ci sono “oltre 14 milioni di votanti che chiedono risposte: sono un numero importante, un punto di partenza.” Secondo Landini, la politicizzazione dei referendum “non ha permesso di discutere nel merito. Negli ultimi giorni alcuni esponenti di governo interrogati sui quesiti non sapevano i contenuti e contemporaneamente chiedevano di non andare a votare. Un elemento di responsabilità grave. Non stanno mettendo in discussione la Cgil, in gioco c'è la democrazia del Paese.” Landini ha confermato che non intende dimettersi dalla segreteria del sindacato. (ANSA)
La situazione è più tesa in casa Pd, dove fin da prima dei risultati della consultazione le discussioni sul referendum erano più accese. La minoranza di destra del partito, che era scettica sui referendum sul lavoro, ha colto al volo l’occasione per attaccare la segreteria Schlein, in particolare Pina Picierno — che da vicepresiente dell’europarlamento ha prontamente twittato sui referendum ma è rimasta zitta sul rapimento israeliano dell’europarlamentare francese Rima Hasan. Le critiche da questa parte accusano la segreteria di essere stata “ideologica” e aver provato a utilizzare i referendum come strumento per regolare i conti con la corrente di destra del partito, per la quale il Jobs act è una specie di totem identitario. La segretaria ha usato la linea difensiva che era già nota nei giorni scorsi: considerare il superamento dei voti della destra alle scorse elezioni — 12,3 milioni — come una prova di forza in vista delle prossime elezioni. Inoltre Schlein fa notare che “sapevamo che sarebbe stato difficile arrivarci, ma i referendum toccavano questioni che riguardano la vita di milioni di persone ed era giusto spendersi nella campagna al fianco dei promotori, senza tatticismi e senza ambiguità.” (Domani, dietro paywall / X / il Fatto quotidiano)