Régurgitation antifasciste

La coalizione progressista del Nuovo fronte popolare è pronta a governare — ma la nuova composizione dell’Assemblea nazionale, tripartita, apre a scenari nuovi e complessi

Régurgitation antifasciste
foto via Instagram @jlmelenchon

Contro tutti i pronostici, il Nuovo fronte popolare francese è arrivato primo al secondo turno delle elezioni legislative anticipate: la coalizione progressista controllerà 178 seggi dell’Assemblea Nazionale. Per il Rassemblement National si tratta di una sconfitta netta, resa possibile da una nuova mobilitazione di massa — la partecipazione da record del primo turno è continuata anche domenica: ha votato il 67,1% degli aventi diritto — l’affluenza più alta che il paese vedeva dal 1981. Il “fronte repubblicano” — la tregua al secondo turno tra centristi e progressisti per fermare l’estrema destra — ha tenuto, e il partito di Bardella si è fermato al terzo posto. L’estrema destra resterà una voce molto importante nel parlamento francese, ovviamente, con 125 parlamentari. Al secondo posto è arrivata la coalizione macronista di Ensemble!, che ha ottenuto 150 seggi. Ultimi, Repubblicani e Destra, con 66 seggi insieme. Per avere la maggioranza servono 289 seggi — il fronte repubblicano è riuscito a impedire che l’estrema destra arrivasse alla maggioranza, ma ricomporre l’Assemblea nazionale dopo questo risultato non sarà facile: in Francia è possibile governare dalla minoranza, l’hanno già fatto sia Borne che Attal, ma servirà un accordo almeno informale per evitare che le altre forze votino insieme per sfiduciare il governo — i due precedenti primi ministri erano riusciti a farlo grazie alla desistenza dei Repubblicani.

Che cosa succede ora, quindi? Ci sono alcuni scenari possibili: il primo, ovviamente, è un governo del Nuovo fronte popolare, ma è anche possibile che Ensemble e Repubblicani formalizzino la propria collaborazione con un governo di coalizione. Ovviamente, potrebbe essere possibile anche uno scenario di una “grande coalizione” come in Germania — ma si tratta di un percorso difficile, reso ancora più arduo da anni di forte attrito politico. Macron potrebbe anche cercare di formare un governo “tecnico,” che potrebbe svolgere almeno l’ordinaria amministrazione senza pieno supporto dell’Assemblea nazionale. Sia un governo del NFP che un governo di Ensemble e Repubblicani sarebbero comunque governi di minoranza, e sarebbero esposti al rischio di essere sfiduciati. Una “grande coalizione” che unisca Ensemble, Repubblicani, e Socialisti è una delle poche soluzioni con una maggioranza parlamentare secca — seppur molto fragile: ci si fermerebbe a 296 deputati.

Macron ha perso la scommessa delle elezioni anticipate. La sua coalizione ha perso la maggioranza relativa, e ora per l’alleanza che sostiene il presidente si prefigura un problema urgente: non esplodere, tra chi è possibilista nel costruire una coalizione con i partiti progressisti, e chi non ne vuole sentire parlare. Non appena hanno iniziato ad arrivare i risultati, i centristi e i conservatori macronisti hanno immediatamente iniziato a lavorare per impedire una collaborazione con le forze progressiste. Gérald Darmanin, ad esempio, ha dichiarato che “il paese è di destra. Dobbiamo governare con la destra, e non fare coalizioni con la France Insoumise e il Nuovo fronte popolare.” Secondo il Primo ministro — da oggi dimissionario — Attal, le elezioni hanno evitato “tre rischi” per la Francia: “Il rischio di una maggioranza dominata dalla France Insoumise, il rischio di una maggioranza assoluta di RN, e il rischio della scomparsa di un movimento che rappresenta le nostre idee e i nostri valori.” Anche chi è possibilista per una coalizione con le forze progressiste parla dei possibili futuri alleati con disprezzo: un funzionario di Renaissance rimasto anonimo ha dichiarato a BFM TV che “la sinistra vuole governare, ma non governerà mai. Un Primo ministro di NFP cadrebbe in 3 giorni. Dovremo costruire una coalizione come quella tedesca, e ci vorrà del tempo.”

Jordan Bardella, che sognava l’Hôtel Matignon, l’ha presa particolarmente male: secondo lui il fronte repubblicano è stata un’“alleanza del disonore”: che “nega a milioni di francesi la possibilità di vedere le proprie idee arrivare al potere” — non abbastanza milioni, si potrebbe fargli notare. “Cercando deliberatamente di paralizzare le nostre istituzioni, Emmanuel Macron non ha solo spinto il paese verso l’insicurezza e l’instabilità, ma ha negato al popolo francese qualsiasi risposta ai loro problemi quotidiani per i prossimi mesi.” Più serena, seppur minacciosa, Marine Le Pen, secondo cui la vittoria dell’estrema destra è stata “solo rimandata”: “Ho troppa esperienza per essere delusa da un risultato in cui raddoppiamo il nostro numero di parlamentari.”

Al Nuovo fronte popolare, invece, si è passata la notte a lavorare: parlando con France Info, il senatore Yannick Jadot promette che la coalizione avrà una proposta di governo già questa settimana — un impegno che si è preso anche il segretario socialista Olivier Faure, secondo cui Macron deve “riconoscere” la sconfitta, ammettendo tra l’altro che molti candidati della sua coalizione sono tati eletti “grazie al Fronte repubblicano e al sacrificio dei nostri candidati.” Anche il coordinatore di LFI Manuel Bompard è convinto che la coalizione sia “pronta a governare,” senza fare compromessi sul proprio programma elettorale — una promessa che Mélenchon aveva preso già domenica sera.


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