Un manifestante cerca di fermare con una bandiera i soldati che entravano nell’Assemblea nazionale dalle finestre.
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Nella tarda serata, con un gesto drastico — ma non inaspettato, la questione era discussa dai media locali da qualche mese — il presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol ha annunciato la legge marziale. Yoon ha attivato l’articolo 77 della quinta sezione della Costituzione coreana, accusando l’opposizione del Partito democratico di “attività contro lo stato,” e sostenendo che la legge marziale era necessaria per “eradicare le forze a favore della Corea del Nord.” L’annuncio è arrivato dopo settimane di stallo politico per l’approvazione della legge di Bilancio. Yoon, ex procuratore generale, allineato con l’estrema destra sudcoreana, aveva vinto le elezioni nel 2022 sull’onda dello scontento per il costo della vita — e in particolare per il costo della casa — ma da subito si è trovato a convivere con un parlamento controllato dall’opposizione. Nonostante la tensione politica delle scorse settimane la mossa di Yoon costituiva uno strappo drastico, tant’è che è stata immediatamente condannata anche dal segretario del suo partito, il Partito del Potere Popolare, Han Dong-hoon, che aveva dichiarato che il partito “avrebbe fermato” la legge marziale “insieme al popolo.”
La Corea del Sud ha un trascorso particolarmente difficile, di governi autoritari e di uso disinibito del potere e della violenza da parte della presidenza e dell’esercito — per questo motivo, l’articolo 77 stesso prevede che il parlamento sudcoreano, l’Assemblea nazionale, possa sollevare la legge marziale, semplicemente votando a maggioranza. Il difficile, ovviamente, è riunire una seduta parlamentare e arrivare alla fine di una votazione durante un periodo di legge marziale — durante il quale, almeno teoricamente, l’attività politica è proibita. Nei momenti immediatamente successivi all’annuncio di Yoon, le forze speciali dell’esercito hanno preso d’assalto la sede del Parlamento per cercare di impedire ai parlamentari di votare. Quando il presidente ha annunciato la legge marziale, nella struttura dell’Assemblea nazionale erano presenti staff parlamentare e molti parlamentari, che hanno iniziato immediatamente le procedure — mentre alcuni loro colleghi hanno cercato di avventurarsi all’interno della struttura superando le barricate della polizia. Si è arrivati a un passo dallo scontro diretto tra politici e militari: i parlamentari hanno barricato l’aula, e quando i militari hanno fatto irruzione nella struttura hanno cercato di tenerli a distanza usando degli estintori. Alla fine i presenti sono riusciti a votare, e la cancellazione della legge marziale è stata approvata all’unanimità — con 190 voti su 300: i presenti erano più della metà dei parlamentari. Fuori dall’edificio migliaia di persone si sono riunite per contestare la legge marziale e poi chiedere le dimissioni del presidente.
Di fronte al voto contro la legge marziale, i militari si sono ritirati dall’Assemblea nazionale, ma la situazione è rimasta tesissima: il ministero della Difesa ha rifiutato di riconoscere la legittimità — codificata in Costituzione — del voto, e il ministro ha pubblicato una dichiarazione dicendo che aspettava indicazioni dirette dal presidente. Alla fine, il presidente ha dovuto ammettere la sconfitta, e ha confermato la cancellazione della legge marziale, sei ore dopo il suo primo annuncio Il ruolo del ministero della Difesa in questa situazione è uno dei nodi ancora da sciogliere: i retroscena vogliono che sia stato il ministro Kim Yong-hyun a consigliare a Yoon di procedere con la legge marziale, e infatti Kim ha convocato una riunione dei comandanti dell’esercito immediatamente dopo l’annuncio. Gli alti ranghi dell’esercito sembravano pronti a eseguire in modo drastico la legge marziale: il comandante Park An-soo ha subito dichiarato che tutti i media sarebbero stati sotto il loro controllo: “Proibiamo ogni atto che neghi o voglia rovesciare il sistema democratico liberale” — sì, questa frase è stata detta nel contesto della legge marziale — “e proibiamo le notizie false, la manipolazione dell’opinione pubblica, e la propaganda falsa.”
Che cosa succede ora? Il Partito democratico condurrà una sessione plenaria dell’Assemblea nazionale a mezzanotte e un minuto del 5 dicembre — il primo momento disponibile — per votare l’impeachment del presidente. Tutti e sei i partiti di opposizione hanno presentato una mozione congiunta al Comitato degli Affari legislativi. Il voto deve tenersi entro 72 ore dalla pubblicazione della mozione, per cui i parlamentari dovranno lavorare fino al 7 dicembre: per approvare l’impeachment servono 200 voti. Nel frattempo, il più grande sindacato sudcoreano, la KCTU, ha indetto uno sciopero generale senza scadenza di data, che durerà finché il presidente non sarà rimosso o si dimetterà. La situazione nel paese resta molto tesa, e questa tensione non potrebbe essere più evidente che sui media locali: in moltissimi chiedono l’impeachment del presidente — il Korea Herald cita un rappresentante di un’organizzazione media che sostiene che bisogna “dichiarare guerra al presidente” — ma dall’altra parte il Chosun Ilbo, uno dei principali quotidiani conservatori del paese, nemmeno ha messo in prima pagina la notizia.