Il Tribunale di Roma non ha convalidato nessuno dei 12 codici di trattenimento nei confronti dei migranti deportati nel centro di permanenza a Gjader in Albania. I 12 migranti dovrebbero tornare in Italia già nel corso della giornata di oggi. I giudici spiegano che il diniego “è dovuto all’impossibilità di riconoscere come ‘Paesi sicuri’ gli Stati di provenienza delle persone trattenute, con la conseguenza dell’inapplicabilità della procedura di frontiera e, come previsto dal Protocollo, del trasferimento al di fuori del territorio albanese delle persone migranti, che hanno quindi diritto ad essere condotte in Italia.” I giudici fanno riferimento a una sentenza della Corte di giustizia europea che aveva stabilito che un Paese, per essere considerato sicuro, non doveva mettere in atto persecuzioni, discriminazioni, o torture nei confronti di nessuno — uno standard a cui non arrivano né Egitto né Bangladesh, i paesi di provenienza dei migranti deportati. Ospite a Tagadà, Giuseppe Santalucia, il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, ha spiegato agilmente che i giudici “applicano le norme volute dal nostro ordinamento e dall’ordinamento europeo, di cui siamo parte integrante,” e che “l’ordinamento sovranazionale prevale”: “L’ordinamento sovranazionale considera l’Egitto e il Bangladesh tra i Paesi non sicuri.” “Non ti puoi fare il tuo elenco perché il tuo elenco va disapplicato” “ Se inserisci tra i paesi sicuri i paesi che, secondo l’ordinamento sovranazionale europeo, tali non possono essere considerati, allora il giudice ha il dovere di tener conto della normativa sovranazionale, perché i diritti fondamentali delle persone sono la barriera contro le scelte della maggioranza.”
I media descrivono Giorgia Meloni come furibonda, anche se la decisione del tribunale non è esattamente inattesa. “Ho convocato un consiglio dei ministri per lunedì prossimo per risolvere questo problema e per approvare delle norme per superare questo ostacolo: penso che non spetti alla magistratura dire quali sono i paesi sicuri ma al governo,” ha dichiarato Meloni da Beirut, dove si era recata per seguire la crisi degli attacchi delle IDF ai caschi blu. Come spesso accade, Meloni lascia poi andare avanti il proprio partito, che, con voce anonima, scrive su X: “Alcuni magistrati politicizzati hanno deciso che non esistono Paesi sicuri di provenienza: impossibile trattenere chi entra illegalmente, vietato rimpatriare i clandestini. Vorrebbero abolire i confini dell’Italia, non lo permetteremo.” L’account del partito ha poi tenuto toni agitatissimi per il resto della giornata, parlando di “magistratura rossa,” del “costo dell’accoglienza” (sic) e di come “La sinistra, in Italia e in Europa, non fa opposizione al Governo ma alla Nazione.”
La decisione del Tribunale di Roma è arrivata mentre la Lega già si preparava ad andare in piazza contro la magistratura, nel giorno dell’arringa di Giulia Bongiorno in difesa del vice presidente del Consiglio. Nel proprio intervento, Bongiorno è arrivata a dire che Open Arms “ha scelto di bighellonare anziché andare nel suo Stato di bandiera, la Spagna,” ed è tornata ad avanzare accuse contro l’Ong: “La verità è che ci fu una consegna concordata perché qualcuno ha dato indicazioni precise a Open Arms molto prima della segnalazione di Alarm Phone che, peraltro, non era corretta.” Al sit-in della Lega a Palermo erano presenti anche i ministri Giorgetti, Valditara e Calderoli (!) e molti parlamentari leghisti — e poche altre persone, con la manifestazione che si è rivelata un mezzo flop. Una nota della Lega si è accodata agli strepiti di Fratelli d’Italia, chiosando: “I giudici pro-immigrati si candidino alle elezioni, ma sappiano che non ci faremo intimidire.”