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Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha concesso un’intervista di 22 minuti a George Stephanopoulos, per ABC News. L’obiettivo dell’intervista era esplicito: tranquillizzare partito e base elettorale dopo la sua performance disastrosa al dibattito con Trump, che ha fatto sorgere dubbi sulla sua piena capacità mentale e fisica di svolgere il lavoro di presidente. Durante l’intervista, Biden ha dichiarato che non c’è bisogno che si sottoponga a test neurologici o cognitivi (!) e che semplicemente non crede ai sondaggi (!!) che indicano che Trump vincerà alle elezioni. Dopo mesi di campagna elettorale in cui il presidente sostiene che è necessario votarlo per salvare la democrazia statunitense dalla minaccia di Donald Trump, per la prima volta Biden ha accolto la possibilità di perdere, ma ha detto che “la cosa importante” era che lui potesse “fare del proprio meglio.” Biden ha confermato che non intende rifiutare la nomination del Partito democratico come proprio candidato, e anzi ha detto che farebbe un passo indietro solo se glielo chiedesse “il Signore onnipotente.” In ultima analisi, Biden è convinto che “non c’è nessuno di più qualificato ad essere presidente e a vincere di me.”
L’intervista non è servita “a niente”: un retroscena di Axios pubblicato nelle ore successive all’intervista riporta le crescenti preoccupazioni del Partito democratico. Un parlamentare democratico, rimasto anonimo, ha descritto l’intervista come “niente di speciale,” e ha sentenziato che per le elezioni di novembre Biden “è cotto.” Un altro parlamentare si è dichiarato “shockato” di fronte al rifiuto del presidente di “riconoscere la realtà” dei sondaggi e di fronte alle motivazioni per cui Biden “vorrebbe avere un secondo mandato.” Anche i sostenitori di Biden vogliono di più: Brad Sherman ad esempio vorrebbe “un’intervista più lunga” “che si concentri su cosa vuole fare Biden nei prossimi 4 anni” — una cosa normale da chiedere al proprio candidato a 4 mesi dal voto. Venerdì un retroscena del Washington Post raccontava che il senatore Mark Warner stava lavorando per costruire un gruppo di senatori per andare a chiedere a Biden di ritirarsi. Negli ultimi giorni si sono moltiplicati i parlamentari che pubblicamente esprimono i propri dubbi sulla nomination di Biden. Il gruppo di Warner potrebbe parlare con Biden già lunedì, secondo fonti di Reuters: potrebbe essere la prima volta che membri del partito arrivano allo scontro diretto con il presidente. È cosa nota che dietro le quinte Biden sia estremamente iracondo, e nei giorni scorsi erano emersi retroscena allarmanti che raccontavano che gli assistenti del presidente cercavano di preparare i suoi briefing in modo da non farlo arrabbiare, perché “se la facevano sotto.”
La minaccia alla democrazia statunitense c’è, anche se in questo momento Biden pensa che basta che lui “faccia del suo meglio.” Il candidato estremista al governatorato del North Carolina, Mark Robinson, in un discorso di qualche giorno fa che è arrivato agli onori della cronaca solo venerdì, ha dichiarato che “c’è bisogno di ammazzare certe persone”: “È ora che qualcuno lo dica. Non è una questione di vendetta, o di essere cattivi o perfidi. È una questione di necessità!” “È ora di chiamare le forze speciali e dirgli di gestire la cosa. O dirlo alla polizia.” Chi bisogna ammazzare, di preciso? “Quelli che torturano o uccidono o stuprano” — non meglio chiaro di chi si stesse parlando — ma anche “socialisti e comunisti,” che “ci stanno guardando, ci stanno ascoltando, ci stanno tracciando.”