La trappola di Khan Yunis

Centinaia di persone non sono riuscite a fuggire da Khan Yunis, e ora sono intrappolate dalle operazioni delle IDF. Nella città non arrivano acqua e cibo da quasi una settimana.

La trappola di Khan Yunis

Sfollati costretti ad accamparsi su un marciapiede dopo essere stati costretti a lasciare Khan Yunis.
Foto: WAFA

Negli ultimi 4 giorni, con l’intensificarsi delle azioni delle IDF nella città di Khan Yunis, 180 mila palestinesi hanno di nuovo lasciato il proprio rifugio per sfuggire alle violenze e alla morte. Lo riporta l’OCHA, l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari, nell’ultimo aggiornamento sulla crisi umanitaria nella Striscia di Gaza, parlando “nuove ondate di sfollamento interno in tutta Gaza,” causate “dall’emissione di ordine di evacuazione da parte dell’esercito israeliano e dalle ostilità intensificate.” Tra chi si sposta, centinaia hanno perso tutto, e sono stati osservati mentre si dirigevano verso l’area di al–Mawasi, che è già sovraffollata, praticamente senza averi. Non tutti sono riusciti a mettersi in salvo, però: la Protezione civile palestinese ha ricevuto “molte chiamate d’aiuto” da famiglie che sono rimaste bloccate nella città — la Protezione civile non è riuscita a raggiungere chi chiedeva aiuto a causa del “blocco agli accessi dei militari israeliani,” scrive l’OCHA. Si parla di centinaia di persone intrappolate in mezzo ai combattimenti, tra cui persone che non riescono più a spostarsi, e i familiari che cercano di assisterli. Circa 300 persone sono rimaste ferme nelle scuole della zona. Un corrispondente di Al Jazeera riporta che chi è rimasto intrappolato a Khan Yunis non riceve cibo e acqua da quasi una settimana.

Un altro dato rilevante dall’aggiornamento dell’OCHA: al contrario di quanto vantato da Netanyahu nel proprio discorso al Congresso statunitense, nelle ultime settimane c’è stata una ulteriore riduzione drastica delle consegne umanitarie nella Striscia di Gaza: la quantità di convogli umanitari che sono entrati nella Striscia si è ridotta del 56% (!). La crisi è peggiorata in seguito alle operazioni di terra a Rafah, a maggio — quelle che gli alleati di Israele avevano chiesto si evitassero a tutti i costi: ad aprile entravano in media giornaliera di camion che entravano a Gaza era di 169, a maggio entravano in media 94 camion al giorno, a giugno 77 — la media di luglio, finora, è di 75.

Il portavoce del nuovo Primo ministro britannico Starmer ha annunciato che il Regno Unito ritirerà la propria obiezione all’emissione del mandato d’arresto per Netanyahu da parte della Corte penale internazionale. La strada resta comunque molto in salita: sono molti gli stati che presenteranno le proprie argomentazioni alla Corte — sicuramente la Germania verrà in difesa di Netanyahu, sostenendo che Israele ha bisogno di più tempo per indagare se stessa sulle accuse di crimini di guerra, ma si esprimeranno anche Stati Uniti e Ungheria, che in precedenza hanno criticato aspramente la richiesta di emettere il mandato di arresto.

Domenica i mediatori di Egitto, Qatar e Stati Uniti incontreranno i negoziatori israeliani a Roma: lo conferma Al-Qahera, un media egiziano che è noto per avere legami con l’intelligence — e che cita come fonte un “funzionario” di stato. L’incontro è stato confermato anche da Axios: secondo il retroscena a Roma ci sarà anche Bill Burns, il direttore della CIA.


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