Joe Biden e Linda Thomas-Greenfield. Foto dominio pubblico / Casa bianca / Flickr
|
Dopo più di due settimane di attesa, la settimana prossima il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite dovrebbe votare la risoluzione presentata dall’Algeria, in cui si chiede un cessate il fuoco umanitario immediato all’aggressione israeliana della Striscia di Gaza. Sabato l’Algeria ha chiesto che il voto si tenesse martedì prossimo — per passare sarebbero necessari almeno 9 voti a favore, e Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Cina e Russia non devono utilizzare il loro diritto di voto. Tradizionalmente le Nazioni Unite non sono state in grado di esprimersi su Israele, perché gli Stati Uniti pongono il veto su tutte le risoluzioni che sono sgradite a Tel Aviv. Nelle ultime settimane solo 2 risoluzioni sono riuscite a passare — solo riguardo l’aumento di consegne umanitarie — e anche in quel caso gli Stati Uniti si sono astenuti, non hanno votato a favore. Nelle ultime settimane si aperta una spaccatura pubblica tra le posizioni di Washington e quelle di Tel Aviv, ma il fastidio statunitense finora è rimasto performativo e senza conseguenze nel mondo reale. Con ogni probabilità finirà così anche questa votazione: l’ambasciatrice statunitense alle Nazioni Unite, Linda Thomas-Greenfield ha già chiarito che “gli Stati Uniti non sostengono le azioni di questa bozza di risoluzione. Se andasse al voto com’è ora in bozza, non verrebbe approvata.”
Thomas-Greenfield spiega la decisione di Washington dicendo che “il Consiglio ha l’obbligo che ogni azione intrapresa nei prossimi giorni aumenti la pressione su Hamas perché accetti la proposta sul tavolo” per la liberazione dei prigionieri e la pausa del conflitto. La trattativa, in questo momento, sta andando male: lo ha confermato anche il primo ministro qatarino Mohammed bin Abdulrahman Al Thani ha dichiarato che “lo schema di questi ultimi giorni non è molto promettente,” anche se il governo di Doha “continuerà sempre a spingere” per un accordo e “continuerà a essere ottimista.” Il primo ministro ha specificato che non può rivelare i dettagli della trattativa ma ha confermato che i due punti di disaccordo restano gli stessi: il miglioramento delle condizioni umanitarie a Gaza, e il numero di prigionieri liberato. Secondo il primo ministro, se ci fossero sviluppi sul primo punto, si arriverebbe a una soluzione per il secondo, ma in questo momento sembra impossibile: Netanyahu è tornato a parlare delle richieste di Hamas come “deliranti”
Solo nelle scorse 24 ore nella Striscia di Gaza sono state uccise 85 persone, è stata bombardata di nuovo Dayr al-Balah, mentre Rafah è stata attaccata con colpi di artiglieria dalla marina delle IDF. Dall’inizio dell’aggressione di Gaza sono state uccise 28.858 persone, ma il numero reale di morti è probabilmente sostanzialmente più alto: ancora sabato il ministero della Salute ha sottolineato che un numero imprecisato di persone era rimasto intrappolato sotto le macerie, senza che i soccorritori potessero raggiungerle. Il numero dei dispersi è stimato attorno alle 7.000 persone.