La furia del governo israeliano contro il riconoscimento dello stato di Palestina
Il ministro delle Finanze Smotrich ha proposto il congelamento dei pagamenti delle tasse all’Autorità palestinese e di approvare tre nuovi stanziamenti di coloni per ogni stato che riconosce lo stato di Palestina
grab via X @netanyahu
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Netanyahu ha risposto furibondo alla decisione di Norvegia, Irlanda e Spagna di riconoscere lo stato di Palestina, dicendo che si tratta di un “premio per il terrorismo.” Il Primo ministro israeliano è tornato a usare linguaggio da pulizia etnica, dicendo che “l’80% dei palestinesi in Giudea e Samaria” — la perifrasi sionista per Cisgiordania — “sostiene il terribile massacro del 7 ottobre” e che quindi, “al male non può essere dato uno stato” (sic). “Premiare il terrorismo non porterà alla pace e non ci fermerà dallo sconfiggere Hamas.” Il ministro della Sicurezza nazionale Ben Gvir, durante una visita alla Spianata delle Moschee, ha detto che si trattava di un premio per “gli aggressori e gli assassini.” Il ministro delle Finanze Smotrich ha invocato che venissero annunciate “dure misure punitive” contro l’Autorità palestinese come ritorsione contro la decisione degli stati europei: tra le misure suggerite dal ministro c’è il congelamento dei pagamenti delle tasse all’Autorità palestinese — Israele raccoglie le tasse per l’Autorità palestinese, e trattiene il 3% per il servizio — e di approvare tre nuovi stanziamenti di coloni per ogni stato che riconosce lo stato di Palestina.
Anche la Casa bianca ha respinto la decisione dei tre alleati europei. Un portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale ha riportato la posizione di Biden, secondo cui “uno stato palestinese deve realizzarsi attraverso i negoziati diretti tra le parti, e non attraverso riconoscimenti unilaterali.” È inutile sottolineare che in questo momento pensare che si possa arrivare a un riconoscimento dello stato palestinese con “negoziati diretti” è pretendere l’impossibile. La stampa l’ha fatto notare a Jake Sullivan, che ha ripetuto l’impegno diplomatico degli Stati Uniti, concedendo però che “Israele è una nazione sovrana. Alla fine è libera di decidere. Quello che possiamo fare come amici è cercare di mettere i pezzi al loro posto per andare verso quella strada” — quella della soluzione dei due stati. Sullivan si è sbilanciato dicendo che trattenere i fondi all’Autorità palestinese sarebbe “sbagliato”: “È sbagliato a livello strategico perché trattenere i fondi destabilizza la Cisgiordania,” per fortuna il consigliere alla Sicurezza nazionale ha specificato poi che è anche “sbagliato” “trattenere fondi che forniscono servizi e beni di base a persone innocenti.”
Le ritorsioni contro l’Autorità palestinese per ora restano solo proposte, mentre invece l’intensificarsi delle violenze delle IDF sono un fatto ricorrente tutte le volte che vengono avanzate critiche alla condotta di governo e militari israeliani: i militari israeliani hanno condotto un raid nell’ospedale al–Awda a Jabalia, dopo 4 giorni di assedio, costringendo tutto il personale a lasciare la struttura — dove ora restano solo 11 feriti e 14 operatori sanitari. Sembra nel frattempo che un’azione massiccia a Rafah sia ormai inevitabile: le IDF hanno schierato una quinta brigata attorno alla città.