La condanna internazionale e senza conseguenze all’aggressione in Cisgiordania

La comunità internazionale ha reagito con grande preoccupazione all’escalation in Cisgiordania — ma come sempre nessuno parla di sanzioni o anche solo di fermare la vendita delle armi

La condanna internazionale e senza conseguenze all’aggressione in Cisgiordania

Raid israeliani a Jenin. Foto: WAFA

I raid delle IDF in Cisgiordania sono continuati per tutta la giornata di mercoledì — l’esercito israeliano vanta di aver ucciso 5 miliziani in una moschea a Tulkarem. Mentre scriviamo non sono ancora arrivati report dettagliati delle azioni militari sul territorio nelle scorse ore, ma si sa già che le IDF hanno ucciso 4 persone nei raid del campo profughi di Tulkarem, e ne hanno ferite altre 3 nel campo profughi di al-Far’a, a sud di Tubas. La comunità internazionale ha reagito con grande preoccupazione all’escalation in Cisgiordania — dove le violenze erano aumentate sensibilmente nei mesi scorsi, ma senza arrivare mai ai livelli di questi due giorni. Josep Borrell, l’Alto rappresentante comunitario agli Affari esteri, ha scritto che l’operazione “non deve costituire la premessa di un’estensione della guerra da Gaza” — Borrell ha menzionato specificamente la dichiarazione del giorno precedente del ministro degli Esteri israeliano Katz, che sembrava anticipare una piena espansione dell’aggressione. Anche il dipartimento di Stato statunitense ha preso le distanze dalle parole di Katz, che aveva invocato all’“evacuazione temporanea” dei civili dalle zone sotto assedio in Cisgiordania: “Rifiutiamo l’idea di sfollamento di massa dei palestinesi dalla Cisgiordania,” ha dichiarato un funzionario che però è rimasto anonimo. Come sempre, Washington non chiude mai la porta completamente per le azioni delle IDF: “Possiamo però riconoscere che ordini di evacuazione localizzati potrebbero essere necessari in certe situazioni per proteggere le vite civili durante operazioni antiterroristiche delicate.” Gli Stati Uniti, infatti, riconoscono “le necessità assolutamente reali di sicurezza,” “che comprendono contrastare l’attività terroristica in Cisgiordania.”

Il segretario generale ONU Guterres ha dichiarato che “gli ultimi sviluppi nella Cisgiordania occupata, compreso il lancio di Israele di operazioni militari su larga scala, sono molto preoccupanti.” Guterres è tornato a esprimersi per la fine dell’occupazione e per il ripristino del processo politico per arrivare a una soluzione dei due stati. L’ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite gli ha risposto ripetendo la tesi che gli attacchi in Cisgiordania siano necessari per contrastare le consegne di “esplosivi sofisticati” da parte dell’Iran, ma senza fornire nessuna prova.

Nel contesto della trattativa per il cessate il fuoco a Gaza, nel frattempo, Netanyahu sperava di poter rinforzare la propria richiesta di mantenere una presenza militare stabile lungo la Philadelphi Route, il corridoio al confine tra Striscia di Gaza ed Egitto, organizzando proprio lì una seduta del suo gabinetto di sicurezza. Lo rivela un retroscena di Keshet 12, secondo cui Netanyahu avrebbe chiesto al capo dello Shin Bet, Ronen Bar, se fosse possibile trasportare i ministri su mezzi blindati. Alla fine Bar ha respinto l’idea di Netanyahu.


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