“Cessate il fuoco ovunque”
Al di fuori delle polemiche per lo striscione preparato per la manifestazione milanese per il 25 aprile, l’aggressione di Gaza e la guerra in Ucraina continuano con sempre rinnovata violenza
Operazioni militari delle IDF durante la Pèsach. Foto CC BY-SA 3.0 portavoce IDF
Oggi la Festa della liberazione verrà celebrata con diverse iniziative in tutta Italia. Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, parteciperà a una cerimonia a Civitella Valdichiana, in provincia di Arezzo, luogo di un eccidio nazifascista in cui il 29 giugno 1944 vennero assassinate 244 persone. Meloni e la seconda carica dello Stato, Ignazio La Russa, si accontenteranno di partecipare alla cerimonia all’Altare della patria con lo stesso Mattarella, evidentemente non intenzionati ad esporsi troppo e ancora molto restii a definirsi chiaramente antifascisti.
Ovviamente il timore delle autorità è sempre per eventuali scoppi di violenza o danneggiamenti che dovessero scoppiare nelle varie manifestazioni — a questo proposito è utile notare che violenza alle persone e danneggiamenti alle cose non sono sinonimi, nonostante oggi vengano spesso fatti coincidere. In particolare quest’anno si temono dimostrazioni più esplicite del solito in sostegno della causa palestinese, che inevitabilmente riapriranno la questione della presenza della Brigata ebraica dei cortei — una formazione paramilitare sionista che si è battuta contro il nazifascismo ma poi confluita nell’organizzazione delle forze armate israeliane. A Milano i centri sociali e i Giovani palestinesi si troveranno in Piazza del Duomo prima del corteo principale, e secondo quanto riporta Rai News “dietro ai partigiani verrà esposto lo striscione ‘Cessate il fuoco ovunque,’ che ha creato non poche polemiche, e a seguire i sindacati.” Al corteo saranno presenti i politici nazionali Schlein, Fratoianni e Calenda (quest’ultimo proprio con la Brigata ebraica), oltre allo scrittore Antonio Scurati.
Nella Striscia di Gaza, continuano le ricerche nei pressi dell’ospedale Nasser di Khan Younis: mentre scriviamo risultano emersi i corpi esanimi di più di 400 persone, divisi in tre fosse comuni, ma secondo i lavoratori della Protezione civile palestinese il numero potrebbe aumentare ancora in modo significativo – nella zona potrebbero esserci ancora “decine” di fosse comuni. Abdullah Obaid, un operatore della Protezione civile, ha commentato, parlando con Sky News Arabia: “Quando siamo entrati in città” — a Khan Yunis — “non abbiamo trovato nessuno in vita, ma abbiamo sentito un forte odore di morte.” “Siamo certi che ci siano altre decine di fosse — le stiamo cercando — perché abbiamo liste con più di duemila dispersi.”
Funzionari statunitensi e dell’Unione europea hanno espresso il proprio supporto a un’indagine indipendente sulle fosse comuni fuori dagli ospedali, senza però denunciare espressamente l’ovvio: Jake Sullivan ha dichiarato che Washington è “in contatto a diversi livelli con il governo israeliano”: “Vogliamo risposte. Vogliamo capire esattamente cosa sia successo.” Il portavoce dell’Unione europea Peter Stano ha commentato che le fosse comuni sono “qualcosa che ci costringe (!) a chiedere un’indagine indipendente su tutti i sospetti e tutte le circostanze, perché in effetti crea l’impressione (!!) che potrebbero esserci state violazioni dei diritti umani internazionali.” Lo stesso giorno in cui Sullivan commentava sulle fosse comuni, Biden firmava il pacchetto sul sostegno militare agli alleati degli Stati Uniti, che fornirà alle IDF altri 9 miliardi di dollari in armi. Le pale, invece, ce le devono mettere i palestinesi sopravvissuti — in una dichiarazione gelida, il ministro degli Esteri israeliano ha condiviso il video di residenti di Khan Yunis che seppellivano 30 morti: “La fossa in questione è stata scavata dagli abitanti della Striscia pochi mesi fa. (…) Qualsiasi tentativo di accusare Israele di seppellire civili in fosse comuni è categoricamente falso e un semplice esempio delle campagne di disinformazione che hanno lo scopo di delegittimare Israele.” Il ministero non ha elaborato su chi avesse ucciso le 400 persone ritrovate nei giorni scorsi.
Il funzionario di Hamas Khalil al-Hayya ha dichiarato ad Associated Press che il gruppo politico e militare sarebbe disposto ad accettare una tregua di anche 5 anni, e che sarebbe disposto a riporre definitivamente le armi e diventare un partito politico se venisse stabilito uno stato palestinese entro i confini precedenti al 1967: “Tutte le esperienze dei popoli che hanno combattuto contro gli occupatori, quando sono diventati indipendenti e hanno ottenuto i loro diritti e il loro stato, cosa hanno fatto quelle forze? Sono diventate partiti politici, e le loro forze di difesa sono diventate l’esercito nazionale.” Le dichiarazioni arrivano nel contesto dello stallo della trattativa da Hamas e Israele.
In Ucraina, l’esercito russo ha lanciato un nuovo attacco sul distretto di Nikopol, non lontano dalla centrale nucleare di Zaporižžja. Sono state colpite due residenze civili, oltre che alcune condutture del gas e una linea elettrica. Nelle ore precedenti, l’esercito ucraino aveva vantato di aver ucciso piú di mille soldati russi in un solo giorno.
Parlando con i giornalisti, il consigliere alla Sicurezza nazionale statunitense Jake Sullivan ha rivelato che gli Stati Uniti hanno inviato in segreto all’Ucraina missili a lungo raggio, con una gittata di circa 300 chilometri, e che l’esercito di Kyiv li ha già usati almeno 2 volte. Sullivan ha giustificato la decisione spiegando che la consegna è arrivata in seguito alla consegna alla Russia dei missili balistici prodotti in Corea del Nord.
Testi di Stefano Colombo e Alessandro Massone