La liberazione dei prigionieri in Siria

La liberazione dei prigionieri in Siria
grab via X @k7ybnd99

Durante la prima giornata della Siria dopo la caduta del governo di Assad, si sono intensificati i lavori per liberare i prigionieri detenuti nelle carceri del paese. Nel corso di domenica sono stati pubblicati su internet molti video — in particolare dal carcere di Sednaya, diventato negli anni famigerato come un “mattatoio umano,” dove migliaia di ribelli e prigionieri politici erano vittima di abusi e torture — e dove si sa che erano praticate esecuzioni di massa. In un video si vedono alcuni prigionieri festeggiare per essere finalmente liberi, in un altro — che avevamo pubblicato anche ieri — si vedono i ribelli cercare di tranquillizzare un gruppo di donne prigioniere, che erano ovviamente spaventate dall’irruzione di un gruppo di uomini nella struttura. Nel video si vede un bambino piccolo, che secondo fonti di Al Jazeera Arabic sarebbe nato nelle carceri — e non avrebbe mai visto il mondo esterno. Altri video mostrano i prigionieri tornare a casa dalle proprie famiglie, e festeggiare alla notizia della caduta di Assad. (Amnesty International / X / the New Arab / X)

Al Jazeera ha raccolto alcune testimonianze di prigionieri liberati. Una donna, liberata lo scorso 29 novembre ad Hama, racconta della “gioia immensa” di essere stata liberata: “La gioia è stata ancora più grande quando ho raggiunto la mia famiglia. È come se fossi rinata.” Un altro prigioniero, “al–Yassin,” sempre liberato il 29, racconta di come anche diverse guardie presenti nel carcere si siano cambiate, vestite in abiti civili, e uscite insieme ai carcerati. Al–Yassin ha passato un anno nel carcere di Sednaya, che ha definito “indescrivibile”: “Le scene che ho visto non possono essere cancellate dalla mia memoria, finché vivo.” Un altro prigioniero, “Maher,” racconta delle torture subite: “Ogni minuto si sentiva avvicinarsi la morte da quanto erano dure le torture e brutali i metodi.” Maher racconta di essere stato in detenzione nella prigione di Mezzeh, a Damasco. In un episodio particolarmente tragico, Maher racconta che un giorno durante la sua prigionia, ha trovato tra i prigionieri anche il proprio cognato, che nel frattempo aveva perso le gambe e la ragione. Maher è riuscito a confermarne l’identità solo grazie a un tatuaggio. (Al Jazeera)