La strage globale* dei lavoratori umanitari

Nel 2023 sono stati uccisi 280 operatori umanitari, il numero più alto da quando si celebra la Giornata mondiale dell’aiuto umanitario, e un aumento del 137% rispetto al 2022. Più di metà di questi lavoratori sono stati uccisi dalle IDF nell’aggressione di Gaza.

La strage globale* dei lavoratori umanitari

La prima “strage del pane” a Gaza. 29 febbraio 2024

Oggi si celebra la Giornata mondiale dell’aiuto umanitario — una ricorrenza stabilita nel 2008 in memoria degli operatori uccisi nell’attentato al quartier generale ONU di Baghdad il 19 agosto 2003. Da allora, il 2023 è stato l’anno in cui sono stati uccisi più lavoratori umanitari. Lo scorso anno ne sono stati uccisi 280, in 33 paesi — un aumento del 137% rispetto all’anno precedente, in cui erano stati uccisi 118 volontari. E con ogni probabilità quest’anno si concluderà con un totale ancora più alto: secondo l’Aid Worker Security Database quest’anno sono stati uccisi già 187 operatori. Più di metà delle morti del 2023 fanno riferimento agli ultimi 3 mesi dell’anno, da ottobre a dicembre, in seguito ai bombardamenti intensi delle IDF sulla Striscia di Gaza. Dopo l’aggressione di Gaza, gli altri conflitti che hanno contribuito a portare a un totale così alto sono in Sudan e in Sudan del Sud. Joyce Msuya, sotto segretaria ad interim al Coordinamento Affari umanitari e Aiuti d’emergenza, ha dichiarato: “La normalizzazione della violenza contro gli operatori umanitari è inaccettabile, immorale e enormemente dannosa per le operazioni di soccorso in tutto il mondo.” “Oggi ripetiamo la nostra richiesta che le persone al potere mettano fine alla violenza contro i civili e all’impunità con cui questi attacchi atroci vengono commessi.”

L’aggressione di Gaza, la causa primaria di questa esplosione di morti umanitarie, continua senza sosta: le IDF hanno bombardato di nuovo il campo profughi di Nuseirat, colpendo una casa, uccidendo 5 civili e causando 15 feriti, mentre si stanno espandendo le operazioni di terra anche a Dayr al-Balah, dove finora gli scontri erano stati ridotti — la “zona umanitaria” della Striscia di Gaza è ormai solo l’11% del territorio complessivo della regione, con gli sfollati costretti continuamente a spostarsi per evitare di essere uccisi.

Ma come procede la trattativa per il cessate il fuoco? Domenica Blinken è arrivato in Israele, e oggi incontrerà Netanyahu. Parlando con il proprio gabinetto, il Primo ministro ha specificato che nel contesto della trattativa “ci sono aree in cui possiamo mostrare flessibilità, e aree in cui non possiamo.” Non si sa molto del procedere della trattativa: gli ultimi aggiornamenti sembrano indicare che si potrebbe arrivare a una sintesi sulla richiesta israeliana di occupare la Philadelphi Route — la zona di confine tra l’Egitto e la Striscia — mentre invece non sembrano esserci sviluppi sulla richiesta di Netanyahu che tutti i palestinesi che vogliono tornare nel nord della Striscia vengano disarmati. Arrivato a Tel Aviv, Blinken ha avvisato la politica israeliana: “Questo è un momento decisivo: probabilmente è la migliore, forse l’ultima, possibilità di portare a casa gli ostaggi, arrivare a un cessate il fuoco e lasciare tutti su un percorso per la pace e la sicurezza.”

La trattativa per il cessate il fuoco in Sudan, invece, ha portato a rilevanti concessioni da parte di esercito e forze paramilitari per la consegna di aiuti umanitari: le Forze di supporto rapido collaboreranno alla consegna di aiuti in Darfur e Kordofan, mentre l’esercito ha promesso di aprire il confine tra Darfur settentrionale e Ciad. I mediatori hanno espresso la propria soddisfazione sul risultato. Arriva oggi sui media la notizia che nei giorni precedenti all’incontro le Forze di supporto rapido avevano condotto un attacco contro un centro abitato nel Sennar, uccidendo 85 persone, tra cui anche donne e minorenni.


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