La guerra santa (?) di Netanyahu
Apparentemente rifiutando le richieste di de–escalation, il gabinetto di guerra del governo Netanyahu VI ha deciso che risponderà “con la forza” alla rappresaglia iraniana
foto via X @netanyahu
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Il gabinetto di guerra del governo Netanyahu VI ha deciso che risponderà “con la forza” alla rappresaglia iraniana. Non c’è ovviamente una data, ma i retroscena dicono che una risposta potrebbe arrivare già entro lunedì. Nel corso della giornata di ieri gli alleati occidentali di Israele avevano chiesto una de–escalation — il ministro degli Esteri britannico Cameron ha dichiarato espressamente che vorrebbe “senso di calma”: “Chiediamo ai nostri amici di Israele di essere intelligenti oltre che forti, di usare la testa oltre al cuore, di non contrattaccare, ma di riconoscere che in realtà l’Iran ha subito una sconfitta tattica e strategica.” Ora che l’ulteriore contrattacco è certo, gli alleati stanno aspettando per vedere quanto sarà con la forza: secondo fonti statunitensi Tel Aviv potrebbe evitare di colpire direttamente l’Iran, tornando alla guerra per procura o ad attacchi digitali. Commentando la decisione del governo Netanyahu VI, il portavoce alla sicurezza nazionale della Casa bianca John Kirby ha ripetuto la metafora classista e razzista che Israele si trova in un “quartiere pericoloso,” ma ha ripetuto che Joe Biden sarebbe stato “molto chiaro che non vogliamo una guerra con l’Iran.”
Un gruppo di esperti delle Nazioni Unite si sono espressi sull’inchiesta che ha rivelato come Israele usi l’intelligenza artificiale per stabilire chi uccidere a Gaza. Gli esperti accusano le IDF specificamente di domicidio, la distruzione sistematica delle case e delle infrastrutture civili — uno degli strumenti IA delle IDF, “Dov’è papà,” indica quando colpire possibili obiettivi mentre sono indifesi a casa, in compagnia delle proprie famiglie di civili — e chiedono che ci sia un “approccio di riparazione” nella ricostruzione: “Questo approccio di riparazione inizia con Israele, la forza di occupazione, che ha distrutto Gaza, e anche con i paesi che hanno fornito supporto materiale, politico e militare alla guerra e all’occupazione, tutte cose da cui conseguono responsabilità legali e morali.”
L’attenzione globale si è spostata sul rischio di un conflitto regionale, ma la crisi a Gaza non si ferma, nel senso che gli attacchi delle IDF continuano: lunedì l’aviazione ha lanciato un altro attacco contro i civili nei pressi del campo profughi di Nuseirat, causando due morti e un numero imprecisato di feriti. Come scriviamo quasi quotidianamente, il conteggio delle uccisioni è ogni giorno più difficile: lunedì è stata una scoperta una fossa comune, all’ospedale al–Shifa, dove erano stati nascosti i corpi di almeno 10 pazienti dell’ospedale, uccisi all’inizio del raid a marzo. Un’altra fossa comune, con altri 20 corpi, è stata scoperta nel nord della Striscia, dove si presume fossero stati nascosti i corpi di persone uccise passando a uno dei checkpoint organizzati dalle IDF.