Io li odio i nazisti della Sassonia e della Turingia

Il risultato di AfD — in entrambi gli stati sopra il 30%, in Turingia è primo partito — segna la profonda crisi della coalizione di Berlino, e mette alla prova la CDU, che ora deve dimostrare di poter organizzare un cordone sanitario per impedire ad AfD di governare

Io li odio i nazisti della Sassonia e della Turingia
foto via X @AfD_Thueringen

Come anticipato dai sondaggi, le elezioni in Sassonia e Turingia hanno bocciato sonoramente la coalizione di governo e premiato i partiti fuori dalla tradizionale alternanza tra SPD e CDU. Il grande vincitore è Alternativa per la Germania, la sigla di estrema destra nazionalista spesso accusata di legami con ambienti neonazisti. Secondo i risultati preliminari in Sassonia, la CDU è ancora il primo partito dello stato — con il 31,9% — ma è tallonata da AfD — che arriva al 30,6%. Al terzo posto c’è BSW, la nuova sigla rossobruna di Sahra Wagenknecht, all’11%. La coalizione di governo a Berlino praticamente non è pervenuta: l’SPD è al 7,3%, i Verdi al 5,1%, FDP sotto la soglia di sbarramento, all’1,4%. La situazione è ancora più grave in Turingia, dove — sempre secondo i risultati preliminari — AfD è il primo partito, con il 34,3% delle preferenze. Lo segue anche in questo caso la CDU, al 33,5%, e qui la Linke, al 15,2%. Come in Sassonia, anche in Turingia i risultati sono imbarazzanti per la coalizione di governo: l’SPD è al 7,8%, i Verdi e FDP all’1,6%.

Parlando con ZDF, il co–presidente di AfD, Tino Chrupalla, ha dichiarato che “una cosa è molto chiara”: “Il volere degli elettori è che deve esserci un cambio di politiche.” Riguardo alla Turingia, Chrupalla ha dichiarato che nello stato il suo partito ha un “chiaro mandato per governare.” Fino al giorno prima delle elezioni tutti i partiti avevano giurato che avrebbero rispettato il “cordone sanitario” per isolare il partito estremista. Ma che cosa può fare ora AfD, e cosa può ottenere? Il partito si sente così tanto in un momento di ascesa da aver accolto con delusione i risultati in Sassonia. Riguardo alla Turingia, invece, uno dei due portavoce di AfD nello stato, Stefan Möller, ha dichiarato che gli altri partiti devono “smettere di parlare di cordone sanitario.” Möller ha promesso, con tono minaccioso, che il suo partito intende “usare” il “potere di cambiare” la Turingia, e che non intende più essere “completamente escluso” dalle sale del potere. L’obiettivo di AfD, insomma, è chiaro: creare tensioni all’interno della CDU — l’unico partito che in entrambi gli stati può formare una coalizione — con l’obiettivo ultimo di distruggere il partito conservatore.

Alla CDU spetta ora il compito di formare queste coalizioni contro AfD — ma con risultati così netti, serve creare coalizioni al limite dell’impossibile: in Turingia servirà mettere insieme i seggi di CDU, SPD, Linke e BSW. Tenere insieme la coalizione sarà difficilissimo — sembra essere già difficile oggi tenere insieme la compagine parlamentare della CDU: diversi politici conservatori locali hanno dichiarato che ritengono che la politica del cordone sanitario sia un ostacolo per il partito, e che sarebbe più facile costruire una coalizione con AfD — e con BSW, al massimo. Il dato di fatto è che il partito conservatore non è riuscito a contrastare l’ascesa dell’estrema destra nei due stati — in Sassonia il Ministro presidente Michael Kretschmer si è concentrato ad attaccare i Verdi — e ora deve trovare punti in comune, con BSW per primo, e poi con gli altri partiti, per costruire coalizioni di ampio respiro.

Che futuro c’è ora per le forze della coalizione a Berlino? In Turingia e in Sassonia ha votato per i partiti di governo circa una persona su 10. Secondo l’SPD si tratta soprattutto di un problema di comunicazione e di immagine — troppe scelte politiche sono state spiegate male, e le costanti tensioni tra gli alleati della coalizione si sono riflesse in modo negativo nella performance di tutti e tre i partiti. I socialisti sperano di poter assumere un maggior controllo della coalizione nei prossimi mesi, anche se ovviamente anche un cambio di direzione di questo tipo sarà molto affaticato, e per il partito non c’è un “momento Kamala Harris” in vista, per chiamarlo come fa Peter Dausend.


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