No, non quell’accordo per il cessate il fuoco

Tel Aviv invierà una delegazione al Cairo per discutere dell’accordo firmato da Hamas — nel frattempo, però, le IDF intrappolano i civili a Rafah, e lanciano bombardamenti a tappeto

No, non quell’accordo per il cessate il fuoco

foto: UNRWA

In uno sviluppo inatteso durante una trattativa che sembrava sempre più disperata, Hamas ha annunciato di aver accettato una proposta di cessate il fuoco che sospenda l’aggressione di Gaza. La risposta iniziale delle autorità israeliane è stata nervosa — un funzionario, rimasto anonimo, ha commentato al canale 12 che quello approvato da Hamas “non era la stessa proposta” che Israele aveva concordato con l’Egitto 10 giorni fa, e conteneva diverse nuove clausole. Poco dopo la posizione del governo sembra essersi ammorbidita e un altro funzionario ha dichiarato che una delegazione israeliana si recherà al Cairo “con il desiderio e la volontà di vedere se è possibile chiudere le differenze” tra le due versioni dell’accordo. Media e organizzazioni vicine a Israele hanno sostenuto che Hamas avesse “cambiato” unilateralmente l’accordo — ma è rilevante sottolineare che funzionari del gruppo palestinese sono al Cairo da giorni, mentre Israele, appunto, sta mandando una delegazione solo ora. Secondo un retroscena del New York Times, il direttore della CIA William Burns è stato consultato sui cambiamenti posti al testo, che sarebbero “minori,” tra cui la re–introduzione della formula “calma sostenibile” come stato a cui arrivare dopo il cessate il fuoco, una formula che in precedenza Israele aveva accettato.

Nel frattempo, le IDF hanno lanciato l’operazione che era stata descritta come “limitata” a Rafah, che si è tradotta in bombardamenti a tappeto a est della città e la mobilitazione di carri armati, bloccando effettivamente il passaggio al varco di Rafah — l’unica via di fuga che permette ai palestinesi di scappare all’estero, e per mesi è stato l’unico punto di ingresso degli aiuti umanitari per la tutta la Striscia. Come sottolinea Hani Mahmoud, inviato di Al Jazeera a Rafah, le azioni delle IDF sembrano essere “molto vicine a una completa invasione” della città. Il segretario generale delle Nazioni Unite Guterres ha descritto un’invasione di terra a Rafah come “intollerabile,” per le sue “conseguenze umanitarie devastanti” e per il suo “impatto destabilizzante sulla regione.” Nella dichiarazione dell’ufficio di Netanyahu in cui si concedeva che Tel Aviv avrebbe mandato una propria delegazione al Cairo, si riporta anche che il gabinetto di guerra ha votato all’unanimità per continuare l’attacco a Rafah “in modo da applicare pressione militare su Hamas.”


Un’indagine del Guardian conferma che l’attacco aereo israeliano sul Libano del 27 marzo, in cui hanno perso la vita 7 operatori sanitari volontari — di età tra i 18 e i 25 anni — è stato realizzato utilizzando armi fornite dagli Stati Uniti. L’operazione mette di nuovo i rifornimenti di armi di Washington fuori dalla legge statunitense: una legge del 1997, che prende il nome dal senatore democratico Patrick Leahy, stabilisce che i dipartimenti della Difesa e di Stato statunitensi non possono fornire assistenza a forze militari estere se ci sono “informazioni credibili” sulle loro violazioni dei diritti umani — la questione divide da mesi i tecnici del dipartimento di Stato statunitense, ma finora ovviamente non ha prodotto nessun cambiamento di politica da parte dell’amministrazione Biden.


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