Questo articolo contiene descrizioni di violenze sessuali e di maltrattamento che possono urtare la vostra sensibilità.
Il canale israeliano Keshet 12 ha pubblicato un video che mostra militari israeliani che stuprano un detenuto palestinese nel centro di detenzione di Sde Teiman, dove sono incarcerate centinaia di persone catturate durante le operazioni di terra delle IDF nella Striscia di Gaza. Il video — apparentemente registrazioni di telecamere di sorveglianza — mostra i soldati, accompagnati da un cane, scegliere una persona tra 25 detenuti costretti a terra, a faccia in giù. Il prigioniero viene condotto attraverso la struttura in un angolo dove viene “nascosto” dietro una serie di scudi, in un apparente tentativo di nascondere lo stupro dalle telecamere. Il video dovrebbe ritrarre il caso dello stupro del carcerato che è stato poi costretto all’ospitalizzazione per una “ferita grave nella zona del retto” — il caso che ha scatenato i disordini di fine luglio, quando la polizia militare israeliana è stata costretta a fermare 9 riservisti per le indagini scattate come automatismo in seguito all’emergenza medica.
Dei 9 riservisti fermati, 5 saranno processati — e due di loro hanno mentito al test col poligrafo quando hanno negato di aver commesso “atti di sodomia” sul detenuto. I media israeliani e poi internazionali nei giorni scorsi avevano riportato che il prigioniero fosse un membro del battaglione centrale di Jabalia di Hamas, quando invece si trattava di un semplice poliziotto — nell’articolo linkato Haaretz lo chiama un “poliziotto di Hamas,” ma tutti gli agenti delle Forze di polizia della Striscia di Gaza sono sotto la giurisdizione di Hamas.
Il video — trasmesso su un canale dove poco dopo si è parlato di come lo stupro fosse “meritato” e “una buona vendetta,” e che comunque le violenze sessuali sono “un buon deterrente” — è circolato solo poche ore prima della pubblicazione di un nuovo report del gruppo per i diritti umani di Gerusalemme B’Tselem, intitolato “Benvenuti all’Inferno.” L’organizzazione ha raccolto la testimonianza di 55 palestinesi che sono stati incarcerati — la maggior parte senza accuse — attraverso cui descrivono “la trasformazione affrettata di più di una decina di prigioni israeliane in una rete di campi dedicati alla tortura dei prigionieri come linea di condotta.” Si tratta di “stabilimenti in cui ogni carcerato è sottoposto a sofferenze dure e senza sosta, in quelli che sono di fatto campi di tortura.” 30 testimoni erano provenienti dalla Cisgiordania, teoricamente esclusa dalle attuali operazioni militari, 21 dalla Striscia di Gaza, e 4 erano cittadini israeliani. Il gruppo avverte che le testimonianze non solo contengono “dettagli orripilanti,” ma mostrano “somiglianze agghiaccianti,” che “non lasciano dubbio che si tratti di una politica organizzata delle autorità carcerarie israeliane.” “Una politica implementata sotto la direzione del ministero della Sicurezza nazionale Ben–Gvir, il cui dicastero supervisiona il servizio carcerario, e con il pieno supporto del governo israeliano e del Primo ministro Netanyahu.” Il sistema di torture avviene, sottolinea il gruppo, “in totale disobbedienza degli obblighi di Israele nei confronti delle leggi locali e internazionali.”