Il giorno del giudizio

Oggi arriva la sentenza sul caso Open Arms. Tra le altre notizie: un nuovo report di MSF sulla pulizia etnica a Gaza, la crescita nei sondaggi del centrosinistra italiano, e come ingannare ChatGPT sCriVeNdO cOmE nel MEMe DI SPONGebOB

Il giorno del giudizio
foto: Matteo Salvini, via Facebook

Oggi è il giorno in cui dovrebbe essere emessa la sentenza sul caso Open Arms, in cui Matteo Salvini è accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio e per il quale l’accusa ha chiesto una pena di sei anni di reclusione. Salvini ha deciso di giocare tutta la propria comunicazione in proposito dipingendosi come una povera vittima sacrificale, ottenendo anche un sostegno che… ormai non può più definirsi d’eccezione: Elon Musk è accorso in sostegno del suo amico, dicendo che “è assurdo che Salvini venga processato per aver difeso l’Italia.” Salvini ha replicato “grazie per la tua solidarietà, Elon Musk. Difendere i confini dell'Italia era mio dovere e sono orgoglioso di ciò che ho realizzato. Che io venga condannato o assolto, la nostra lotta per la libertà e la sicurezza in Italia e in Europa continuerà.” Ieri Salvini, al Summit dei patrioti con Viktor Orban — che ha sventolato una maglietta con la faccia di Salvini e scritto “wanted” — ha citato il filosofo fascista Ezra Pound, dicendo che “se un uomo non è disposto a correre un rischio per le sue idee, o non valgono niente le sue idee o non vale niente lui.” Comunque vada, anche se finora non si è visto un sostegno di piazza in suo favore, per il ministro probabilmente sarà un momento di vittoria politica, dal quale potrà uscire vittima piangente o assolto trionfante — anche perché in ogni caso ci sarà sicuramente un processo d’appello. (Corriere della Sera / Domani, dietro paywall)

Ovviamente nessuno perde tempo a riflettere che “difendere l’Italia” ha voluto dire bloccare in mezzo al mare per tre settimane un’imbarcazione di persone disperate, che avevano probabilmente già subito trattamenti disumani sulla rotta libica. Vada come vada al ministro, è chiaro che il diritto si muove su un’altra direzione rispetto a quella discriminatoria e disumana della destra — almeno sulla questione del diritto d’asilo. La Cassazione ha stabilito che i giudici sono legittimati a disapplicare il decreto con la lista dei presunti paesi sicuri stabiliti dal governo. Secondo la Cassazione, stabilire quali paesi sono sicuri spetta comunque alla politica. Però i giudici possono “eventualmente disapplicare in via incidentale” il decreto nei casi in cui “la designazione operata dall'autorità governativa contrasti in modo manifesto con i criteri di qualificazione stabiliti dalla normativa europea o nazionale.” La Cassazione si è espressa su una questione sollevata da un migrante di origine tunisina precedente al polverone sollevato sull’argomento lo scorso autunno, ma la decisione influirà inevitabilmente anche su di esso. Inoltre, fa notare in modo forse ancora più importante la Cassazione, “la valutazione governativa circa la natura sicura del paese di origine non è decisiva” nei casi in cui “il richiedente abbia adeguatamente dedotto l'insicurezza nelle circostanze specifiche in cui egli si trova” — insomma, circostanze di pericolo personale possono scavalcare qualsivoglia decreto. (Today)