La Corte internazionale di giustizia ha espresso la propria opinione sulle “conseguenze legali” delle “politiche e le pratiche di Israele nei territori palestinesi occupati.” La Corte delle Nazioni Unite ha indicato che l’occupazione è illegale, e chiede che tutti gli stati cooperino per mettere fine all’aggressione israeliana. “Gli insediamenti israeliani in Cisgiordania e a Gerusalemme Est, e il regime a loro associato, sono stati stabiliti e vengono mantenuti in violazione delle leggi internazionali.” Di conseguenza, è chiesto a Israele di “mettere fine alla sua presenza illegale nei territori occupati palestinesi il più in fretta possibile,” e di interrompere tutte le attività per stabilire nuovi insediamenti. Lo stato israeliano ha inoltre l’obbligo di pagare risarcimenti per i danni causati durante l’occupazione. Nel giustificare la propria decisione, la Corte non usa mezze parole: “Il continuo abuso di Israele della propria posizione come potere di occupazione, attraverso l’annessione, con l’affermazione del controllo permanente dei territori palestinesi occupati, e con la continua frustrazione del diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione, viola i principi fondamentali delle leggi internazionali e rende la presenza israeliana nei territori palestinesi occupati illegali.” “Questa illegalità è relativa all’interezza dei territori palestinesi occupati da Israele nel 1967. (…) L’interezza dei territori palestinesi occupati sono anche il territorio in relazione del quale il popolo palestinese dovrebbe essere in grado di esercitare il proprio diritto di autodeterminazione, integrità che deve essere rispettata.”
La presidenza palestinese ha celebrato la decisione della Corte ONU, parlando di un “trionfo della giustizia” — aggiungendo che si traduce effettivamente nella bocciatura non solo dell’occupazione israeliana, ma anche “delle recenti decisioni della Knesset” — in particolare il rifiuto di riconoscere uno stato palestinese, ovviamente — e “delle politiche statunitensi in supporto dell’occupazione israeliana.” Da Tel Aviv sono arrivate, prevedibilmente, dichiarazioni furibonde. Il ministero degli Affari esteri israeliano ha scritto che la decisione “mescola legge e politica”: “Inietta le politiche dei corridoi delle Nazioni Unite a New York nei tribunali della Corte dell’Aia.” Israel Gantz, leader di uno dei più grandi consigli di coloni israeliani, ha dichiarato che la decisione della Corte è “in violazione della Bibbia (sic), della moralità e della legge internazionale.” Netanyahu ha risposto alla decisione usando una formula spesso ripetuta in ambiti sionisti e di stampo prettamente colonialista, ovvero che gli israeliani non possono essere “occupatori” “della propria terra” — partendo dal presupposto falsamente fattuale che quei territori siano inerentemente israeliani. In una nota inviata ad AFP, un portavoce di Ben Gvir ha descritto la Corte come una “organizzazione palesemente antisemita” e ha ripetuto che i territori occupati dovrebbero essere formalmente annessi a Israele.
Come ogni volta che la comunità internazionale denuncia le responsabilità israeliane — sia nell’attuale aggressione di Gaza che nella costruzione dello stato di apartheid negli scorsi decenni, le IDF hanno scatenato particolare violenza contro la Striscia di Gaza: decine di persone sono state uccise in una nuova serie di attacchi che hanno colpito diversi punti della Striscia, compreso, di nuovo, il campo profughi di Nuseriat. Come accade spesso, l’intensità dell’attacco rende impossibile un conto più preciso delle vittime, morti e feriti, sulla totalità del territorio di Gaza. All’ospedale al–Awda di Nuseirat i medici sono riusciti a salvare la vita di un feto che una madre, uccisa in un bombardamento mentre era in casa propria, portava in grembo.