Chiamami col mio nome
“Giorgia Meloni detta Giorgia” sarà la capolista di Fratelli d’Italia in tutte le circoscrizioni — in un’operazione populista che è ai limiti della forzatura della legge elettorale
Grab YouTube / Giorgia Meloni
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Al termine del proprio intervento al convegno di Fratelli d’Italia a Pescara — una tirata di più di 70 minuti — Giorgia Meloni ha formalizzato la propria candidatura alle elezioni europee: sarà capolista in tutte le circoscrizioni. Meloni ha chiesto ai propri elettori di scrivere “Giorgia,” non “Meloni”: “Solo Giorgia, il mio nome di battesimo” — la si può chiamare per nome, perché “io sarò sempre e solo una di voi, una del popolo.” Meloni ha giustificato la propria candidatura dicendo che sarebbe “il momento di alzare la posta,” e di essersi offerta perché è “un soldato.” Per essere votata come “Giorgia,” sarà indicata in lista come “Giorgia Meloni detta Giorgia” — un’operazione fragile e questionabile secondo diversi esperti. Il costituzionalista Gaetano Azzariti sottolinea ironicamente: “E se c’è un’altra Giorgia che fanno? Saranno costretta a eliminarla? Vietate tutte le Giorgia dentro FdI?” “Siamo di fronte a un’evidente forzatura della legge elettorale che parla chiaro, solo il cognome, nome e cognome, se due cognomi anche uno solo dei due, e se c’è confusione tra omonimi ecco la data di nascita.” Secondo l’avvocato amministrativista Gian Luigi Pellegrino l’operazione semplicemente “non si può fare,” perché “il soprannome non può essere lo stesso nome.” Secondo il costituzionalista Mauro Volpi “è vero che a legge legittima l’uso di uno pseudonimo o di un diminutivo o al limite del solo nome se il cognome è complicato o di difficile scrittura. Ma questo non è il caso di Giorgia Meloni. Nella sostanza c’è una frode agli elettori che deriva dal dire che lei è ‘una di loro,’ il che corrisponde a una concezione populista e plebiscitaria che punta ad anticipare gli effetti del premierato.”
La candidatura in prima linea di Meloni inevitabilmente aggrava le tensioni all’interno della coalizione, in particolare nella sfida interna con Matteo Salvini, che si farà tutta, inevitabilmente, sui soliti punti della propaganda di estrema destra, con Salvini che ha schierato Vannacci per dire quello che lui e Meloni non possono dire. Nel proprio discorso Meloni — con la sua sigla europea di estrema destra, l’Ecr — promette di replicare a livello europeo l’operazione svolta in Italia, riuscire a cucire una coalizione tra popolari e conservatori, per “mandare all’opposizione la sinistra anche in Ue.” Meloni può vantare già alcuni risultati della pressione dei conservatori sull’attuale Commissione europea — lo sgretolarsi della politiche ambientaliste, l’ulteriore irrigidimento delle politiche per la gestione dei flussi migratori — e cita come ulteriori obiettivi la difesa delle presunte origini “guidaico-cristiane” dell’Europa, e una maggiore attenzione al tema della natalità, ormai ricorrente dog–whistle della destra che non vuole apertamente parlare di “sostituzione etnica.”
L’opposizione ha risposto in modo duro all’intervento della presidente del Consiglio. Secondo Schlein Meloni ha “perso il contatto con la realtà,” perché “si divide tra palazzo Chigi e la propaganda di TeleMeloni.” La segretaria Pd cita le tante difficoltà che colpiscono l’Italia — “la sanità pubblica e le infinite liste d’attesa che si allungano per i suoi tagli,” e i “salari bassi, la precarietà, la sicurezza sul lavoro di fronte a 1041 morti nel 2023.” Giuseppe Conte dice che Meloni è diventata un “Re Mida al contrario,” citando i tagli da 13 miliardi l’anno dettati dal nuovo Patto di stabilità, “che colpiranno le tasche degli italiani, i servizi, la sanità, le scuole con un’onda di austerità.” Calenda ha annunciato che anche lui sarà candidato in tutte le circoscrizioni, insieme ad Elena Bonetti, perché servirebbe “rispondere a questa sfida mettendosi direttamente in gioco.”