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Sfollati palestinesi lasciano Khan Yunis per dirigersi a Dayr al-Balah. Foto: WAFA

La coordinatrice per le operazioni umanitaria a Gaza delle Nazioni Unite, Sigrid Kaag, ha avvisato il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che “1,9 milioni di persone” — l’80% della popolazione totale della Striscia — “ora è sfollata.” Kaag ha descritto l’aggressione di Gaza come “un vortice di sofferenza umana” e ha espresso la propria preoccupazione per le imminenti operazioni delle IDF a Khan Yunis. “Più di un milione di persone,” ha denunciato Kaag, è stato costretto a scappare più di una volta dall’aggressione delle truppe israeliane. Le nuove operazioni a Khan Yunis dovrebbero causare circa 250 mila nuovi sfollati secondo i dati ONU. Nei mesi scorsi la città era diventata sostanzialmente deserta, ma è tornata a riempirsi da fine maggio, mentre le persone messe in fuga a Rafah cercavano un riparo. Ora, le persone che devono lasciare Khan Yunis si trovano di fronte a una decisione “impossibile,” scrive l’UNRWA, perché non ci più direzioni verso cui scappare.

C’è chi non si porrà il problema di dove andare dopo essere fuggito da Khan Yunis: ad esempio la famiglia Hamdan, composta da “una dozzina di persone,” secondo un aggiornamento di Associated Press, di cui 9 sono state uccise in un bombardamento israeliano che ha colpito l’edificio in cui avevano trovato rifugio. Le uccisioni sono avvenute in un’area che le IDF stesse avevano definito come “zona sicura” quando è stata lanciata l’operazione di terra a Rafah — la famiglia aveva appena lasciato Khan Yunis seguendo le istruzioni di evacuazione dell’esercito israeliano. Tra gli uccisi nella famiglia Hamdan ci sono 5 bambini e 3 donne.

L’aggressione continua anche negli altri territori della Striscia: i bombardamenti e i combattimenti sono particolarmente intensi nel quartiere Shujaiya della città di Gaza — dove l’aviazione israeliana ha bombardato edifici civili. Un numero imprecisato di persone è stato ucciso nell’attacco — anche perché le ambulanze non sono riuscite ad arrivare nella zona. L’aviazione israeliana ha condotto un bombardamento del campo profughi di Nur Shams, in Cisgiordania, uccidendo 4 persone. La Cisgiordania non dovrebbe essere coinvolta nelle attuali operazioni, ma ha visto crescere l’oppressione militare in modo drastico dall’inizio dell’aggressione di Gaza.

Ma la trattativa per il cessate il fuoco come va? Dopo settimane in cui la diplomazia è stata occupata a discutere della proposta “israeliana” avanzata da Washington, martedì il New York Times ha pubblicato un retroscena secondo cui la leadership militare israeliana sarebbe pronta ad arrivare a un accordo per mettere fine all’aggressione di Gaza — in particolare se l’escalation con il Libano si traducesse in una vera e propria guerra. Secondo il quotidiano di New York, i militari sarebbero giunti alla conclusione che una tregua sarebbe il modo più rapido per liberare i prigionieri israeliani ancora a Gaza. Eyal Hulata, un ex consigliere alla Sicurezza nazionale israeliano, spiega che l’esercito sarebbe pronto al cessate il fuoco, anche perché “credono che possano tornare e attaccare militarmente Hamas in futuro,” una volta rientrata la crisi con il Libano e ritrovate le forze dopo mesi di operazioni. Netanyahu non ha preso il retroscena molto bene, e ha pubblicato un video su X in cui ripete che “la guerra sarà finita solo quando Israele avrà raggiunto tutti i propri obiettivi, inclusa la distruzione di Hamas,” e che il paese “non cederà al vento del disfattismo.”


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