Il piano B–arnier
Alla fine il cordone sanitario c’è — ma per le forze progressiste, che hanno vinto le scorse elezioni. Il Rassemblement National, invece, da paria diventa kingmaker del nuovo governo francese
foto CC–BY 2.0 Piotr Drabik
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Dopo due mesi di completo stallo politico, Macron ha nominato il suo nuovo Primo ministro: l’incarico è andato a Michel Barnier, ex ministro degli Esteri francese e caponegoziatore dell’UE per la Brexit. Barnier, repubblicano, era effettivamente sparito dal discorso politico francese dopo il 2022, quando aveva corso alla nomina a candidato presidente del suo partito per contrapporsi proprio a Macron. Durante quella campagna Barnier si era allineato alle posizioni dell’estremismo di destra, sostenendo che al paese servisse “un elettroshock” sulla sicurezza, un blocco totale dell’immigrazione e la reintroduzione della leva obbligatoria. Nonostante l’importante ruolo svolto per l’UE, tornato in Francia Barnier aveva dichiarato che il paese doveva riconquistare “il proprio spazio di manovra” fuori dall’Unione, arrivando a ipotizzare che Parigi non dovesse riconoscere più la Corte di giustizia dell’Unione europea.
Pur di non nominare un premier vicino all’ambito progressista, Macron ha scelto un politico di un partito, i Repubblicani, che alle scorse elezioni ha preso solo il 6,57% delle preferenze — il 5,41% al secondo turno. Il Nuovo fronte popolare ha subito dichiarato che il nuovo Primo ministro non ha “legittimità politica.” Secondo Mélenchon “le elezioni sono state rubate ai francesi,” secondo il segretario del Partito comunista Roussel la sua nomina è “mostrare il dito medio ai francesi che sperano nel cambiamento,” mentre secondo la leader degli Écologistes Tondelier si tratta di “un vero scandalo.” La nomina di Barnier ha agitato anche membri del suo stesso partito, con un parlamentare repubblicano, rimasto anonimo, che ha dichiarato a AFP che il nuovo Primo ministro rappresenta “tutto quello che i francesi non vogliono.”
Ma c’è una maggioranza parlamentare che sostenga Barnier? I 193 parlamentari dei partiti del Nuovo fronte popolare hanno già annunciato che voteranno la sfiducia, mentre non voteranno la sfiducia ovviamente Ensemble e i Repubblicani — in totale 213: più dei parlamentari progressisti, ma molto lontani dai 289 che servono per avere la maggioranza ed essere tranquilli. Le incognite sono ovviamente il Rassemblement National e gli scissionisti repubblicani guidati da Éric Ciotti. Entrambe le forze per ora sono possibiliste sul loro sostegno al governo: Bardella ha dichiarato che il suo partito “giudicherà il suo discorso politico, le sue decisioni in termini di budget, e le sue azioni in merito,” mentre Ciotti “si augura il successo repubblicano.” In totale i voti che non si sa dove potrebbero andare sono 171. Macron aveva indetto elezioni anticipate sperando di poter far leva sul panico dell’elettorato francese per isolare l’estrema destra e mettere in sicurezza la seconda metà della sua presidenza. Alla fine è successo l’esatto opposto: il Rassemblement National, la sigla estremista per cui si prometteva di fare cordone sanitario, è diventata effettivamente kingmaker del nuovo governo — e il cordone sanitario c’è per i vincitori delle elezioni.