Brandelli d’Italia
Il vero problema è la crescita probabilmente irreversibile del divario tra nord e sud, ma il provvedimento però presenta molti aspetti problematici anche nelle prospere regioni del nord
foto: @legaofficial via Instagram
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L’autonomia differenziata è qui: ieri il Parlamento ha approvato definitivamente la legge che consentirà alle regioni di accordarsi con lo stato per ottenere la competenza quasi esclusiva su 23 materie, dall’istruzione alla salute, passando per la tutela ambientale e molto altro. Perché la secessione dei ricchi diventi realtà manca ancora la definizione dei Lep, i livelli essenziali delle prestazioni che ogni regione dovrà garantire e che andranno calcolati in base alla spesa storica dei vari enti — e dunque contribuiranno a cementare le diseguaglianze, dato che la base di fondi a disposizione dei più ricchi sarà già fin dall’inizio maggiore di quella dei più poveri. Poi le regioni si potranno aprire trattative col governo per ottenere effettivamente i nuovi poteri, con un processo a porte chiuse fortemente antidemocratico che è tra le parti più problematiche del disegno di legge. Se vi interessa approfondire la questione vi consigliamo fin da subito qualche lettura: Verso la secessione dei ricchi? di Gianfranco Viesti, disponibile gratuitamente sul sito di Laterza, e Spezzare l’Italia di Francesco Pallante.
Il vero problema, però, è appunto la crescita probabilmente irreversibile del divario tra nord e sud. Come ha fatto notare il presidente della Federazione ordine dei medici, Filippo Anelli, “più volte siamo intervenuti su questo argomento, esprimendo molte preoccupazioni che questo provvedimento potesse in qualche maniera allargare le disuguaglianze,” mentre secondo l’ex presidente dell’Iss Walter Ricciardi la legge “sancirà il distacco definitivo delle Regioni del Sud dal Servizio sanitario nazionale”: “Il divario che esiste aumenterà enormemente, in maniera irrecuperabile, perché di fatto sarà impossibile colmarlo.” Il provvedimento però presenta molti aspetti problematici anche nelle prospere regioni del nord: come fa notare la segretaria della Flc Cgil Gianna Fracassi, “Oggi è una brutta giornata per la scuola italiana e per le istituzioni pubbliche della conoscenza. Con l’autonomia differenziata si realizza un disegno secessionistico che fa carta straccia della coesione sociale e territoriale che sono alla base della nostra Repubblica.” Le regioni potrebbero avere voce in capitolo addirittura sugli argomenti affrontati a scuola, con le ripercussioni facilmente immaginabili nel caso di regioni governate dalla destra ciellina come la Lombardia. Anche la Commissione Ue, in mattinata, ha criticato il provvedimento.
Chi festeggia è la Lega, in particolare il ministro Calderoli è la persona più felice del mondo: ieri in aula, mentre gli altri leghisti sventolavano le bandiere regionali, si è commosso fino alle lacrime, dicendo che “mi tremano le gambe per l’emozione.” Anche molte altre forze della maggioranza sono state meno contente: il voto è passato con l’astensione di parte del gruppo di Forza Italia, con alcuni deputati calabresi che non hanno partecipato al voto — la destra dei cosiddetti patrioti non ha avuto comunque problemi a digerire una norma che distrugge quel che resta dell’unità del paese, dato che alla fine sarà soprattutto una norma per favorire i ricchi. Le opposizioni invece si sono dichiarate risolutamente contro il provvedimento, con il capogruppo in Senato Pd, Francesco Boccia, che ha annunciato che “Il Pd, insieme alle altre opposizioni, ai movimenti e alla società civile, è pronto a raccogliere da subito le firme per un referendum contro lo “spacca-Italia”, un provvedimento che sicuramente verrà bocciato.” Il referendum per ora ha incassato l’adesione di tutte le forze di opposizione, da Avs ad Azione, incluso addirittura Renzi. La segretaria Schlein ha detto che “Ci hanno tenuto tutta la notte in Parlamento pur di approvare l’Autonomia differenziata e brandire lo scalpo del Sud prima dei ballottaggi. E così Fratelli d’Italia si piega all’antico sogno secessionista della Lega. Suggerirei che a questo punto cambiassero il nome in Brandelli d’Italia.” La posizione del Pd in realtà non era del tutto scontata, visto lo storico flirt con la secessione dei ricchi del governatore emiliano e quasi-segretario Stefano Bonaccini.