A Gaza si muore di fame

Israele oggi dovrà presentarsi alla Corte internazionale di giustizia per consegnare il proprio report sulle misure intraprese per impedire il genocidio nella Striscia di Gaza

A Gaza si muore di fame
Foto: UNRWA, via Twitter

“Morire sotto le bombe è meglio che morire di fame.” Lubna Masarwa ha raccolto la testimonianza di un residente a Gaza, che racconta della carestia sempre più grave nella Striscia di Gaza. Il testimone, che ha ovviamente scelto di rimanere anonimo, descrive di sentirsi sempre più debole e “fragile,” anche se prima dell’inizio dell’aggressione di Gaza era una persona sportiva, e spiega: “Ho completamente dimenticato il sapore del cibo.” Il poco cibo che c’è è spesso venduto a prezzi esorbitanti: un chilo di riso costa 80 shekel (20 euro) — prima dell’aggressione costava 7 shekel (1,8€). Molti hanno finito anche il cibo per animali. Se non si dovesse arrivare a un accordo per un cessate il fuoco — almeno temporaneo — la situazione non potrà che peggiorare drasticamente. Il commissario generale dell’UNRWA è tornato a denunciare come la carestia a Gaza sia un “disastro artificiale.” L’agenzia ONU non riesce a far arrivare aiuti umanitari nel nord della Striscia da più di un mese: l’ultimo convoglio è arrivato il 23 gennaio.

The last time @UNRWA was able to deliver food aid to northern #Gaza was on 23 January.

Since then, together with other @UN agencies, we have:
🛑 Warned against looming famine.
🛑 Appealed for regular humanitarian access.
🛑 Stated that famine can be averted if more food…

— Philippe Lazzarini (@UNLazzarini) February 25, 2024

Una delegazione del governo israeliano è arrivata a Doha per continuare la trattativa per un cessate il fuoco iniziata a Parigi la settimana scorsa. Sono presenti rappresentanti di Egitto, Qatar, Stati Uniti e di Hamas. La trattativa continuerà poi nei prossimi giorni al Cairo. Il gabinetto di sicurezza ha dato alla delegazione un “mandato limitato,” e per ora la trattativa resta su temi “tecnici,” ma qualcosa sembra che si stia effettivamente muovendo per arrivare almeno a una sospensione degli attacchi delle IDF. Parlando a Face the Nation, Netanyahu ha insistito che l’attacco a Rafah si farà, ma ha ammesso che “se ci sarà un accordo (per il cessate il fuoco temporaneo) sarà un po’ ritardato”: “Ma (in ogni caso) succederà. Se non arriveremo a un accordo, lo faremo comunque. Va fatto, perché il nostro obiettivo è la vittoria totale, e la vittoria totale è a portata di mano.” Quando Margaret Brennan, la giornalista che stava intervistando il Primo ministro israeliano, gli ha chiesto del milione e mezzo di civili intrappolati a Rafah, e del piano per garantire la loro sicurezza, Netanyahu ha risposto che ne avrebbe parlato con i militari proprio al termine dell’intervista. Brennan ha risposto “Ok.”

È in questo contesto che Israele oggi dovrà presentarsi alla Corte internazionale di giustizia per consegnare il proprio report sulle misure intraprese per impedire il genocidio nella Striscia di Gaza. In questo mese di tempo, sono state confermate le uccisioni di 3.523 palestinesi, più di 100 al giorno — e il numero reale è certamente molto più alto. Il conto totale dei morti è vicinissimo ai 30 mila. Il governo israeliano ovviamente rifiuta tutte le accuse di genocidio, ma nelle scorse settimane ha colpito con rinnovata intensità le strutture sanitarie della Striscia, mentre la situazione umanitaria continua a precipitare e il blocco all’ingresso di aiuti umanitari continua a essere pressoché totale: in diverse giornate il numero di convogli a cui è stato permesso di entrare è stato inferiore ai 10.


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