Un altro 8 marzo di lotta

Secondo il segretario generale ONU Guterres, “alla nostra velocità attuale, la piena uguaglianza delle donne è lontana circa 300 anni.” “Questo ritmo di cambiamento è francamente insultante.”

Un altro 8 marzo di lotta

Una donna di 29 anni passeggia con il proprio bambino tra le macerie di Gaza.
Foto: UNICEF/Omar Al-Qattaa

Oggi è l’8 marzo, la giornata internazionale della donna, una ricorrenza che ha avuto origine dalla sua istituzione ufficiale da parte di Vladimir Lenin nell’Unione Sovietica del 1922: in precedenza, soprattutto negli Stati Uniti, era stata festeggiata in occasione di altre date. La data precisa non deriva dunque dall’incendio di una fabbrica di operaie del tessile a Chicago, come spesso si pensa. In Italia invece è usanza regalare per questa ricorrenza una mimosa, un’usanza derivata dalla lotta partigiana ma poco diffusa nella maggior parte degli altri paesi. Nel 1975 la Giornata internazionale della donna è stata ufficialmente istituita dalle Nazioni Unite, e per qualche decennio la festività aveva perso la sua forte connotazione politica — che però sembra essere stata recuperata negli ultimi anni, con i movimenti femministi come NonUnaDiMeno e i dibattiti su patriarcato e femminicidio.

Il Novecento ha dimostrato l’efficacia della mobilitazione e delle lotte per la parità di genere, che hanno portato grandi frutti a livello sociale e politico. Com’è la situazione oggi? Nonostante la parità giuridica, le donne sono ancora evidentemente oggetto di discriminazioni più o meno evidenti, sul luogo di lavoro e non solo. Qualche esempio italiano: il gender pay gap, ovvero la differenza percentuale tra le paghe degli uomini e quelle delle donne, continua ad essere intorno al 10,7% medio, mentre l’occupazione femminile si attesta al 51,1% — ampiamente al di sotto della media europea del 64,9%. Le donne mediche sono i 45% del totale e il 56% dei nuovi iscritti a medicina, ma l’83% dei primari è maschio. Situazioni simili si trovano nella maggior parte delle libere professioni, come l’avvocatura o l’architettura, dove le paghe femminili sono addirittura quasi la metà. Il fatto che alcune donne riescano a bucare il “soffitto di cristallo” — oggi in Italia la presidente del Consiglio e la segretaria del principale partito di opposizione sono donne — non deve far perdere di vista il quadro complessivo della società.

Una società nella quale, ad esempio, si viene ancora licenziate dopo aver comunicato una gravidanza, come è successo ad un’educatrice a Brindisi e come continua a succedere in tutta Italia. Oggi la Giornata della donna è anche l’occasione di riflettere sulle nuove sfide del femminismo contemporaneo: ad esempio, come fanno notare Mackda Ghebremariam Tesfau e Marie Moïse su Domani, il razzismo diffuso nella società fa sì che la propria casa, storicamente un luogo messo al centro delle critiche del femminismo classico, sia potenzialmente il luogo di massimo agio e sicurezza per le donne di origine non italiana.

Per l’8 marzo la Cgil ha dunque deciso di proclamare una giornata di sciopero, con una mobilitazione che si unisce a quella di protesta contro le iniquità sociali della legge di bilancio. queste e molte altre rivendicazioni si terranno diverse manifestazioni e dimostrazioni in giro per l’Italia, praticamente in ogni città; segnaliamo quella nazionale a Roma, al circo Massimo, e quella di Padova, particolarmente rilevante vista l’importanza simbolica che ha assunto la città veneta all’indomani dell’omicidio di Giulia Cecchettin. A Milano alle 9:30 si terrà un corteo di sindacati e studenti, mentre alle 18:30 si terrà un corteo organizzato da Nudm.

—Stefano Colombo

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La lotta è internazionale. Sono passati quattro mesi dalla firma dell’accordo che ha riportato Donald Tusk nell’ufficio del Primo ministro polacco — accordo che aveva tra i propri capisaldi il migliorare la posizione della Polonia riguardo i diritti delle donne — ma le proposte di legge per una riforma della legge sull’aborto, famigerata in tutto il mondo per la propria repressività, sono tutte ferme in parlamento. Il presidente del Sejm, la camera bassa polacca, Szymon Hołownia, ha fermato 3 proposte di riforma della legge sull’aborto, e la prima discussione non si terrà fino all’11 aprile, 4 giorni dopo le elezioni amministrative. Secondo Hołownia rimandare la discussione era necessaria per separare il voto a livello locale con il dibattito — che sarà sicuramente accesissimo — sulla riforma della legge per l’IVG. Oggi a Varsavia si protesterà anche in nome di “Lizaveta,” la 25enne bielorussa stuprata e uccisa nelle strade della capitale polacca 10 giorni fa — un crimine che ha scosso il paese, anche per la presenza di alcuni testimoni, passanti che non sono intervenuti in suo aiuto.

In Irlanda si va a votare per un referendum per riformare la Costituzione, che all’articolo 41.2 fino a oggi riconosce “la vita entro la casa” delle donne, che riconosce il “diritto” delle “madri” “che non devono essere obbligate dalle necessità economiche di andare a lavorare e trascurare i loro doveri domestici.” A differenza dei referendum sul matrimonio per tutt* e per l’IVG, questa volta si va a votare in un contesto più incerto, e il governo di Leo Varadkar teme che la riforma potrebbe non passare, o potrebbe passare con un voto tremebondo.

“Per mettere fine al patriarcato ci vogliono i soldi” — è la premessa dell’editoriale firmato dal segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres, secondo cui “la storia dei diritti delle donne in questi 50 anni è una storia di progresso,” ma che ammette che “il progresso è minacciato, e la vera uguaglianza rimane lontana anni luce.” “Miliardi di donne e ragazze si confrontano con marginalizzazione, ingiustizie e discriminazione, mentre milleni di dominio maschile continua a dare forma alla società.” “Alla nostra velocità attuale, la piena uguaglianza delle donne è lontana circa 300 anni, così come la fine del matrimonio infantile. Questo ritmo di cambiamento è francamente insultante. Metà umanità non può aspettare secoli per i propri diritti.” “I paesi devono dare la priorità all’uguaglianza per donne e ragazze — riconoscendo che l’uguaglianza non è solo una materia di diritti ma anche le fondamenta di società pacifiche e prospere. Questo significa che i governi devono attivamente affrontare la discriminazione, spendere in programmi per sostenere donne e ragazze, e garantire che le politiche, i budget e gli investimenti rispondano alle loro necessità.”

—Alessandro Massone


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