Il vicolo cieco europeo di Meloni

La strategia di Meloni per la trattativa dei “top jobs” dell’Unione europea non poteva finire peggio di così, e ora la presidente del Consiglio è alle strette sia in Italia che a livello europeo

Il vicolo cieco europeo di Meloni

La strategia di Giorgia Meloni per la trattativa dei “top jobs” dell’Unione europea non poteva finire peggio di così: alla fine la presidente del Consiglio italiana si è trovata in una posizione obbligata e di sconfitta su entrambi i fronti, come rappresentante dell’Italia e come leader del gruppo dei Conservatori. Meloni alla fine ha votato contro le candidature di Costa e Kallas, mentre si è astenuta sul nome di von der Leyen — probabilmente perché riteneva che votare anche contro la presidente della Commissione sarebbe stato un passo troppo in là. Mercoledì Mattarella aveva cercato di assistere Meloni, cercando di spostare il tema della composizione della maggioranza dai gruppi politici europei agli stati — il presidente aveva dichiarato che “non si può prescindere dall’Italia” — ma alla fine nelle dinamiche europee ha predominato il “cordone sanitario” voluto da Scholz e Macron contro i Conservatori.

Per Meloni ora la situazione è difficilissima. In Italia, l’opposizione può facilmente denunciare l’innegabile isolamento della capa di governo: Conte ha detto che “Meloni ha condannato l’Italia all’irrilevanza,” e sulla vicenda si è scomodato perfino Prodi, secondo cui la situazione è “una tragedia per chiunque faccia politica.” In Europa, si trova completamente isolata: l’aver trattato apertamente con i popolari la lascia schiacciata tra Id di Le Pen e Salvini e Orbán, che sta lavorando — apparentemente con successo — per la costruzione di un nuovo gruppo politico di estrema destra per l’est europeo.

L’astensione su von der Leyen era una posizione obbligata per Meloni anche per la composizione della sua maggioranza di governo, con Salvini e Id fermamente contrari, e Tajani ovviamente a favore. Giovedì sera a Dritto e Rovescio su Rete4 Salvini ha dichiarato che le nomine per i “top jobs” puzzavano di “colpo di stato” — un colpo di stato dall’alto di una maggioranza sia al Consiglio europeo che in Parlamento europeo — “Milioni di europei hanno votato” e “hanno chiesto di cambiare l’Europa,” ha commentato il vice presidente del Consiglio. Tajani ha risposto venerdì, dicendo che quello di Salvini “non è il mio linguaggio” e che “i giudizi politici” “non influiscono sul peso dell’Italia, che è un Paese fondatore dell’Europa.” Nicola Procaccini (FdI), co-presidente dei Conservatori, ha dato ragione a Meloni, insistendo sul punto di Salvini: “La Ue non può continuare ad essere guidata dal circolo chiuso delle stesse forze politiche, ignorando il voto dei cittadini che ha spostato l’asse politico più a destra e facendo finta che nulla sia cambiato.” Ovviamente, la destra aveva un modo facile per far valere le proprie idee in Consiglio europeo e Parlamento europeo: prendere più voti.


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