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La Protezione civile di Gaza ha annunciato che ha dovuto sospendere le proprie operazioni nel nord della Striscia di Gaza, descrivendo la situazione come “catastrofica.” “I residenti nell’area ora sono senza servizi umanitari essenziali.” L’organizzazione denuncia: “Le forze di occupazione israeliane hanno arrestato 5 persone del nostro staff e le ha portate in una località segreta.” I mezzi delle IDF inoltre “hanno colpito il nostro ultimo camion dei pompieri nel nord di Gaza, dandogli fuoco.” Altri 3 membri della Protezione civile sono stati colpiti in un attacco drone, e non è ancora noto se siano sopravvissuti. Dall’inizio dell’assedio del nord di Gaza — lo scorso 4 ottobre — sono state uccise più di 770 persone, e i feriti sono più di mille. Ieri pomeriggio le IDF hanno pubblicato su X un video dell’area di Jabalia in cui si vedeva una colonna di persone lasciare la zona a piedi — “decine di migliaia di cittadini,” secondo il post dei militari israeliani a cui è stato caritatevolmente permesso di lasciare dove avevano trovato rifugio “per la propria sicurezza,” “in modo sicuro e attraverso percorso prestabiliti.”

I leader dei paesi del BRICS — di cui è in corso un summit a Kazan — hanno chiesto un cessate il fuoco immediato sulla Striscia di Gaza, e il rilascio dei prigionieri “di entrambe le parti.” L’aggressione di Gaza e l’invasione del Libano hanno occupato una parte rilevante della dichiarazione di Kazan: gli stati membri denunciano “le uccisioni di massa, i civili feriti, lo sfollamento forzato e la distruzione diffusa delle infrastrutture civili” attuate dalle IDF a Gaza. Il testo continua: “Denunciamo gli attacchi israeliani contro le operazioni, le strutture, il personale e i punti di distribuzione umanitari.” I paesi membri sottoscrivono il proprio sostegno “all’impegno continuo della Repubblica araba d’Egitto, dello Stato del Qatar, e gli altri impegni regionali e internazionali per arrivare a un cessate il fuoco immediato” e per “il pieno ingresso dello Stato di Palestina nelle Nazioni Unite,” “nel contesto dell’impegno incrollabile a sostenere la visione di una soluzione dei due stati.”

Dopo l’uccisione di Sinwar, i funzionari israeliani avrebbero chiesto ai propri colleghi egiziani di riaprire la trattativa con Hamas, ma dopo così tanti round di trattativa andati a finire nel nulla, ora i rapporti sono particolarmente affaticati. truce del New Arab riporta dichiarazioni di un funzionario egiziano — ovviamente rimasto anonimo — che spiega “Doha ha le sue riserve, considerata l’apparente mancanza di un desiderio sincero da parte di Tel Aviv e Netanyahu per arrivare a un accordo soddisfacente per tutte le parti prima che sia eletto un nuovo presidente statunitense.” I funzionari egiziani e statunitensi sono d’accordo: la riapertura della trattativa deve servire per “mettere fine alla guerra.” Secondo la fonte del sito di news di Londra, la leadership di Hamas “ha accolto la possibilità di arrivare a una tregua con positività,” ma non intende accettare ulteriori concessioni oltre a quelle previste nel piano “israeliano” di Biden dello scorso 31 maggio e sostenuto al Consiglio di sicurezza ONU.


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