Lo stallo impossibile per il cessate il fuoco
Il governo Netanyahu VI è teso tra le minacce dei ministri di estrema destra e le richieste dei familiari dei prigionieri, che chiedono di accettare l’accordo per il cessate il fuoco
Itamar Ben-Gvir. Foto dominio pubblico
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Il governo Netanyahu VI è sotto fortissima pressione dopo il tentativo di accelerare la trattativa per il cessate il fuoco di Joe Biden: i ministri di estrema destra Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich hanno coordinato due post su X — pubblicati a un minuti di distanza — in cui annunciano che se il governo dovesse decidere di sottoscrivere un accordo per il cessate il fuoco analogo a quello presentato da Biden, uscirebbero dalla maggioranza, facendo cadere il governo. Ben-Gvir è arrivato a bollare l’accordo come “la sconfitta assoluta”: “Non permetteremo la fine della guerra senza la completa eliminazione di Hamas.” Secondo Smotrich serve una non meglio specificata “realtà di sicurezza completamente diversa” non solo a Gaza ma anche “in Libano.” In realtà, l’ufficio del Primo ministro aveva già respinto l’accordo. Nella sera di sabato circa 120 mila persone sono tornate in strada a Tel Aviv per chiedere di arrivare a un accordo per la liberazione dei prigionieri, e per elezioni anticipate. Come nel caso delle proteste precedenti, la polizia israeliana ha risposto alla manifestazione con violenza eccessiva, facendo uso di cannoni ad acqua e sonici. Alla fine della giornata due persone sono state arrestate. Il portavoce del Forum delle famiglie israeliane parenti di prigionieri ha dichiarato che “c’è una minoranza che sta ricattando Netanyahu e minacciando l’accordo,” e per questo “dobbiamo sostenere l’accordo e non lasciare l’arena agli estremisti.”
Gli Stati Uniti, l’Egitto e il Qatar hanno rilasciato una dichiarazione congiunta in cui chiedono “sia ad Hamas che a Israele di finalizzare l’accordo secondo i principi descritti dal presidente Biden.” Ma la situazione è ancora più complessa, se possibile: negli ambienti della Difesa egiziana sta crescendo il risentimento verso gli Stati Uniti per il supporto incondizionato dell’amministrazione Biden all’aggressione di Gaza, in particolare in seguito alla conquista delle IDF della Philadelphi Route, il corridoio di territorio che segna il confine tra la Striscia di Gaza e l’Egitto. Contemporaneamente, un retroscena di Walla rivela che la Casa bianca aveva anticipato i contenuti del discorso di Biden ai ministri Gantz e Gallant — visti evidentemente come voci alleate all’interno del governo Netanyahu VI, spesso in aperta contrapposizione nel gabinetto di guerra al Primo ministro. I funzionari statunitensi sarebbero rimasti delusi dalla reazione di Gantz in particolare, che al momento non ha ancora rilasciato nessuna dichiarazione sulla possibilità di arrivare a un cessate il fuoco. Sabato Blinken stesso ha parlato al telefono con Gantz, ma apparentemente senza ottenere il risultato sperato.
Continua nel frattempo l’aggressione della Striscia di Gaza: sia la città di Gaza che Rafah sono state di nuovo colpite da bombardamenti e attacchi di artiglieria. Mentre scriviamo il numero di morti non è ancora chiaro, ma a Gaza è stata colpita la zona del quartiere Sabra attorno all’università, e a Rafah sono state abbattute diverse case. In Cisgiordania, un gruppo di coloni israeliani hanno appiccato il fuoco a campi coltivati di ulivi e di colture di grano, nel centro abitato di Duma, impedendo poi ai cittadini di raggiungere la terra coltivata per spegnere l’incendio. È la seconda volta in due mesi che i coloni appiccano il fuoco nella zona, impedendo poi che l’incendio venga domati.