Il Partito democratico che avrebbe sconfitto Trump
I risultati dei referendum sul diritto all’aborto e la rielezione dei membri della “Squad” sono segnali che un Partito democratico diverso avrebbe potuto battere Trump
Donald Trump in compagnia di Dana White, l’ad di Ultimate Fighting Championship, e Elon Musk.
Foto via X @elonmusk |
Mentre scriviamo il conteggio non è finito, ma la vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali statunitense è di fatto una certezza matematica, e l’ex presidente — e presto di nuovo presidente eletto — ha già tenuto il proprio discorso della vittoria, promettendo nientemeno che l’inizio di una nuova “età dell’oro per l’America,” durante la quale “chiuderà il confine” e “sistemerà tutto nel nostro paese.” Per sapere chi avrà la maggioranza alla Camera dei rappresentanti probabilmente ci vorranno giorni, mentre invece si sa già che i repubblicani hanno conquistato la maggioranza al Senato, anche se ovviamente non si sa ancora con che margine. Si apre insomma lo scenario di una presidenza Trump con le mani completamente libere, con una maggioranza repubblicana in entrambe le camere del Congresso.
Kamala Harris non ha ancora parlato, e probabilmente aspetterà che il risultato si sia solidificato, ma nel comitato elettorale della vicepresidente l’aria è tesa da ore — da quando ha iniziato a farsi chiaro il vantaggio di Trump. In un momento particolarmente terso della serata, all’Università Howard di Washington, dove il comitato elettorale aveva organizzato un evento per seguire lo spoglio, è stato tolto l’audio dalle tv che riproducevano CNN, sostituendo la previsione di vittoria di Trump con musica di sottofondo. Il Washington Post sta seguendo il voto con una infografica che misura come il voto si sia spostato a destra o a sinistra rispetto alle precedenti elezioni, e mentre lo spoglio continua, la cartina degli Stati Uniti si sta riempiendo di frecce verso il rosso.
Nelle prossime ore — e nelle prossime settimane — verrà scritto molto di analisi della sconfitta di Harris, ma ci sono alcuni dati, individuali, che tracciano un profilo netto di quello che è successo. Uno dei casi più esemplari è quello dei risultati dei referendum per il diritto all’aborto in costituzione, che si sono tenuti in 10 stati, dove sistematicamente per il diritto all’aborto si è manifestata una coalizione anche sostanzialmente più grande dell’elettorato che ha votato Harris, anche in stati, come il Missouri, dove c’è una netta maggioranza di repubblicani. Il peso del sostegno al genocidio a Gaza è ancora da mappare, ovviamente, ma gli esempi sono evidenti. A Dearborn, in Michigan, Jill Stein ha raggiunto il 22% (!) — nel sud della città, dove la popolazione è oltre il 90% musulmana, Harris ha perso, quando 4 anni fa Biden vinceva con l’88%.
Le parlamentari e i parlamentari della Squad, la “squadra” di sinistra, non allineata al resto del Partito democratico, sono stati promossi: oltre a Alexandria Ocasio-Cortez sono stati rieletti Greg Casar, Summer Lee, Ilhan Omar, Ayanna Pressley, Delia Ramirez, e Rashida Tlaib. I membri del gruppo erano stati sotto forte pressione da parte del resto del partito negli scorsi mesi — Tlaib fino alla fine si è rifiutata di dare il proprio endorsement a Kamala Harris.