Grab da video: Ufficio del Primo ministro israeliano. Via Twitter @netanyahu
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Biden e Netanyahu hanno discusso al telefono per 40 minuti e la conversazione non deve essere andata benissimo. Nella nota della Casa bianca si dice che “il presidente e il Primo ministro hanno discusso della situazione a Gaza, e dell’urgenza di garantire l’assistenza umanitaria di cui i civili palestinesi hanno bisogno disperato” e che “il presidente ha parlato della situazione a Rafah e ha ripetuto il suo punto di vista che un’operazione militare non dovrebbe procedere senza un piano credibile e realizzabile per garantire la sicurezza e il supporto per i civili.” Poche ore prima Netanyahu aveva incontrato il direttore della CIA William Burns, che sta seguendo la trattativa per la liberazione dei prigionieri e il cessate il fuoco — cessate il fuoco che dovrebbe essere la chiave per far avanzare i lavori per la formazione di uno stato palestinese, secondo la trattativa separata che gli Stati Uniti stanno conducendo con alcuni stati arabi della regione. Dopo la telefonata, Netanyahu ha rilasciato una dichiarazione furibonda: “La mia posizione può essere riassunta con queste due frasi. Israele rifiuta categoricamente i diktat internazionali sull’insediamento permanente dei palestinesi. Un accordo del genere sarà raggiunto solo tra negoziato diretto tra le parti, senza condizioni precedenti.” Questo negoziato, però, è impossibile: “Israele continuerà ad opporsi al riconoscimento unilaterale di uno stato palestinese. Questo riconoscimento in seguito al massacro del 7 ottobre sarebbe un grande premio per quell’attacco terroristico senza precedenti e impedirebbe qualsiasi accordo di pace futuro.”
Nonostante le molte dichiarazioni di questi giorni da parte della comunità internazionale e anche di diversi funzionari statunitensi, nel mondo reale la Casa bianca ha molte opzioni per porre vera pressione contro il governo Netanyahu VI, e finora Biden non ne ha intrapresa nessuna: l’amministrazione statunitense, ad esempio, è tra le poche voci internazionali che ancora non parla apertamente della necessità di un cessate il fuoco, ma continua a parlare di pause umanitarie. Un attacco di larga scala a Rafah rischia di costituire però una escalation della crisi a livello internazionale — in particolare con una possibile fuga copiosa di superstiti palestinesi in Egitto — che spaventa anche Washington.
Nel frattempo, le operazioni militari sulla Striscia di Gaza continuano senza sosta: le IDF sono tornate a bombardare Rafah, uccidendo 7 persone. I militari hanno lanciato un vero e proprio raid contro l’ospedale Nasser a Khan Yunis, dove 3 pazienti in terapia intensiva hanno perso la vita a causa della mancanza di elettricità. Wafa riporta che due donne sono state costrette a partorire in “condizioni disumane,” senza elettricità, acqua, cibo, e riscaldamento.
L’Euro-Mediterranean Human Rights Observatory ha pubblicato un documento in cui denuncia la demolizione delle università e le uccisioni tra i membri di facoltà nella Striscia di Gaza, descrivendole come “un’altra manifestazione del crimine di genocidio in corso.” 5 delle 6 università presenti nella Striscia di Gaza sono state distrutte parzialmente; 3 sono state completamente distrutte.